Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 22 Martedì calendario

L’ISOLA CHE NON TROVA PACE. ORA GLI IMMIGRATI SONO PARI AGLI ABITANTI —

Il paradosso è veder dormire centinaia di ragazzi arrotolati su se stessi sotto i camion con i cassoni stipati di tende sigillate dal cellofan. Sotto una tendopoli impacchettata. E sono i più fortunati. Altri duemila passano la notte a cielo aperto, mentre piove, coperti da cartoni, avvolti nei sacchi della spazzatura. Va meglio ai duemila ammucchiati nelle baracche del Centro accoglienza fra 800 brande e una miriade di angoli sudici. Come alla «Fratellanza» , un salone e una cappella fuori paese dove don Stefano, il parroco, pure lui, ha detto no alla tendopoli. Un rifiuto incassato con disappunto dal prefetto Giuseppe Caruso, commissario straordinario di una emergenza senza governo. Con annunci che vanno e vengono. Come l’arrivo della San Marco, dato per certo sabato, dimenticato domenica e rilanciato ieri. Ecco l’inferno Lampedusa che sfora la soglia dei 5.400 migranti, sulla carta cento in meno dei residenti, stando al conteggio di Pietro Busetta, l’assessore al Turismo che insegna a Economia: «Ma è come se fossero il doppio di noi: una marea di ragazzi forti e determinati» . Un’osservazione forse legata alle tensioni di una giornata segnata dalla minaccia di rifiutare il cibo, di rompere le righe imposte a questi clandestini, come li chiama il ministro Maroni. Terminologia che urta tanta gente, i giovani di Legambiente, i ragazzi dei circoli alternativi come Askavusa in quest’isola dove la maggior parte di albergatori, pescatori, commercianti comincia, invece, a diventare intollerante. Tutti decisi al braccio di ferro contro l’accampamento che, dicono, trasformerebbe Lampedusa in un lager a cielo aperto. Sul molo commerciale, a ridosso e dentro la stazione marittima ormai ridotta a letamaio, si agita così una massa abbrutita che appare infetta agli occhi di chi scruta dalle transenne. Ma anche ad agenti e carabinieri che, oltre a caschi e giubbotti rinforzati, indossano mascherine e guanti gommati. Qui, confuso fra corpi e stracci bagnati, non c’è Alì, partito da Djerba in cerca di futuro con i suoi vent’anni, non c’è Amed che sogna la banlieue parigina dove vive il fratello, non ci sono ragazzi che invidiano i coetanei europei visti in tv. No loro, tutti insieme, diventano solo una massa che fa paura, come fosse un bubbone da tenere a distanza. E sul corso, dove s’affacciano fra bar e botteghe, sembra insinuarsi un germe odioso prodotto dalle secrezioni di una intolleranza ancora soffocata, ma pronta a esplodere. Anche fra quanti non hanno alzato mai la voce, come succede a un nonno sereno fino a qualche giorno fa, Franco Maggiore, un pensionato che ha tirato su i due supermercati della Sisa, affidati a figli e nipoti dopo una vita di lavoro: «Volevo godermi la vecchiaia e invece siamo condannati a morte da un governo che è peggio di Gheddafi» . Ascolta in tv il ministro Alfano che, da agrigentino, promette di svuotare Lampedusa, «500 al giorno» , ma non tutti credono ai proclami, anche se il sindaco Dino De Rubeis corre a Palermo per una conferenza stampa con il governatore Raffaele Lombardo e ringrazia i potenti, a cominciare da Berlusconi perché promettono aiuti e tasse ridotte. Con disappunto del capo dell’opposizione in consiglio comunale, Giuseppe Palmeri, Pd: «L’emergenza l’hanno creata loro non svuotando l’isola quando avrebbero dovuto» . Critica analoga a quella lanciata da Laura Boldrini, la portavoce dell’organizzazione Onu per i rifugiati: «Lampedusa va decongestionata immediatamente perché, dopo i tunisini, quasi tutti "migranti economici", rischiamo l’esodo biblico dalla Libia...» . È questo futuro che spaventa chi vive qui di turismo. Con le prenotazioni di Pasqua ormai perdute. Con gli alberghi strapieni di poliziotti e giornalisti, ma con «l’estate che sarà una voragine» , come si danna Franco Daidone guardando la splendida spiaggia della Guitcja dal suo «Sirio» , uno dei tanti alberghi per il momento in overdose. Effetto diabolico di una crisi che alimenta sacche di ricchezza improvvisa e stravolge la vita di un’isola dove perfino le tartarughe hanno perduto la serenità. Come accade alle quattro testuggini della specie Caretta caretta, lo stesso nome dell’associazione guidata da Daniela Freggi, una professoressa di matematica disperata perché il laboratorio veterinario, le vasche in cui sono custoditi gli animali feriti e operati, la sala chirurgica, tutto è invaso dai tunisini. E lei che collabora con il Wwf corre dai carabinieri per denunciare il comandante della capitaneria di porto: «Hanno lasciato sfondare gli uffici e adesso dovrei camminare su un tappeto di teste per raggiungere i laboratori dove hanno distrutto tutto, dove hanno rubato la cassa con duecento euro e sono spariti anestetici, droghe, una pompa, bombole di ossigeno, bisturi che possono diventare armi. Lo capite o non lo capite?» . Tensioni a non finire si accumulano davanti alle banchine dove continuano ad arrivare barconi. E dove si affaccia l’ipotesi di allestire un Centro sul vicino scoglio di Lampione, «purché non diventi un’altra Ellis Island, né una nuova Guantanamo» , invoca Busetta sperando nel ritorno di chi ama Lampedusa. Come fa Angela Lo Canto, una palermitana che brinda alla casa in costruzione, vista sul porticciolo, proprio sopra la caserma della Finanza. O come Laura Del Barba, bresciana, gli occhi sui colori dell’intonaco da rifare alla casetta, a due passi dal Bar dell’Amicizia. Non demordono. E come tanti sperano nel miracolo. Lo stesso del 1986 quando dopo gli Scud lanciati da Gheddafi l’Italia scoprì Lampedusa e il turismo esplose. Stavolta sembra più difficile. E tutti chiedono aiuto al resto del Paese.
Felice Cavallaro