Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 19/3/2011, 19 marzo 2011
SCELTE ECOLOGISTE SE A TAVOLA IL DILEMMA È ETICO LA RICETTA DI ALLAN BAY
Le ragazze stanno bene. Detto parafrasando il film ora
nelle sale, nonché riallacciandosi alla cultura californiana che lo ha ispirato, liberal e pure ambientalista. Le ragazze stanno bene; anche dopo aver letto, l’anno scorso, Se niente importa (titolo americano Eating Animals) di Jonathan Safran Foer, il bellissimo reportage romanzato contro l’allevamento intensivo degli animali; e dopo essere diventate, di conseguenza e con intensità da liceali, vegetariane. Qualcuna resiste; qualcuna è crollata all’ennesima gita in gruppo dal kebabbaro; a qualche altra è stato diagnosticato un principio di anemia, e ha ripreso a mangiar carne. Ma continua a insistere sul principio; chiede di poter mangiare solo «animali che sono vissuti felici» . Cioè polli allevati a terra, bovini da pascolo che sono l’ 1 per cento del totale nazionale, lepri o cinghiali felicissimi finché non hanno incontrato un cacciatore. I genitori, che hanno letto il libro preoccupati e son rimasti traumatizzati (terrificanti le pagine in cui Safran Foer spiega quanto siano intelligenti e sensibili i maiali), ci riflettono su: il diritto degli animali a non soffrire è di certo una nuova frontiera etica. Ma costa, signora mia, quanto costa, in pochi se la possono permettere. Ma la questione resta. L’ «ethical eating» , il mangiare etico, nel mondo anglosassone è da qualche anno la tendenza alimentar-ambientalista più avanzata. Giudicata più sensata del vegetarianesimo puro e semplice. Anche se è più complicata. La carne c’è, ma in quantità limitate; secondo molti studi le emissioni di gas dagli allevamenti arrivano a un terzo del totale inquinante; manzi polli e pesci non dovrebbero provenire da quegli allevamenti e non arrivare da troppo lontano. Perché l’altro pilastro del mangiare etico, come è noto, è il chilometro zero. Per gli animali come per gli ortaggi. Ai quali le ragazze badano meno, ma che sono l’ossessione di molte mamme. Quelle che diventano socie di cooperative d’acquisto (ce ne sono in ogni città) e che settimanalmente o mensilmente portano a casa cassette di verdure, frutta e legumi palesemente biologici, insomma spesso acciaccati e bitorzoluti. Poi vabbe’, spesso non si sa come pulirli e cucinarli, ancor più spesso non c’è tempo, e molto cibo bio finisce nella spazzatura. Il che è purtroppo poco etico, i duri e puri spiegano che per salvare il pianeta non bisogna buttare niente. E citano la campagna del Wwf, Livewell 2020, che fornisce liste della spesa ecosostenibili e una serie di menu; con molte verdure, un po’ di carne e di pesce e molti fagioli, per via delle proteine. I mangiatori etici più sofisticati preferiscono citare Michael Pollan. Che è un professore di Berkeley (sempre in California, il movimento è nato lì) autore dei più bei libri sull’ethical eating, diventati bestseller in tutto il mondo occidentale. In Italia è stato tradotto il bignamino del movimento, Breviario di resistenza alimentare, 64 regole per mangiare bene (Bur, titolo originale Food Rules), che lo stesso Pollan riassume in tre frasi: «Mangiate cibo (il più possibile naturale, non porcherie industriali e cose iper-manipolate o precotte, ndr); non molto; specialmente piante» . Ma si trova anche, edito da Adelphi, il suo capolavoro, Il dilemma dell’onnivoro. È il viaggio di un borghese buongustaio di sinistra alla ricerca del cibo, direbbero gli antropologi, buono da mangiare (dal punto di vista del gusto e della salute) e buono da pensare (la cui produzione non danneggia il pianeta, anzi favorisce i cicli naturali). Pollan compra un manzo e ne segue il viaggio tra allevamenti e macelli (né lui né Safran Foer riescono a entrare in un mattatoio, e questo dà da pensare); va a lavorare in una fattoria «organic» ; va a caccia insieme a un simpatico italiano trafficone di San Francisco, finché non riesce a uccidere un maiale selvatico; poi lo cucina, tutto, per gli amici a casa sua. Ripetere le sue esperienze è impossibile; riflettere, con una mano sul cuore e una sul portafogli, sulle sue avventure aiuta a mangiare meglio, e a stare meglio (il figlio adolescente di Pollan, per ovvio contrappasso, ama il fast food; i ragazzi stanno bene quando fanno disperare i genitori, come è noto).