Guido Olimpio, Corriere della Sera 19/3/11, 19 marzo 2011
I PIANI D’INTERVENTO DELLA COALIZIONE NEL MIRINO DIFESA MISSILISTICA E RADAR
«Tutto è pronto» , ripetono i politici mentre i militari fissano i piani di intervento contro Gheddafi. Dopo il voto Onu si sta raccogliendo una «coalizione di volenterosi» che potrebbe entrare in azione — sostengono fonti americane— tra domenica e lunedì. L’apparato Lo schieramento sarà guidato, probabilmente, da Francia e Gran Bretagna ma ne faranno parte molti Paesi occidentali più Qatar e Emirati. Parigi userà la base di Solenzara in Corsica e installazioni italiane dove invierà Mirage e Rafale. I britannici schiereranno i Typhoon e Tornado tra Italia, Creta e forse Cipro. I canadesi hanno mobilitato 6 caccia CF18 e una fregata. La Norvegia ne invierà altrettanti in Sicilia (Sigonella) mentre la Danimarca è in procinto di fare lo stesso. La Spagna ha offerto basi e due aerei da trasporto, il Belgio alcuni caccia. La Polonia è disposta a sostenere lo sforzo logistico. Un’armata europea che si integrerà con le forze aeronavali statunitensi della Sesta Flotta alla quali si aggiungeranno, entro una settimana, nuove unità. Un dispositivo con navi da sbarco, reparti di marines e decine di caccia. Fonti del Pentagono hanno ipotizzato un ricorso ai missili da crociera. A lanciarli i sottomarini «Providence» — che era di scorta alla portaerei Enterprise nel Mar Rosso — e «Florida» che ha lasciato il golfo di Napoli pochi giorni fa. Sempre gli Usa potrebbero utilizzare il super caccia F22 e il bombardiere strategico B2. Alle Marine della coalizione toccherà impedire l’afflusso di aiuti militari a Tripoli: un mercantile ha scaricato armi appena 5 giorni fa e un secondo è stato segnalato in arrivo. Le basi Il dispositivo avrà come cuore l’Italia. Il governo ha messo a disposizione sette basi: Amendola, Aviano, Decimomannu, Sigonella, Trapani, Gioia del Colle, Pantelleria. Sono in corso contatti per stabilire il comando delle operazioni a Napoli. Un ruolo di supporto che si evolverà in un intervento diretto della nostra aviazione. Di fatto la nostra penisola diventa una gigantesca portaerei, fondamentale per sostenere uno sforzo piuttosto serio. Gli obiettivi Quando arriverà l’ordine di imporre la no-fly zone, la coalizione avrà come prima missione quella di neutralizzare le difese missilistiche e i radar che proteggono le basi di Gheddafi. Quindi toccherà alle piste che saranno devastate con speciali bombe. Saranno usati aerei da guerra elettronica mentre i velivoli radar Awacs terranno sotto controllo lo «spazio» libico segnalando eventuali decolli dei Mig e dei Mirage del colonnello. Sulla carta il Raìs possiede 200 velivoli, ma sono ritenuti operativi tra i 15 e i 40. In un rapporto del 2010 si afferma che la Libia ha creato un robusto ombrello missilistico che copre i centri costieri, le città e le basi. In particolare vi sono 31 siti dotati di ordigni a lungo raggio (come i Sam 2 e i Sam 5), più dozzine di sistemi mobili, in maggioranza di concezione russa. Come per gli aerei, gli esperti avanzano dubbi sull’efficienza dei mezzi. E comunque si tratta di apparati non certo moderni (sono stati forniti negli anni 70 e 80) che soffrono le contromisure dei caccia occidentali. Sono poi probabili incursioni per mettere fuori uso i sistemi di comunicazione e — se necessario— la tv nazionale libica. I raid L’Onu autorizza tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione. E sotto questa coperta molto ampia, la coalizione può decidere di colpire le colonne blindate che cingono d’assedio le località ribelli. Raid più complessi perché le posizioni dei contendenti sono vicine e c’è il rischio di coinvolgere i civili. I ribelli hanno già annunciato che si coordineranno con gli alleati: a questo proposito non è da escludere la presenza di membri delle forze speciali incaricati di «illuminare» i bersagli o pronti a recuperare piloti che dovessero finire in territorio nemico. Con l’aiuto degli insorti e dei velivoli spia (compresi i giganteschi droni Global Hawk basati a Sigonella) sarà data la caccia ai pochi missili terra-terra (Scud B) che rimangono nell’arsenale del colonnello. In una seconda fase è stato ipotizzato che la coalizione possa distruggere i bunker usati dalla Guida, anche se come ha detto Hillary Clinton l’auspicio è che il Raìs se ne vada. Nel caso serviranno ordigni particolari, già usati durante il conflitto del Golfo: penetrano la corazza di cemento armato ed esplodono all’interno del rifugio. Gli aiuti Come abbiamo anticipato su Corriere. it, l’Egitto sta aiutando in modo discreto gli insorti facendo affluire armi, munizioni e probabilmente degli istruttori. Ieri il Wall Street Journal ha fornito altri dettagli sottolineando qualche timore americano nel caso che il materiale finisca nelle mani di estremisti qaedisti. Fonti arabe hanno aggiunto che se i ribelli hanno potuto usare alcuni dei Mig catturati in Cirenaica è merito dell’assistenza egiziana. In futuro questa retrovia — nel caso che il conflitto continui nella situazione di stallo— diventerà importante. Gli egiziani, poi, possono dare un aiuto nell’attività di intelligence. Servono informazioni sui traffici libici: da sud e dall’Algeria arriverebbero rinforzi per Tripoli. La coalizione non può permettersi errori, la missione è piena di rischi. E gli alleati devono essere pronti a sortite imprevedibili del Colonnello. Il raìs ha dimostrato, anche in queste ore, di essere capace di manovrare. E potrebbe tentare qualche azione spettacolare affidata non alle sue forze ma a qualche gruppo disposto a servirlo. La storia del suo regime è segnata dai patti siglati con i diavoli del terrore. Guido Olimpio