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 2011  marzo 19 Sabato calendario

MA IL CIGNO NERO NON È A ORIENTE

Con le prime immagini dello tsunami giapponese, sui mercati finanziari si è materializzato lo spettro di un cigno nero: nome con il quale si definisce un evento raro e imprevedibile che, da un angolo remoto della Terra, innesca una reazione a catena che colpisce le economie di tutto il globo. In pochi giorni, la Borsa giapponese ha perso il 23%; e, nonostante il recupero, ha chiuso ieri a circa il 14% in meno dei livelli precedenti il terremoto. La paura ha contagiato tutte le Borse (-10% l´Europa), mentre i soliti beni rifugio, franco svizzero e oro, hanno ripreso a correre.
Le grandi crisi sono spesso riconducibili a un singolo evento scatenante, ma non tutte le palle di neve si trasformano in valanga. Per quanto agghiaccianti le immagini dello tsunami e il pericolo di un disastro nucleare, e per quanto difficile valutare l´imponderabile, credo che nel caso giapponese, per il resto del mondo, non si andrà oltre la paura: tanto stress per i mercati, ma niente danni collaterali.
Superata la giustificabile emotività, è probabile che l´impatto dello tsunami giapponese sulle economie degli altri Paesi sia limitato. La reazione iniziale delle Borse è stata eccessiva. Lo tsunami ha spazzato via un parte rilevante della capacità produttiva giapponese. Anche se non si hanno ancora stime affidabili di quanto il terremoto peserà sul Pil, una riduzione della capacità produttiva, del reddito prodotto e della domanda privata giapponese sono una certezza. Ma gli effetti deflazionistici per il mondo saranno risibili perché il Giappone è strutturalmente esportatore: la caduta della produzione nipponica destinata ai mercati esteri non solo non ridurrà la domanda nel mondo, ma diventerà un regalo per i Paesi che riusciranno a sostituirsi al made in Japan.
Anticipando una caduta della domanda dei produttori di acciaio giapponesi, il prezzo del minerale ferroso è subito sceso. Ma sarà temporaneo: i giapponesi saranno sostituiti da cinesi e coreani. Altrettanto rapidamente, europei e americani subentreranno nell´offerta della componentistica per l´industria automobilistica mondiale. Il prezzo del petrolio è inizialmente sceso nonostante la guerra in Libia, anticipando un crollo della domanda energetica giapponese. Ma poi è risalito, anche perché ha prevalso la convinzione che bisognerà rimpiazzare, almeno per un po´, il nucleare. I giapponesi ridurranno i loro consumi, e quindi anche l´import; ma l´effetto netto sarà prevalentemente sulle esportazioni.
Se il commercio internazionale non diffonderà questo shock, può farlo la finanza? Il primo effetto è stato un forte apprezzamento dello yen causato dall´aspettativa di un probabile rimpatrio di capitali giapponesi (il Paese ha accumulato nel tempo enormi attività all´estero) per far fronte alla crisi. Gli interventi coordinati del G7, dettati dal timore che l´apprezzamento aggravasse la deflazione in Giappone (non che la diffondesse nel mondo), sono riusciti a calmierarlo per ora.
Un secondo impatto sarà sul debito pubblico, già a livelli record: aumenterà molto per finanziare la ricostruzione. Ma una crisi del debito sovrano è improbabile. Al contrario dei Paesi dell´Eurozona, la quasi totalità del debito giapponese è detenuta da investitori giapponesi, disponibili ad aumentare volontariamente il saggio di risparmio per finanziare un intervento dello Stato volto a rigenerare infrastrutture produttive (e anche un atto di solidarietà da parte di chi è sopravvissuto).
Per innescare una catena di calamità, un cigno nero deve trovare terreno fertile: un disequilibrio economico preesistente nei conti con l´estero, nella domanda aggregata, nella liquidità in circolazione, nell´indebitamento privato o pubblico, nei prezzi delle attività finanziarie o negli immobili. I disquilibrii attuali sono il rischio di inflazione che si sta sviluppando nei Paesi a forte crescita, e che rischia di propagarsi al mondo industrializzato, trasformandosi in stagflazione; la crisi del debito pubblico e del sistema bancario nell´Eurozona; e l´instabilità politica nei Paesi esportatori di petrolio. Da qui vengono i pericoli. Il cigno nero giapponese, rimarrà solo un tragico, nerissimo cigno.