Massimo Galli, ItaliaOggi 18/3/2011, 18 marzo 2011
SCHIAVI A SOLI OTTO ANNI
Lo sfruttamento dei bambini va in scena anche in Afghanistan. Nel paese asiatico, già provato da un lungo conflitto, i più piccoli sono costretti a lavorare anche 12 ore al giorno nelle fornaci per mattoni. Per loro non c’è via d’uscita. I loro genitori chiedono spesso prestiti agli imprenditori e, in cambio, mandano i figli nelle loro aziende.
Gli uomini d’affari provvedono anche a trovare un’abitazione, tutt’altro che dignitosa, alle famiglie, ma la contropartita è lo schiavismo dei bimbi. È il caso della famiglia Muhammad, che vive non lontano dal confine con il Pakistan. Come decine di migliaia di afghani, essa vive intrappolata in un vortice di povertà che sembra non avere fine. I bambini trascorrono gran parte delle loro giornate nelle fornaci all’aperto dove vengono essiccati i mattoni. La popolazione non ha alternative per riuscire a ottenere soldi per campare. Le banche non sono molte e, comunque, in pochi riuscirebbero a godere della fiducia degli istituti per avere accesso al credito. Così le persone finiscono col mettersi nelle mani dei datori di lavoro, che sono né più né meno che strozzini: le ore lavorate vengono pagate una miseria e liberarsi del debito contratto è praticamente impossibile. In un attimo ci si ritrova legati a vita al proprio creditore. Non solo: questo vincolo ricade automaticamente sui figli, che dovranno a loro volta onorare gli impegni.
Questa pratica è molto diffusa in Afghanistan, nonostante il governo si sia impegnato a contrastarla. In teoria è vietato ai minori di 15 anni lavorare per lunghe ore o svolgere attività pesanti. In realtà essi, già a sette anni, se ne stanno sotto il sole e con i piedi immersi nel fango ad accumulare mattoni. Neyaz Muhammad, otto anni, dice senza mezzi termini di non amare quel lavoro: egli vuole andare a scuola e diventare medico per aiutare la sua gente e il suo paese. Nel solo distretto di Surkhrod, nella provincia di Nangarhar, si trovano 90 fornaci: in ognuna di esse lavorano da 150 a 200 bambini, che non soltanto soffrono per le condizioni climatiche estreme, ma respirano il fumo delle fornaci. Questo porta a un’elevata mortalità per gravi problemi respiratori.
Sul versante economico, per capire quanto lo sfruttamento regni sovrano, basta un esempio. La famiglia Muhammad viene retribuita ogni giorno con 10 dollari (7 euro) per 2.500 mattoni, mentre gli stessi mattoni vengono venduti dall’imprenditore a 160 dollari (114 euro). I datori di lavoro si proclamano benefattori: hanno dato ai loro sottoposti casa, lavoro, cibo e quanto serve all’esistenza quotidiana. Ma il prezzo da pagare, per i bimbi schiavi, resta troppo alto.