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 2011  marzo 21 Lunedì calendario

I segreti di Dini, il Mister X tra Bocchino e l’Ingegnere - «Francescooo, Francesco­oo ». Nicola Latorre, senatore del Pd e parlamentare autorevo­le e potente, si sgola ma France­sco non sente

I segreti di Dini, il Mister X tra Bocchino e l’Ingegnere - «Francescooo, Francesco­oo ». Nicola Latorre, senatore del Pd e parlamentare autorevo­le e potente, si sgola ma France­sco non sente. Sarà per il traffi­co, che dalle parti di via del Tri­tone nel cuore di Roma, ha sem­pre un volume moto alto. Ma Francesco Dini non è un perso­naggio abituato a voltarsi. Se qualcuno vuole parlargli, non gli resta che inseguirlo. E infatti l’autorevole Latorre si mette a rincorrerlo in mezzo alla stra­da. È il febbraio 2010 e questa istantanea romana ci racconta molto bene lo spessore e la for­za di un manager perfettamen­te­inserito nella stanza dei botto­ni. Per qualcuno, per chi lo ha incrociato solo di sfuggita, il quarantasettenne Francesco Dini è un lobbista, insomma un testa d’ariete del gruppo De Be­n­edetti nella stanze della politi­ca. Ma inrealtà l’uomo è molto, molto di più. Una specie di brac­cio destro dell’Ingegnere: «La sua ombra», lo definisce un col­l­etto bianco che lo conosce mol­to bene e che non vuole essere citato in prima persona. «Consi­deri - spiega al Giornale -che quando gli amministratori dele­gati del gruppo Cir scrivono co­m­unicazioni importanti le man­dano per conoscenza anche a lui». Così, seguire le sue mosse, le sue frequentazioni, la mappa delle sue relazioni, aiuta a capi­re un pezzo dell’Italia che si muove dietro le quinte. Sì, per­c­hé Dini ha una biografia appa­rentemente piatta come un’ostia, va molto di rado sui giornali, anche quelli di fami­glia, insomma è un perfetto sco­n­osciuto per l’opinione pubbli­ca. E questo dato, naturalmen­te, aumenta il suo potere. Silen­zio e discrezione gli sono com­pagni e favoriscono la tessitura della sua complessa tela. Una ragnatela sorprendente e illuminante perché i suoi rap­porti spaziano da destra a sini­stra. Sul lato rosso dell’emiciclo ha rapporti di confidenza con la coppia formata da Massimo D’Alema e da Nicola Latorre, sull’altro versante aveva fami­liarità con il ministro dello Svi­luppo economico Paolo Roma­ni, che ne stima intelligenza e duttilità. Ma ultimamente i due si sarebbero raffreddati perché Dini si è speso molto e ha fatto fuoco e fiamme anche contro il governo per sostenere Sorge­nia, la società della galassia Cir che si occupa di energia. Ma l’asse più interessante è quello con Italo Bocchino, il numero due di Futuro e libertà, con cui Dini vanta un’antica consuetu­dine e con cui, forse, ha condivi­so recenti scelte strategiche. Quando si studia l’evoluzione di Fli, la rottura con Berlusconi, l’uscita dalla maggioranza e una nuova, ambigua collocazio­ne sul crinale scivoloso fra de­stra e sinistra, non si deve di­menticare anche questo link personale fatto persino di lun­ghe vacanze trascorse insieme con le relative famiglie sulla Co­stiera amalfitana: se Dini è vici­nissimo all’Ingegnere e Bocchi­no è il vice di Fini, allora si può capire come l’amicizia possa aver facilitato la contaminazio­ne fra i giornali del gruppo De Benedetti e i futuristi. Il partito dell’Ingegnere, che si esprime attraverso la Repub­blica e l’Espresso , vede di buon occhio l’avventura dei finiani e la crepa che Fli ha aperto nella coalizione del Pdl. Dini è uno degli artefici di questa svolta ca­rica di conseguenze per la politi­ca italiana e per i suoi assetti di potere. Curioso: anche Dini, se­gue un itinerario che lo porta dalla cittadella berlusconiana alla corte dell’Ingegnere. Francesco è figlio di Claudio Dini, l’architetto che con la sua matita ha contribuito a traccia­re i palazzi di Milano 2 ma an­che il presidente della Metropo­litana milanese risucchiato da Mani pulite. Il figlio, nello zaino una laurea in Tecniche della co­municazione, si forma nell’am­biente Fininvest, alla scuola di Aldo Brancher e di Fedele Con­falonieri. Una leggenda metro­poli­tana lo vorrebbe anche assi­stente