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 2011  marzo 17 Giovedì calendario

UN COMMERCIANTE DI MAIALI SVELA LA VITA SEGRETA DI BERNHARD


Ogni artista ha necessità di qualcuno che lo aiuti a tradurre la vita, che gli ricordi ciò di cui sono fatti gli esseri umani, di qualcuno che si potrebbe chiamare “mediatore di realtà”. Anche lo scrittore e drammaturgo Thomas Bernhard ne ha avuto bisogno. Nel suo racconto Ja, del 1978, l’agente immobiliare Moritz è costruito, come molti altri suoi personaggi, sulla base di un modello storico di riferimento impostosi nella vita: Karl Ignaz Hennetmair. Ed è stato proprio questo ex commerciante di maiali ed agente immobiliare il “mediatore di realtà” di Bernhard, scrupoloso e preciso al punto da redigere un corposo diario dei suoi dieci anni trascorsi con lo scrittore (Karl Ignaz Hennetmair, Un anno con Thomas Bernhard. Il diario segreto, a cura di Claudio Groff, L’Ancora del Mediterraneo, pp. 441, euro 25).
Hennetmair conobbe Bernhard nel 1965, quando questi acquistò la sua prima casa a Ohlsdorf. Solo dopo dieci anni scoppiò tra i due un primo litigio, e fu duro, bruciante, senza che ne siano mai state spiegate le cause, come in tutte le “macellerie di ripiego” bernhardiane. Dieci anni di amicizia, dunque: un fatto, pensando allo scrittore austriaco, quasi inverosimile, per durata ed intensità. E questo diario non è altro che il racconto minuzioso della quotidianità, in senso letterale: i due, il misantropo ed il mediatore, s’incontravano davvero ogni giorno, a Ohlsdorf, facendo insieme passeggiate, mangiando insieme (quando a Bernhard faceva piacere, ovviamente), guardando insieme la televisione. Come il 2 dicembre 1972, quando arriva la notizia della morte dell’altro scrittore austriaco, Heimito von Doderer: «Thomas saltò dalla sedia elettrizzato», scrive Henni, «applaudendo e gridando di gioia (...). Ora la strada è libera, ora tocca a me». Doderer era considerato l’eccellenza della letteratura austriaca, e finché ci fosse stato lui nessun altro sarebbe potuto emergere: «Ma non reciterò la parte di Doderer», avrebbe aggiunto Bernhard, perché diventando una celebrità «uno non scrive più niente, o meglio niente di buono, di grande. Non si viene neanche più tanto criticati, anzi ti incensano ed adulano con ipocrisia per ogni cavolata». Questo di Hennetmair è davvero il Bernhard più autentico, l’irriverente, il cinico, lo scrittore incapace di dissimulare. E
proprio per questo più vero. Così, senza peli sulla lingua, «Thomas dice che i tedeschi campano sugli ebrei e sugli austriaci».
Mutande condivise
Della vita del grande uomo, poi, non potevano non emergere anche i tratti più “bassi”, quelli che solo lo sguardo del servitore, nuovo Sancho Panza, poteva cogliere e riconoscere nel proprio signore e padrone. Hennetmair ha condiviso con Bernhard anche la scelta e l’acquisto delle mutande ed ha lasciato che persino queste avessero un posto nella sua vita. E nel suo diario. Mentre lo scrittore si chiude nel proprio carcere e fa di tutto per tenere lontani da sé gli uomini, il suo servitore compie diligentemente le proprie mansioni: ritira la posta nervosamente attesa, ogni giorno compra sette giornali, porta a riparare il televisore. Si premura anche si consultare la chiromante Jakob, di Linz, chiedendole «se fosse un bene che lui offendesse di continuo la gente e in particolare coloro che gli davano da vivere». «Quell’uomo ha un sesto senso», fu la risposta della donna, «e può fare quello che gli pare».
Bernhard non era tenero con nessuno, neppure con il proprio editore, Suhrkamp, che definisce essere «come quelli che portano la biancheria». «Sono due mesi che non ricevo lettere dalla mia casa editrice», avrebbe detto lo scrittore dopo aver saputo dell’assegnazione del premio Grillparzer, «ma anche se sanno che non do alcun peso alle congratulazioni dovrebbero comunque farlo». Del suo atteggiamento rispetto ai premi letterari si leggono qui solo conferme di quanto lo stesso austriaco ha scritto anche altrove: lo interessavano solo i soldi, e tanto meglio se elargiti dallo stato. Quando gli viene annunciata la vittoria del Grillparzer dice: «Non che io disprezzi il premio, ma non per questo darò di matto, accetterò il premio come un paio di scarpe appena lucidate».
Dopo un incidente con una motosega, Henni gli chiede se, qualora avesse perso una gamba, non fosse stato il caso di suicidarsi... Ma Thomas ha sempre ripetuto che «il suicidio, per lui la morte più verosimile, quella che di certo anche gli altri si aspettano da lui, non l’avrebbe mai commesso. Non farà al mondo questo favore».
Hennetmair non ha mai fatto alcun tentativo di estorsione, di approfittare degli attimi di debolezza, cui anche uno come Bernhard doveva abbandonarsi, ha semplicemente accolto il grande scrittore nella sua
quotidianità, fino ad assumere perfino il titolo di “servitore segreto”. Fino a difenderlo dagli artigiani e dai commercianti di Ohlsdorf, soprattutto da quelli che dopo aver dato un’occhiata ad alcuni libri di Bernhard credono che non capisca nulla, che sia un cretino, e che tuttavia ha denaro in abbondanza e dunque vogliono sfruttarlo per quanto possono. Quando i due trattavano di soldi non c’era mai da ridere: «È uno dei più grandi taccagni che mi sia capitato di incontrare».
Serate televisive
Il divertimento iniziava piuttosto nelle serate condivise davanti alla televisione, vissute come veri e propri rituali della loro amicizia. Nell’orrore che certo non doveva mancare nei programmi in onda in quegli anni, Bernhard cercava motivi ulteriori per rafforzare il proprio odio verso il mondo: di tanto in tanto, ricorda Hennetmair, abbassava il volume e si sostituiva alle voci, imitandole, e così facendo provocava risate impossibili da frenare, con il preciso intento di portare quel riso al suo culmine, fino al punto cioè in cui si trasforma in dolore: solo con l’uscita di scena di Bernhard da quelle situazioni, scrive Hennetmair, «la ridarella s’acquietava e cedeva il posto ad una totale spossatezza».
Una personalità come quella dello scrittore austriaco, nonostante la “convivenza” di due lustri con il suo Sancho Panza, poteva forse affidare a Hennetmair un qualche ruolo nel lavoro di redazione delle sue opere? Ovviamente no. A qualsiasi domanda che il “servo” poneva al suo “padrone” circa lo stato dei suoi scritti, la risposta di Bernhard era sempre la stessa: «Di questo non parlo». Lui non cercava un consigliere letterario, piuttosto solo una “distrazione”.