Gianluigi Nuzzi, Libero 18/3/2011, 18 marzo 2011
LA PRIMA PROSTITUTA COSTRETTA A PAGARE LE TASSE
Sarà il bunga bunga, la pubblicità a escort, vere presunte o aspiranti, sarà questo fritto misto di sesso denaro e politica o forse sarà solo che la cassa piange e l’Italia mostra un sussulto d’orgoglio.
Da oggi le prostitute dovranno pagare le tasse. La commissione tributaria di Milano, sezione 29 presidente Giovanni Napodano, una tra le più autorevoli del Paese, ha respinto il ricorso di una prostituta di lusso che rivendicava di essere tale fin dalla giovane età e quindi si rifiutava di aprire la borsetta. Invece no, è “lavoro autonomo” come quello dell’idraulico, del dentista o di chi preferite. E deve pagare quasi mezzo milione di euro, tra tasse mai versate multe ammende e altre orpelli del Fisco.
Finora le lucciole l’avevano sempre fatta franca, sottraendo all’Agenzia delle entrate oltre un miliardo di euro secondo le stime più prudenti. Così era iniziata in provincia qualche sentenza su casi dubbi e controversi che provava a spingere per far pagare a tutti le tasse. Scavalcando la vecchia legge che ha sempre offerto un impenetrabile scudo fiscale alle belle di notte.
Una legge famosa che impediva di registrare le donne come prostitute. E, soprattutto, voleva evitare che in qualche modo percependo delle tasse lo Stato sfruttasse il mercimonio dei corpi femminili in vendita. Eppure, mai fino ad oggi ci si è ritrovati di fronte a una sentenza così netta che dà pieno riconoscimento di lavoro uguale agli altri a una donna che reclama testuale come «fin dall’età di vent’anni ho tratto la mia fonte di sostentamento dall’offerta di prestazioni sessuali, ricevendo regalie, anche di somme di denaro, da avventori casualmente conosciuti o da persone con le quali ho intrattenuto relazioni amorose anche di carattere più duraturo».
Vista da parte loro, per le escort è un periodo durissimo. Prima la concorrenza
delle veline o debuttanti allo sbaraglio nel mondo della notte e del sesso a pagamento, impropriamente accostate alle escort. Due attività diverse. Le prime cercano l’assoluto anonimato e fanno della riservatezza uno stile di vita arrivando a chiedere anche 10-15 mila euro per un fine settimana one to one.
Sono professioniste a tutti gli effetti, si muovono tra le capitali europee, vantano una clientela internazionale. Anche il loro curriculum è di livello tra istruzione (spesso laureate, quasi tutte diplomate) e tre, quattro lingue parlate all’esigenza. Dall’altra ragazze che vedono nella tv la terra promessa, pronte a ogni scorciatoia per incassare denaro, che confondono notorietà con potere, sorrette in queste scalate da familiari senza scrupoli. La sentenza della commissione tributaria abbraccia l’indirizzo dell’unione europea anche se una scelta di questo tipo senon viene recepita dal legislatore rimarrà sempre una terra di mezzo. Le prostitute continueranno a non pagare le tasse sperando di non finire nelle maglie della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle entrate.
Qualsiasi proposta di istituire una anagrafe fiscale anche per le lucciole si è arenata nei lavori parlamentari per i rischi di impopolarità di scelte simili contrabbandati con foglie di moralità & dintorni. Ma è facile che questa scelta sia sempre più un punto di partenza che va a rendere armonica la posizione della giustizia visto che si allinea con una decisione analoga, ma sempre meno diretta, della Cassazione di qualche tempo fa.
Il recupero fiscale atteso se mai si portasse a regime questa posizione sarebbe troppo significativo per far cadere nel vuoto una sentenza che, per ironia del destino o forse poi nemmeno per quello, è stata depositata con le sue motivazioni proprio l’8 marzo. Che è festa delle donne. Di tutte le donne.