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 2011  marzo 19 Sabato calendario

NELL´ERA DELLE SEPARAZIONI E DEI TRASLOCHI LE CASE NON DURANO PIÙ COME UNA VOLTA

Qual è la funzione del design? Si potrebbe pensare che esso fa parte di quei settori che hanno a che fare con una certa idea del lusso, mobili, oggetti, accessori di marca che rendono più "appeal" e "glamour" la vita di chi ha già tutto. Da questo punto di vista l´Italia negli ultimi decenni è diventata nel mondo un po´ il simbolo di un buon gusto da comprare, di una certa maniera di viver bene che è allo stesso tempo status. Si è detto più di una volta che c´è una stretta connessione tra design e moda e certamente è quest´ultima a tirare a sé il primo, e non è un caso se gli stilisti si dedicano spesso ad entrambe le attività. Si aggiunga l´architettura ed il trinomio fa sì che una come Zaha Hadid disegni musei enormi, scarpe, vasi, poltrone. Perfino Rem Koolhaas si è messo a fare scarpe. Questa alleanza però tradisce le origini e la funzione per cui è nato il design.
È stata la rivoluzione industriale a determinare il passaggio dall´artigianato ad una produzione seriale e a provocare in una generazione di artisti e architetti l´idea che bisognasse dare una qualità alla produzione di massa. Walter Benjamin aveva annunciato la sparizione dell´aura degli oggetti e la loro riproducibilità infinita. Era l´epoca dell´emergere del capitalismo industriale, ma anche dell´utente massa. Scuole come il Bauhaus si erano impegnate ad infondere la qualità artistica nella produzione di massa. I nomi non erano certo da poco, Klee, Itten, Kandinskij, Gropius. Erano i tempi in cui sembrava che la modernità potesse essere domata e liberata dai pericoli di barbarie che annunciava. L´Italia e "l´Italian design" nasce come conseguenza di questa speranza e si applica con intelligenza alla costruzione di un sistema di oggetti che, nel dopoguerra, coniugano il gusto artigianale e le nuove prospettive industriali, dalla caffettiera moka alla vespa, dal motore dell´Alfa Romeo alle intuizioni di Gio Ponti con un modernismo divertente e smagato, ma anche accessibile.
È soltanto quando l´Italia entra nel benessere che questa funzione "popolare" del design viene lentamente cancellata. Il design non si rivolge più alle masse, ma alle élite, "quelle che possono capire". I film degli anni ´60, le commedie all´italiana sono piene di gag legate ad un design che viene preteso come gusto da imporre, ma in realtà è scomodo, inutile, ridicolo. Sarà però Jacques Tati a svelarne tutta la comicità involontaria nel suo capolavoro Playtime. È a questo punto che in Italia si crea il grande divario. La produzione di massa prende un´altra strada, per rispondere alle esigenze del grosso pubblico. Questo non è più oggetto di un intento educativo da parte di élite di stilisti, ma semplicemente lasciato al suo gusto un po´ retrò, provinciale. I mobilifici italiani sfornano comodini, letti con spalliera scolpita, tinelli, stiracalzoni, letti a castello per bambini in un incrocio tra kitsch ed evocazione del mondo dei nonni.
In una inchiesta fotografica dei primi anni 2000 l´Italia è un paese abitato dagli stessi mobili ingombranti e inutili dalle Alpi alla Sicilia, immancabile l´enorme tavolino in vetro nel soggiorno, il mobile con specchiera nella sala da letto, immancabili i puffi sul letto dei bambini anche se trentenni. Il design diventa invece caro o si dà alla gadgettistica, per cui i cavatappi somigliano ad una signorina e i tappi a degli elfi. Nelle vetrine oggetti leggermente mostruosi si accompagnano ad oggetti e lampade firmate da "grandi nomi". La firma diventa come nella moda il logo che assicura all´utente ignorante che il suo acquisto vale. A questo punto entrano in scena le grandi catene che rivoluzionano tutto ciò, indirizzandosi alle masse, ma con una idea di frugalità e funzionalità che ormai conviene a chi deve farsi i conti in tasca. È cambiata la società. Le classi medie italiane, superata la sbornia si impoveriscono lentamente. Ed soprattutto è cambiata l´idea di casa. In un paese in cui un matrimonio dura in media tre anni e mezzo è assurdo comprarsi dei mobili costosi e ingombranti, meglio avere una libreria Billy, un clic clac dove lui o lei possono dormire quando litigano e soprattutto una serie di accessori per cucina che possono essere lasciati al coniuge di turno alla separazione senza problemi. La frase "i mobili li tieni tu", diventa l´inno di una conquista di libertà in cui le cose e gli oggetti che ci circondano sono finalmente liberati dalla tirannia del costo, della pesantezza e della presunzione degli stilisti.