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 2011  marzo 21 Lunedì calendario

NEI LABORATORI SEGRETI DOVE NASCONO LE FERRARI

«Mi chiamo Rocco, costruisco le Ferrari di Formula 1 e sono un dentista». L´uomo in tuta rossa sorride, ma non scherza. Fa una pausa strategica per assicurarsi che l´interlocutore abbia metabolizzato la sorpresa, poi riprende. «Sono un odontotecnico, per la precisione».
«E quello che c´è qui tra le mie mani è proprio ciò che sembra, un trapano da dentista e un mozzo della 150° Italia, la macchina che in queste ore sta andando in Australia per il Gp di Melbourne».
[Il dentista rosso]
Il tavolo di Rocco, con tutta la sua teoria di trapani, mole e frese, è il luogo in cui vengono alla luce le macchine da F1 della Ferrari, il cuore del "Reparto produzione", quello dove i progetti degli ingegneri e degli aerodinamici diventano, piano piano, con il ritmo lento del buon artigianato, materia rombante. Ogni pezzo, ogni vite, ogni bullone, ogni sagoma, ogni profilo, viene creato qui. Dal nulla. O meglio, da blocchi informi di materia prima, grezza, cilindri d´acciaio, fogli d´alluminio, fibre di carbonio, barre di titanio, di tungsteno, di bronzo. Tutto viene creato qui e poi migliorato, perfezionato, sviluppato ogni giorno durante l´intera stagione, a ritmi vertiginosi, nei periodi caldi, quando la pista dice che c´è da recuperare qualche decimo sulla concorrenza, quando bisogna "inventarsi" qualcosa o copiare qualche invenzione degli avversari, anche 24 ore al giorno. Come successe l´anno scorso quando bisognò introdurre nella F60 l´F-duct inventato dalla McLaren, per esempio.
Ad ogni angolo, qui, c´è un segreto industriale. E per questo, fino ad oggi, nessuno era mai stato fatto entrare.
La porticina rossa si apre appena il badge magnetico passa vicino al lettore. La prima impressione non è quella di una fabbrica, ma dell´atelier di un artista. Un luogo di creatività più che di produzione. Molti tavoli da lavoro, su ogni tavolo una morsa e un set di trapani, proprio come quello di Rocco. «Le parti meccaniche di una F1 - spiega l´odontotecnico - vengono fabbricate tutte a una a una, a mano, direttamente dai progetti degli ingegneri. E per farlo occorre lavorare su parti minuscole, delicate. Per certe cose l´unica professionalità adeguata è quella di un odontotecnico. Qui in Ferrari siamo in tre. E c´è moltissimo lavoro». Prende un pezzo di motore grande come una molletta da biancheria e mostra orgoglioso tutti gli intarsi, i forellini e le filettature che ha appena inciso. Tatuaggi sull´acciaio. Arte, a suo modo. Se uno solo di quei forellini fosse praticato un centesimo di millimetro fuori posto, la macchina di Alonso probabilmente nemmeno si accenderebbe. Alla faccia di chi dice che la Formula 1 non è uno sport di squadra. Rocco mostra ancora una volta il suo trapano, sorride, ma evita di far pesare la cosa: «Sono qui in Ferrari da 11 anni, come odontotecnico ne ho fatta di strada. La differenza tra il mio lavoro e quello tradizionale? I pezzi di motore non si lamentano se gli fai male». Corrado Lanzone, il responsabile della Produzione, il grande capo, se lo abbraccia. Lo ha assunto lui e ne va fiero: «Però - precisa sorridendo - è anche vero che mediamente un pezzo di metallo che finisce nelle sue mani costa 80mila euro, e quindi c´ha una bella responsabilità».
[L´albero motore e la Cia ]
Di fronte al tavolo di Rocco, ci sono quelli della barenatura (una sorta di rettifica di fino) dell´albero motore, uno dei processi più delicati nella costruzione di una F1. Inutile dire che al regime a cui lavora un motore basta un´imprecisione impercettibile per grippare tutto. E tornarsene a casa tra i fischi del pubblico e le imprecazioni di Montezemolo. L´operazione si svolge all´interno di un apparecchio che assomiglia alla cabina di guida di un tir. Il pezzo rimane fermo, mentre le lame (il bareno) gli ruotano intorno. A vederlo così non sembra niente di che. Ma ovviamente si tratta di una tecnologia sofisticatissima. «Macchine come queste - spiega un po´ compiaciuto Lanzone - sono impiegate in quasi tutti i sistemi militari di difesa, e infatti, tanto per dare un´idea, quando se ne compra una, o semplicemente la si sposta di sede, la Cia viene informata».