di Gianni Letta. Ma la no­tizia è falsa come la presenza dei coccodrilli bianchi nel sotto­suolo di New York. Poi qualcosa si rompe. Dini li­tiga furiosamente e se ne va, sbattendo la porta. L’Ingegne­re, da sempre il nemico del Ca­valiere, lo accoglie a braccia aperte. È il 1999. La carriera è ra­pidissima. Dini diventa subito direttore delle relazioni istitu­zionali di Cir, la holding del gruppo; nel marzo 2004 è diret­tore degli Affari generali del gruppo. Di fatto, è sempre più vicino all’Ingegnere. E entra in tutti,o quasi,i consigli d’ammi­nistrazione delle società in cui è ramificata la galassia De Bene­detti. Così è consigliere del grup­po editoriale L’Espresso , di Au­diradio, di Audiweb, di Energia, di Energia Holding, e di Energia Molise. Insomma, è ovunque. Ma compare poco. Pochissi­mo. Quasi mai. Non ne ha biso­gno. I giornali non gli servono. Semmai sono uno specchio del­le sue strategie. Le agenzie di stampa lo snob­bano. Lo sfiorano solo perché resta impigliato nell’inchiesta per la realizzazione delle centra­le Turbogas di-Termoli in cui so­no coinvolti anche il presidente del Molise Michele Iorio e l’as­sessore regionale Gianfranco Vitagliano. Dini, intercettato in un valzer frenetico di telefona­te, parla di politica, di soldi, di assunzioni secondo una logica evergreen : quella clientelare. «Gianfranco - spiega al suo in­terlocutore - è il papà di quella centrale». Poi si sfoga perché la squadra di calcio del Termoli, sponsorizzata dal gruppo, è un pozzo senza fondo: «Questi so­no sempre a chiedere. Mi han­no chiesto delle cose folli... Que­sti sono come i drogati, se gli dai 100mila, poi ne spendono 150mila». Infine il capitolo as­sunzioni, toccato con una per­sona di Termoli: «Parlatene con il vostro sindaco, lui ha fat­to molto, parlatene con lui per­ché diciamo che il 90 per cento della gente è su... su suo suggeri­mento ». La centrale di Termoli- e non solo quella - porta problemi. Sorgenia, il quarto operatore nazionale di energia dopo Eni, Enel e Edison, un colosso da 2,3 miliardi di euro, ha qualche dif­ficoltà. Difficoltà crescenti. Diffi­coltà che aumentano esponen­zialmente negli ultimi tempi. Dini prende di mira il decreto energia e il decreto sulle fonti rinnovabili, cerca di modificare in corsa i testi, fa circolare fra i big del settore una lettera che vorrebbe spedire a Romani in cui tenta di riaprire i giochi e di delegittimare Assoelettrica: «Auspichiamo che sia estesa la partecipazione al tavolo di con­sultazione di tutte le principali aziende impegnate nello svilup­po della cosiddetta green eco­nomy e non sia quindi limitata dalla presenza di associazioni di categoria». La lettera non parte e viene ce­stinata, Dini perde il round ma continua a tessere la sua infati­cabile tela. Perfettamente bipar­tisan. Anzi, capace di sintoniz­zarsi come un sismografo con le scosse del palazzo. È vicino a Cesare Cursi, l’ex democristia­no poi aennino e oggi pidiellino presidente della commissione industria del Senato. Ma strin­ge sempre più le sue liason con Fli, sponda amica dei giornali dell’Ingegnere.La sua assisten­te, Roberta Romiti, entra per qualche tempo alla Camera con un tesserino che la indica come collaboratrice dell’onore­vole Chiara Moroni, amica co­me Bocchino di Dini e tesoriere del gruppo. Poi la situazione si evolve e la Romiti viene addirit­tura «stabilizzata» con un tesse­rino del gruppo Fli. Niente ma­le - e niente di illegittimo, sia chiaro - per una dipendente di Sorgenia. Lui frequenta l’Agcom, de­nuncia l’atteggiamento di Goo­gle che non paga pedaggio per la pubblicità e segue anche il de­­licatissimo problema della nu­merazione sul telecomando al momento del passaggio al digi­tale terrestre. Dicono che Rodol­fo De Benedetti, il figlio dell’In­gegnere, non abbia gradito il suo strapotere. E abbia provato a ridimensionarlo, sostituendo­lo alle riunioni fra i signori del­l’energia. Poi, però, Dini è torna­to al suo posto. E alla giostra del­le sue riunioni. Più saldo che mai. A fianco dell’Ingegnere. E suo ambasciatore, fra il Fli e il Pd, nell’eterno tentativo di fab­bricare il dopo Berlusconi.