Franco Bechis, 21/3/2011, 21 marzo 2011
PER L’ONU LA LIBIA ERA LA CULLA DEI DIRITTI UMANI
Fino al primo marzo scorso la Libia di Mohamar El Gheddafi era per l’Onu uno dei paradisi dei diritti umani e civili nel mondo. Lodato perfino per gli straordinari progressi nell’applicazione delle quote rosa in politica. Il rapporto 2009 dell’Onu scritto dal comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne esaltava quasi i successi di Gheddafi: “si nota con soddisfazione che la partecipazione delle donne è cresciuta fino al 32 per cento al Congresso generale del Popolo, e sono apprezzate le notizie sul ruolo crescente delle donne al vertice della politica libica”. All’Onu evidentemente poco importa di come uomini e donne vengano eletti in Libia. Fossero state anche le Olgettine (magari le amazzoni) di Gheddafi, al consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite andava benissimo. Tanto è che negli stessi rapporti ufficiali di quell’anno, mentre si lodava il femminismo del rais libico, si tiravano le orecchie a Silvio Berlusconi e all’Italia: “nella politica italiana le donne sono ancora discriminate e sottorappresentate. Si pensi che in Senato sono il 17,85% e alla Camera il 21,27%. Nel governo sono approssimativamente appena l’11 per cento. Le donne sindaco in Italia sono 789 contro 7.238 maschi”. Insomma, prima di bombardarlo proprio sulla scia di una risoluzione delle Nazioni Unite, Gheddafi nel palazzo di vetro era una sorta di esempio di virtù al cui confronto un paese come l’Italia doveva quasi vergognarsi. E non era solo questione di quote rosa. Il 10 maggio dell’anno scorso infatti la Libia è stata clamorosamente eletta dall’Assemblea generale dell’Onu al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. La notizia provocò un putiferio fra le organizzazioni non governative che protestarono con una lettera firmata da centinaia di leader veri dei diritti umani: “scegliere il dittatore libico Muammar Gheddafi per giudicare altri sui diritti umani sembra una barzelletta”, vi era fra l’altro scritto. I poveretti per mesi non hanno potuto prendere visione del rapporto di 6 paginette sulla Libia in base al quale l’Onu prese quella contestata decisione. Eccone qualche perla: “La Jamahiriya araba di Libia è fra le nazioni che adempiono gli obblighi a proposito del rispetto dei diritti umani e l’osservanza della legge. Ha aderito e ha ratificato tutte le fondamentali convenzioni internazionali sui diritti umani”. Di più: “negli ultimi 30 anni la Libia ha approvato molte e fondamentali leggi che assicurano la protezione giudirica e legale a chi ha emanato queste
norme sui diritti umani: ha stabilito una sedie in Libia da tempo la stessa commissione nazionale dei diritti umani e hanno iniziato ad operare liberamente sul territorio molte organizzazioni della società civile. In Libia per la prima volta sono stati introdotti nei programmi scolastici e nei corsi di legge la cultura e i metodi internazionali di rispetto dei diritti umani”. Parole che sembrano grottesche, non tanto in riferimento ai fatti accaduti in Libia nelle ultime settimane, ma alle condizioni di democrazia di quel paese da sempre inesistenti.
Probabilmente avendo presente il disagio di molti
paesi e quello delle organizzazioni non governative, il consiglio dei diritti umani dell’Onu ha consultato tutti i suoi membri preparando un rapporto ufficiale per verificare la posizione della Libia. Il documento porta la data del 4 gennaio 2011, proprio alla vigilia della guerra civile in Libia. Per formulare un giudizio compiuto su Gheddafi sono stati consultati uno ad uno gli altri paesi membri del consiglio per i diritti umani dell’Onu. In sintesi è riportato il giudizio di ciascuno, per arrivare – a maggioranzaalla assoluzione del colonnello. La sentenza spiega (a gennaio 2011) che “la protezione dei diritti umani è generalalle critiche della Lega araba. «La risoluzione approvata dai Paesi arabi e dallo stesso Consiglio di Sicurezza comprendeva ”tutte le misure necessarie” per proteggere i civili», hanno voluto puntualizzare le anonime fonti Usa, sottolineando il fatto che era stato «messo del tutto in chiaro come tali misure comprendano certo la no fly-zone, ma vadano anche oltre». Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ribadisce comunque che la Lega araba «rimane un interlocutore indispensabile».
La Turchia, addirittura, crea una sorta di impasse in seno alla Nato, con la pretesa di una «revisione» dei piani operativi della Nato per la Libia, sostenendo che i bombardamenti aerei ne hanno «modificato i parametri», come hanno riferito fonti diplomatiche e come dimostra anche la riunione convocata ieri sera a Bruxelles degli ambasciatori dell’Alleanza atlantica, richiesta proprio
mente garantita nella Jamahiriya araba libica, ed include non solo i diritti politici, ma anche quelli economici, sociali e culturali. La stessa Libia ha riferito la sua esperienza all’avanguardia nel campo del diritto alla salute e nella legislazione sul lavoro”, Giudizio clamoroso per un paese che tutti descrivevano per cercare di affrontare le opposizioni di Ankara.