Oltre all´attenzione della Cia, a rendere un´idea della delicatezza del macchinario è la questione della temperatura. Che in tutto il capannone oscilla tra i 20 e i 24 gradi ma che dentro il tir della barenatura non supera di mezzo grado i 20. I materiali si deformano a seconda delle temperature, e ciascun materiale reagisce a modo suo. Quindi si è stabilito di usare la temperatura di deformazione dell´alluminio come dato di riferimento. È un po´ come l´accordatura di una chitarra. I venti gradi sono il la su cui poi si mettono in sintonia tutte le altre corde, che dopo possono suonare qualsiasi musica e qualsiasi ritmo. Sempre a 20 gradi spaccati ogni pezzo prodotto viene infine misurato in ogni suo dettaglio prima di essere montato sulla macchina.
Il reparto produzione si sviluppa in due grandi ambienti, due scatoloni giganteschi che interrompono il panorama urbano della provincia modenese. Affianco a quello dove Rocco e gli altri creano i loro pezzi c´è quello dei "compositi", dove viene creata la scocca, per capirsi. Qui si respira un clima da grande sartoria, a tratti sembra il dietro le quinte di una sfilata. Gli spazi sono animati da un continuo misurare, tagliare, cucire, letteralmente vestire con tessuto di carbonio gli stampi di plastica, come se questi fossero manichini. «La procedura è sempre la stessa per tutte le parti - spiega Lanzone - Dall´ufficio tecnico ci mandano i disegni, dai quali noi costruiamo un modello in plastica, da quel modello ricaviamo uno stampo, e su quello stampo caliamo il tessuto di carbonio».
[I sarti e i writer]
Il carbonio si lavora in maniera simile a qualunque altro tessuto. Con forbici e taglierino. Quindi ci vuole una manualità e un´esperienza da grandi sarti. In Ferrari lavorano in tutto 10 donne. Due sono ingegneri, una è dottoressa in chimica, le altre sette lavorano qui. In quella che viene chiamata la clean room, la stanza pulita, sterile come una sala operatoria: a differenza degli altri tessuti, però, il carbonio è delicatissimo e mentre lo si lavora non si può sporcare. «Se dovesse cadere anche un solo capello, un filo di polvere o un pezzettino di scotch tra due fogli di carbonio, il pezzo risulterebbe inesorabilmente indebolito», drammatizza Lanzone. Camice e copricapo di carta sterile, dunque, e il pezzo viene trasportato nei forni, dove viene messo sotto vuoto, cotto e inviato verso l´ultimo passaggio, quello della vernice.
Una procedura tutt´altro che banale. La F1 è uno sport dove mezzo chilo può fare la differenza (molti piloti vivono pericolosamente al confine con l´anoressia) e una distribuzione troppo abbondante di vernice potrebbe distruggere un´intera stagione. Così gli addetti del Cavallino, atteggiamento a metà strada tra quello di un writer di periferia e un artista contemporaneo, stanno ben attenti a contenere lo strato del mitico rosso entro il margine estremo del chilo e mezzo.
[Etti, grammi, centesimi]
Il concetto che guida tutto questo, e che riempie il lavoro del reparto Produzione con qualcosa di assimilabile alla filosofia, è quello di "ripetibilità". A richiesta, Lanzone ne dà una definizione automatica: «È la capacità di ripetere un processo o un prodotto uguale a se stesso nel tempo». Il che vuol dire pezzi fatti a mano sì, ma identici gli uni agli altri - cosa rarissima nell´artigianato - e in ultima analisi, affidabilità. «Noi sappiamo che Fernando è più pesante di Felipe di qualche etto. E ci limitiamo a fare in modo che non vada mai oltre il peso complessivo consentito dal regolamento. Per il resto posso dire che tutti i pezzi, i telai, i motori, le scocche, le ali che escono da qui sono tutte identiche». Un concetto che però la natura non ammette, come Lanzone è costretto a riconoscere: «Le differenze sono inevitabili, ma parliamo di variazioni impercettibili, di 0,0 e qualcosa per cento, pochi grammi su una macchina da cinquecento chili. Niente che sia percettibile, nemmeno da un pilota». Ma da un cronometro sì.