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 2011  marzo 22 Martedì calendario

I miliziani ragazzini che difendono il raìs a colpi di musica rap - Al posto di blocco delle guardie popolare, i civili armati da Gheddafi per difendere la ca­pitale, mettono a palla il « zanga zanga»

I miliziani ragazzini che difendono il raìs a colpi di musica rap - Al posto di blocco delle guardie popolare, i civili armati da Gheddafi per difendere la ca­pitale, mettono a palla il « zanga zanga» . É l’ultimo tormentone musicale della guerra, che va di moda a Tripoli. I miliziani armati di kalashnikov che presidiano Abu Slim, uno dei quartieri più grandi e poveri della capitale usano il «zanga zanga» anche come suoneria dei telefonini. Da non con­fondere con il bunga bunga è una specie di rap che prende spunto dalle ter­ribil­i parole pro­nunciate dal colonnello Ghed­da­fi alla vigilia dell’attacco allea­to. «Io con altri milioni ripulire­mo la Libia dai ratti (i ribelli, nda ) - aveva urlato Gheddafi sbattendo i pugni sul podio e agitandoli in aria - Centimetro per centimetro, casa per casa, stanza per stanza, vicolo per vi­colo ». «Zanga» significa vicolo e la voce burbera del colonnel­lo è stata ripresa, mixata e tra­sformata in una melodia rap di grande successo. I suoi fan l’hanno imparata a memoria e ce la cantano in coro. I miliziani di questa specie di difesa civile sono ragazzini, pa­dri di famiglia, ma pure giovina­stri con facce poco raccoman­dabili. Controllano un posto di blocco sulla strada principale di Abu Slim. Sul marciapiede hanno piantato una tenda un po’ logora, dove chi non sta di guardia dorme. Gheddafi ave­va annunciato di voler distribui­re le armi ad un milione di per­sone. Samir Almaryami, un ar­madio d’uomo con la pelle ne­ra come la pece ci offre bibite e dolci dentro una specie di uffi­cio circoscrizionale trasforma­to in «commissariato» della guardia popolare. «Dall’inizio dei raid ho indosso questa uni­forme mimetica, ma sono un ci­vile.- racconta il capo dei comi­tati popolari - Di notte sentia­mo arrivare i caccia. Sappiamo che questo posto può essere un obiettivo, ma ci dormiamo den­tro confidando in Allah». A Tripoli la difesa civile presi­dia gli incroci e le strade princi­pali. Nel quartiere di Abu Slim molti indossano tute con lo scu­detto dell’Italia ed uno ha addi­rittura una felpa della nostra ae­ronautica milita­re. «Sono tifoso del Milan di Ber­lusconi, che era amico di Ghed­dafi. Non abbia­mo niente con­tro di voi. Per­chè ci avete at­taccato? » chie­de Abougala. Un altro ha il ka­lashnikov a tra­colla e un altro ancora con il ba­sco nero e pantaloni della mi­metica giura che diventerà «il primo dei terroristi se continue­rete a bombardarci». Al posto di blocco sostengono di aver beccato una trentina di sospetti armati: algerini, mauritani ed egiziani. Hassan Juma, con il figlio pic­colo in braccio, spiega in perfet­to inglese che «i libici non sono schiavi di voi occidentali inte­ressati solo al petrolio». Ad un certo punto si fa strada una gio­vane con un grazioso velo vio­la. Poi una donna che ha divor­ziato sostiene: «Gheddafi mi aiuta con un sussidio».L’Arma­ta Brancaleone dei civili mobili­tati dal colonnello è estrema­mente varia. Tutti concordano che sarebbe meglio «risolvere la crisi con il negoziato, ma non accetteremo mai una spartizio­ne della Libia. Se i ribelli della Cirenaica non scenderanno a patti li spazzeremo via». Come prevede il «zanga zanga» , nuo­vo inno del miliziano tutto Gheddafi e moschetto. Ieri sera alle 20 italiane, le bat­terie antiaeree hanno ricomin­ciato a vo­mitare raffiche di trac­cianti verso il cielo. Ad alta quo­ta si sentiva il ronzio dei caccia che hanno colpito il porto dove c’erano delle navi da guerra libi­che. Due forti esplosioni hanno provocato dele lingue di fuoco. La notte prima un raid aveva colpito Bab al Azizya, la cittadel­la fortificata nel centro di Tripo­li dove viveva il colonnello Gheddafi. Probabilmente un missile ha accartocciato una pa­lazzina, che secondo i libici è amministrativa. Un fumo gri­gio si è alzato fra le case circo­stanti. Gli alleati hanno colpito il simbolo del potere, che in questi giorni era stato invaso da aspiranti scudi umani. Una tattica che verrebbe uti­lizzata anche a Misurata, 180 chilometri ad est di Tripoli, con­tesa da giorni fra ribelli e gover­nativi. Gli insorti sostengono che le forze di Gheddafi hanno ammazzato sette persone, ta­gliato l’acqua e «stanno portan­do dei civili da una città vicina per utilizzarli come scudi uma­ni ». Quelli di Tripoli sono tutti volontari e fan del colonnello.