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 2011  marzo 19 Sabato calendario

Navi, aerei e basi “Italia pronta ai raid” - Navi, aerei, basi. La comunità internazionale flette i muscoli contro Gheddafi e l’Italia ha deciso di esserci

Navi, aerei e basi “Italia pronta ai raid” - Navi, aerei, basi. La comunità internazionale flette i muscoli contro Gheddafi e l’Italia ha deciso di esserci. Con gli aeroporti, ma non solo. Se ci saranno raid, i nostri saranno in prima linea. «Le nostre basi sono a disposizione - scandisce il ministro Ignazio La Russa - nell’eventualità che serva intervenire a salvaguardia delle popolazioni civili: vuol dire che la nostra aeronautica è a disposizione. Autorizziamo ogni iniziativa, anche di tipo militare, a questo fine». Il governo è pronto già da ieri sera, incassata la Risoluzione Onu e un voto bipartisan in Parlamento, a dare ordini severi alle forze armate. I piloti militari sono già allertati nel caso in cui arrivasse il segnale di decollo per far rispettare il divieto delle Nazioni Unite. La Marina, a sua volta, sta spostando le navi verso la Sicilia. La portaerei Garibaldi ha lasciato il porto di Taranto ieri sera, ufficialmente per «addestramento», e dirige verso Augusta. Nelle prossime ore la raggiungeranno i caccia Harrier a decollo verticale. Sono in assetto di guerra anche il modernissimo cacciatorpediniere «Andrea Doria» e il pattugliatore «Libra», al largo di Bengasi, dove hanno portato aiuti umanitari («Non armi, sia chiaro», come ha precisato il ministro Franco Frattini) agli insorti. La Russa nell’audizione parlamentare di ieri non è stato particolarmente esplicito, ma il retroscena è che dal Consiglio dei ministri ha preteso che non ci siano caveat particolari per gli italiani. E quindi il ministro può dire: «Se verrà organizzata dalla Nato una “no-fly Zone”, noi parteciperemo. Se alcuni Paesi decideranno, secondo la risoluzione 1973 dell’Onu, prima della Nato, una serie di iniziative che si rendessero necessarie per salvaguardare l’integrità delle persone che possono essere sottoposte a bombardamenti e altre vessazioni, noi parteciperemo». Nato o Coalizione di Volenterosi che sia, il governo ha messo a disposizione sette basi aeree: Aviano, Gioia del Colle, Amendola, Decimomannu, Pantelleria, Sigonella e Trapani. Per non lasciare troppa vetrina ai francesi, poi, il ministro ipotizza che Napoli, dove c’è una base modernissima della Marina americana nel perimetro dell’aeroporto di Capodichino, potrebbe essere la sede del comando delle operazioni aeree. Assumerebbe le funzioni che l’Aeronautica Usa affida normalmente alla base di Stoccarda. «In questo caso distaccheremmo anche nostro personale per verificare che gli ordini non si discostino da quanto autorizzato dalle Nazioni Unite. Non ci limiteremo a dare ad altri le chiavi di casa nostra». Il punto è che la risoluzione 1973 è chiarissima nel disporre un embargo navale con pieni poteri al largo della Libia per evitare l’afflusso di armi e mercenari. Servirà però un’ampia disponibilità di navi. E’ altrettanto chiara la risoluzione nel proibire i voli. Qui i problemi potrebbero essere di tipo organizzativo e economico: «Si tratta di una iniziativa seriamente impegnativa anche nel numero e nel dispiego dei mezzi e delle risorse necessarie», lamenta il ministro della Difesa, che spera ancora nella discesa in campo dell’Alleanza atlantica. La risoluzione lascia ampia discrezionalità per il terzo degli interventi: garantire «aree di sicurezza assoluta» per la popolazione civile. In teoria, si potrebbe pattugliare fin da subito con aerei ed elicotteri e sparare a tutto ciò che si muove. E visto che Bengasi è stata dichiarata «area di sicurezza assoluta», anche un eventuale attacco di terra delle forze lealiste alla città simbolo della rivolta sarebbe da considerare una violazione alla risoluzione Onu. Unico limite, non ci può essere un intervento di terra. «La risoluzione dell’Onu lo vieta nella maniera più tassativa: quindi non solo per noi, ma per chiunque, non ci sarà concorso di fanteria, di carri armati, di mezzi. Sul territorio libico non ci andrà nessuno».