Molto critica anche la Russia, uno dei cinque Paesi, assieme a Cina, Brasile, India e Germania, che durante il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite si era astenuto nel voto sulla no-fly zone. A parlare per Mosca è stato il ministro degli Esteri russo Alexander Lukashevich. «Chiediamo ai vari Paesi», ha detto il ministro, «di fermare l’utilizzo indiscriminato della forza», che avrebbe colpito anche obiettivi civili. Più prevedibili le critiche che arrivano da alcuni Paesi latinoamericani, i quali, fin dall’inizio della crisi, si sono detti contrari alla no-fly zone e a possibili attacchi. Non perde l’occasione per fare le proprie tirate contro «i guerrafondai dell’impero yankee» il presidente venezuelano Hugo Chavez, prendendosela in particolare con Obama, le cui decisioni in tema di politica internazionale non rispetterebbero, metodi internazionali di rispetto dei diritti umani”. Parole che sembrano grottesche, non tanto in riferimento ai fatti accaduti in Libia nelle ultime settimane, ma alle condizioni di democrazia di quel paese da sempre inesistenti.
Probabilmente avendo presente il disagio di molti
paesi e quello delle organizzazioni non governative, il consiglio dei diritti umani dell’Onu ha consultato tutti i suoi membri preparando un rapporto ufficiale per verificare la posizione della Libia. Il documento porta la data del 4 gennaio 2011, proprio alla vigilia della guerra civile in Libia. Per formulare un giudizio compiuto su Gheddafi sono stati consultati uno ad uno gli altri paesi membri del consiglio per i diritti umani dell’Onu. In sintesi è riportato il giudizio di ciascuno, per arrivare – a maggioranza alla assoluzione del colonnello. La sentenza spiega (a gennaio 2011) che “la protezione dei diritti umani è generale alle critiche della Lega araba. «La risoluzione approvata dai Paesi arabi e dallo stesso Consiglio di Sicurezza comprendeva ”tutte le misure necessarie” per proteggere i civili», hanno voluto puntualizzare le anonime fonti Usa, sottolineando il fatto che era stato «messo del tutto in chiaro come tali misure comprendano certo la no fly-zone, ma vadano anche oltre». Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ribadisce comunque che la Lega araba «rimane un interlocutore indispensabile».
La Turchia, addirittura, crea una sorta di impasse in seno alla Nato, con la pretesa di una «revisione» dei piani operativi della Nato per la Libia, sostenendo che i bombardamenti aerei ne hanno «modificato i parametri», come hanno riferito fonti diplomatiche e come dimostra anche la riunione convocata ieri sera a Bruxelles degli ambasciatori dell’Alleanza atlantica, richiesta proprio
mente garantita nella Jamahiriya araba libica, ed include non solo i diritti politici, ma anche quelli economici, sociali e culturali. La stessa Libia ha riferito la sua esperienza all’avanguardia nel campo del diritto alla salute e nella legislazione sul lavoro”, Giudizio clamoroso per un paese che tutti descrivevano per cercare di affrontare le opposizioni di Ankara.
Molto critica anche la Russia, uno dei cinque Paesi, assieme a Cina, Brasile, India e Germania, che durante il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite si era astenuto nel voto sulla no-fly zone. A parlare per Mosca è stato il ministro degli Esteri russo Alexander Lukashevich. «Chiediamo ai vari Paesi», ha detto il ministro, «di fermare l’utilizzo indiscriminato della forza», che avrebbe colpito anche obiettivi civili. Più prevedibili le critiche che arrivano da alcuni Paesi latinoamericani, i quali, fin dall’inizio della crisi, si sono detti contrari alla no-fly zone e a possibili attacchi. Non perde l’occasione per fare le proprie tirate contro «i guerrafondai dell’impero yankee» il presidente venezuelano Hugo Chavez, prendendosela in particolare con Obama, le cui decisioni in tema di politica internazionale non rispetterebbero, secondo il presidente venezuelano, l’assegnazione del premio Nobel per la pace.
Si ergono a difensori dello spirito pacifista e umanitario persino i talebani afghani che, attraverso il proprio sito internet, hanno condannato l’intervento militare, affermando che il conflitto libico «è un problema islamico e deve essere gestito dai musulmani». I talebani lanciano poi un appello ai governanti islamici affinché la Libia venga venga salvata dai «tentacoli del colonialismo straniero».
Sul fronte diplomatico, l’Unione africana ha annunciato una nuova riunione per il 25 marzo ad Addis Abeba. Vi parteciperanno anche i rappresentanti della Lega araba, dell’Organizzazione della conferenza islamica, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite. L’obiettivo è quello di trovare «un meccanismo di consultazione e di concertazione» per risolvere la crisi libica.