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 2011  marzo 21 Lunedì calendario

IO, BADANTE DI MIO MARITO ERO LA SUA COLF ORA CI AMIAMO"

Adesso Pio riesce a dire anche alcune frasi nella lingua della sua donna, Marja, arrivata dalla Moldavia. «Dà un pup», dammi un bacio. Oppure, quando fa finta di arrabbiarsi, «hu hate capul», non rompermi le scatole. Una stufa a legna, la tela cerata sul tavolo. «Cosa abbiamo di strano? Siamo una coppia, come tante altre. Ci siamo messi assieme perché ci vogliamo bene». Marja ha 58 anni, Pio ne ha 72. «Ero la sua colf – dice la donna – e adesso sono la sua compagna e la sua badante. Ci siamo conosciuti dieci anni fa. Lui è buono, gentile, generoso ed è per questo che mi sono innamorata. Da qualche tempo ha problemi di salute e ha bisogno di una persona che gli sia sempre vicina. Credo proprio che non lo lascerò mai». Ride e guarda Pio che si è commosso. «Se tu cambi idea, dimmelo. Io una casa ce l´ho, in Moldavia».
Una giornata con una delle tremila coppie che ogni anno nascono in Italia – lui italiano anziano e benestante, lei giovane straniera e nullatenente – e che tanto fanno discutere. Matrimoni negli ultimi mesi di vita, per lasciare la pensione alla nuova moglie. Figli che si arrabbiano. «Ma ci sono anche persone come noi – dice la donna arrivata da Chisinau – che si sono messe assieme per darsi una mano a vicenda. Io il permesso di soggiorno me lo sono conquistato lavorando sodo. La pensione? Non ci siamo sposati, almeno per ora, perché non vorrei sembrare una di quelle che vogliono un marito italiano solo per avere, dopo la sua morte, un assegno ogni mese».
Pio, per 45 anni, ha fatto l´oste e il cameriere. Ora ha una grande casa in campagna, con l´orto, il pollaio e un capannone dato in affitto. «Vede, se c´è un posto dove puoi conoscere davvero gli uomini, è l´osteria. Lo so come la pensano. Sei anziano e non stai bene e ti prendi la moglie giovane così hai chi ti serve. È per non sentire queste chiacchiere che, almeno per ora, non siamo andati dal prete o in municipio. Ma siamo una coppia vera, anche per quanto riguarda i soldi. Io le ho detto: queste sono le entrate di ogni mese, pensa tu a tutto. Il portafoglio di casa lo tiene lei. E per l´eredità, ho già deciso. Dopo la mia morte, Marja potrà avere questa casa in usufrutto fino a quando vorrà e riceverà anche una certa somma di denaro, quella che mi potrò permettere. Gli eredi saranno i miei nipoti. Certo, qualcuno che storce la bocca, quando sa che vivo con Marja, ogni tanto lo incontro. Quando stavo bene avevo tanti amici. Venivano a trovarmi perché si portavano a casa un pollo, un coniglio, o una lepre quando andavo a caccia. Adesso che non riesco più a fare questi regali, non viene più nessuno. E allora, di ciò che pensano questi amici, non me ne importa nulla».
Sveglia alle 7 per Marja, un´ora più tardi per Pio. «A casa mia facevo colazione con tè, pane e burro. Qui caffelatte e fette biscottate. Ma a pranzo, ogni tanto, riesco a preparare il borsh, la nostra minestra moldava con rape rosse, cipolle, carote, patate. La giornata? Sto con mio marito, lo accompagno a una visita medica, facciamo una passeggiata. Anch´io trovo le signore italiane – poche, per fortuna - che guardano dall´alto in basso e pensano che tu sia una ladra di mariti. Io ho detto: siamo donne anche noi. Brave a lavorare e brave anche nel fare le coccole e a fare l´amore. Ma non è il sesso a fare la differenza, tutte sono capaci. La verità è che noi donne dell´Est non lasciamo mai solo il nostro uomo. Noi non diciamo: stasera usciamo con le amiche, oggi vado a fare un giro. Le donne italiane si arrabbiano perché i loro fidanzati o mariti vengono a cercare noi e non capiscono che se questo succede la colpa è anche loro, che vogliono un uomo che lavi, stiri, prepari da mangiare e faccia tutte le cose da donne».
Hanno storie pesanti alle spalle, queste «ladre di uomini». Marja era sposata, a Chisinau. Ma il marito è morto nel 1996, lasciandola con due figli di 15 e 20 anni. «Come potevo dare il cibo e fare studiare i figli? Ho fatto un debito di tremila dollari e ho pagato un´agenzia romena. Sono partita la prima volta nel novembre 2000 ma sono stata bloccata in Austria e rimandata a casa». La seconda volta è andata meglio. «Sono arrivata a Padova in treno, con un passaporto dell´Ucraina. Due mesi a cercare lavoro e per fortuna c´era la Caritas che ci offriva pranzo, cena e vestiti. Io, già la prima sera, ho guardato il cielo e ho detto: "Grazie Dio, sono arrivata in questa terra benedetta"». Il primo lavoro come badante poi, alla fine del 2001, l´incontro con Pio. «Lo vedevo passare per strada. Io lo guardavo, lui mi guardava. L´anziana che assistevo se n´è andata e lui mi ha assunto come colf. Ma ho capito subito che stava per nascere qualcosa». «Ha fatto la gatta», dice Pio. «Andiamo a mangiare una pizza, facciamo una passeggiata. E così, io che non avevo mai avuto una sposa, mi sono trovato questa donna in casa e, devo dirlo, è stata la mia fortuna».
Sta scendendo il buio, nella campagna di Camposampiero. Sulla stufa c´è il sugo per la pasta. «I miei figli ormai sono grandi e adesso sono una donna libera di scegliere qualcosa, nella vita. E ho scelto il sentimento. Starò con Pio, per sempre». Due passi fuori casa per controllare il pollaio. «Ogni sera guardo il cielo e ripeto: grazie Dio, sono arrivata in questa terra benedetta».