Morya Longo, Il Sole 24 Ore 19/3/2011, 19 marzo 2011
IL G7 FRENA LA CORSA DEL SUPER-YEN
Il cessate il fuoco in Libia, annunciato proprio nel giorno in cui tutti si aspettavano l’inizio di una vera e propria guerra. L’intervento concertato di tutte le banche centrali del G7 per bloccare l’impennata dello yen. Le notizie meno allarmanti sul fronte nucleare in Giappone. Questi tre eventi non potevano che rasserenare gli investitori: le tre principali preoccupazioni attuali (Libia, recessione in Giappone e disastro nucleare) ieri si sono quantomeno ridimensionate. Forse non durerà. Forse le speranze saranno ridimensionate dai fatti nei prossimi giorni.
Ma tanto è bastato, nella volubilità dei mercati, a far cambiare l’umore. Lo yen ha così abbandonato i massimi storici contro il dollaro toccati mercoledì notte, perdendo fino al 7%. Il petrolio ha ridotto le quotazioni a 113,93 dollari al barile. Le Borse hanno proseguito il rimbalzo, anche se alla fine l’incertezza in Libia ha ridotto i rialzi (+0,43% Wall Street, +0,23% l’Europa e +2,72% Tokyo). Sui titoli di stato Usa e tedeschi si sono fermati gli acquisti rifugio. Insomma: forse solo temporaneamente, ma i trend degli ultimi giorni si sono invertiti.
Il G7 interviene sullo yen
Il forte ribasso della valuta nipponica è stato causato dall’intervento congiunto – non accadeva da 11 anni – delle banche centrali dei paesi del G7. La Fed, la Bce e le banche centrali di Giappone, Canada, Inghilterra, Francia, Germania e Italia sono infatti scese in campo per acquistare le loro rispettive valute e vendere yen. Non sono noti gli importi di questi interventi: si stimano circa 2mila miliardi di yen (25 miliardi di dollari) per la Banca del Giappone, 5 miliardi di euro per la Bce e 100 milioni di dollari locali per la Banca del Canada. Ma è noto l’effetto: lo yen, che nella notte tra mercoledì e giovedì aveva toccato il suo massimo storico a 76,25 per un dollaro, è calato arrivando ieri a quota 81,98 sempre per un dollaro. In serata girava intorno a 80,55. L’emergenza, insomma, è rientrata.
Il rialzo della valuta giapponese nei giorni scorsi era stato causato del terremoto. Sembra un paradosso, ma è così: dopo un evento di tale drammaticità è scontato che i giapponesi vogliano rimpatriare i capitali investiti all’estero. Questo era per esempio accaduto dopo il terremoto del 1995, sempre in Giappone. Ovvio che questi rimpatrii di capitali (che avrebbero l’effetto di far salire lo yen) solitamente non avvengono nei giorni immediatamente successivi al terremoto, ma i mercati hanno anticipato il movimento rialzista della valuta. Tanti investitori sono stati infatti costretti nei giorni scorsi a comprare yen, per chiudere i finanziamenti a tasso zero ottenuti in Giappone per imbastire operazioni di carry trade. Tutto questo ha causato la fiammata della valuta, fino a farle toccare i massimi storici.
Il problema è che questo rally rischiava di peggiorare la già critica situazione economica in Giappone. Si pensi che ogni volta che lo yen sale di un’unità sul dollaro, un gruppo come Toyota perde 30 miliardi di yen di utili e uno come Honda ne "brucia" 17. Per questo il G7 è intervenuto.
La Libia e le Borse
L’altro evento positivo è stato il cessate il fuoco in Libia. Giovedì sera i mercati avevano chiuso convinti che il giorno dopo sarebbero iniziati i bombardamenti: scoprire venerdì mattina che la Libia ha chiesto una tregua ha dunque sorpreso favorevolmente gli investitori. Questo ha calmato la corsa del petrolio. E ha dato sollievo alle Borse. Nel pomeriggio, però, il timore che la tregua possa durare poco ha frenato gli entusiasmi. Così le chiusure finali sono state solo in lieve rialzo: Wall Street +0,43%, Nasdaq +0,29%, Londra +0,39%, Parigi +0,63%, Francoforte +0,11%, Milano +0,27%. Si sono anche ridotti gli acquisti-rifugio sui Bund tedeschi e sui T-bond Usa, per cui si sono di conseguenza ridotti gli spread con i titoli periferici (anche sulle voci di acquisti di bond portoghesi da parte della Bce).