Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 19/3/2011, 19 marzo 2011
L’ONDA DELLA PROTESTA RAGGIUNGE ANCHE LA SIRIA
Mancanza di libertà e corruzione della famiglia al potere. Cambiano i regimi ma alla fine tutto il Medio Oriente è paese. Così ora c’è anche la Siria, stato formalmente socialista ma autocrazia come gli altri. Manifestazioni di protesta, forze di sicurezza, quattro morti e decine di feriti.
I primi incidenti siriani da quando in Tunisia è iniziata la Primavera araba, sono accaduti ieri a Deraa, una città del Sud. Ma mercoledì c’era già stata un’altra manifestazione a Damasco: circa 150 persone subito disperse dalle forze di sicurezza. Non si sa altro.
A Deraa la gente è scesa in strada per chiedere libertà politiche e protestare contro la corruzione. Il presunto corrotto per loro aveva un nome e un cognome: Rami Makhlouf, importante uomo d’affari locale, cugino di Bashar Assad, il presidente. "Makhlouf ladro!", gridava la gente da quanto si capisce nelle immagini apparse su Facebook. "Dio, Siria, libertà" era un altro degli slogan urlati dai manifestanti.
Tra Siria ed Egitto ci sono molte similitudini. In questi anni anche il rigido socialismo siriano ha ammesso una serie di riforme economiche; anche qui chi ne ha guadagnato di più sono le persone legate al regime, quando non direttamente i familiari del presidente; anche qui lo stato d’emergenza in vigore è senza tempo: è stato applicato nel 1963 quando il partito Baath andò al potere con un colpo di stato. Diversamente dall’Egitto di Hosni Mubarak che voleva imporre il figlio Gamal come suo successore, in Siria Hafez Assad è riuscito a garantire il potere al figlio Bashar, presidente da 11 anni: dalla morte del padre che governava dal 1971, dopo un altro golpe.
Quanto a repressione, il regime siriano è sempre stato molto più efficiente di quello egiziano. Nel 1982, quando i fondamentalisti islamici sunniti si ribellarono ad Hama, Assad fece radere al suolo il centro della città. I morti sarebbero stati 30mila. Con gli oppositori il Mukhabarat, i servizi di sicurezza, non perde tempo a organizzare finti processi: li manda in galera per anni, quando non li fa sparire. Il regime siriano ha tuttavia una debolezza intrinseca: la famiglia Assad e il gruppo di potere che gli è più vicino appartengono alla minoranza alawita, una setta di origini sciite; ma la maggioranza dei siriani è sunnita. Il sistema ha cooptato molti sunniti, mettendoli in importanti settori del governo. Ma la dicotomia fra il potere della minoranza alawita e l’assenza di potere della maggioranza sunnita resta una debolezza siriana.
Le prime manifestazioni siriane rendono in qualche modo giustizia dell’imparzialità politica della Primavera araba. Ad esserne travolti o coinvolti non sono solo i regimi filo-occidentali ma anche gli altri. Come l’Iran, la Siria è una parte fondamentale del fronte opposto e alternativo ai paesi moderati della regione. In Libano è il principale alleato e procuratore di armi per Hezbollah, il partito e la milizia sciita. Quando è esplosa la Tunisia e poi l’Egitto, a Damasco avevano garantito che la Siria sarebbe stata "assolutamente" immune. È una democrazia araba socialista, il consenso è indiscusso, dicevano. Forse non era esattamente così.