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 2011  marzo 18 Venerdì calendario

Tricarico: “Solo la Nato è in grado di muoversi” - Il generale Leonardo Tricarico se la ricorda bene, l’ultima esperienza di «no fly Zone»

Tricarico: “Solo la Nato è in grado di muoversi” - Il generale Leonardo Tricarico se la ricorda bene, l’ultima esperienza di «no fly Zone». Era la guerra contro la Serbia di Milosevic, a difesa della popolazione albanese del Kosovo. Tricarico, che è stato capo di stato maggiore dell’Aeronautica, e oggi dirige la fondazione «Icsa» ideata da Francesco Cossiga e Marco Minniti, all’epoca era il responsabile per le operazione aeree dell’Alleanza Atlantica. «La prima notte di operazioni abbattemmo un Mig 29 serbo, appena decollato. La seconda notte nemmeno ci provarono. La terza notte, altri due Mig 29 si alzarono in volo. La nostra reazione fu fulminea. Non ci provarono più». Generale, ci spieghi in semplici parole come si impone una «no fly Zone». «Premesso che mi sembra una decisione davvero tardiva, e che si interviene solo ora che i buoi sono quasi tutti scappati, la no fly Zone è un’area in cui è vietato volare salvo espresso permesso di una Coalizione, a ciò autorizzata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma il testo va esaminato per bene. E’ possibile che venga autorizzata anche una gamma più ampia di azioni, compresa la distruzione di tank a terra. Sarebbe il modo di tagliare le unghie al dittatore». Come si procede? «Occorrerà una seria pianificazione. Chiarito che il traffico civile dovrà utilizzare altre aerovie, bisognerà schierare un’ampia gamma di velivoli. Cito solo gli aerei caccia, per impedire che i jet dell’altra parte violino il divieto dell’Onu. Ma poi serviranno anche aereiradar, aerei-cisterna, aereispia, fondamentali per la guerra elettronica, aereiSead (Suppression of Enemy Air Defence) per distruggere le loro difese. Questi ultimi saranno fondamentali per eliminare radar e missili. Infine occorreranno velivoli di recupero e salvataggio, qualora un equipaggio debba essere salvato. Tutti questi aerei andranno poi coordinati a dovere, ciascuno con le sue orbite di volo e i suoi punti di decollo». Da quanto lei dice, salta agli occhi che si tratta di un’operazione tecnicamente molto complessa. «Non c’è dubbio. Non sono attività che si possano fare con coalizioni raccogliticce. Soltanto la Nato, con i suoi mezzi e le sue procedure, è in grado di muoversi presto e bene». Quanto al centro di comando e controllo... «Ci sono ottime basi nel Sud d’Italia, come Sigonella o Bagnoli. Ma anche una portaerei è più che adatta allo scopo. D’altra parte l’aeronautica libica è molto meno attrezzata di quanto lo fosse quella serba». Esaurita una prima ondata di attacchi per accecare i radar libici, tutto sarebbe più facile. E’ così? «Assolutamente. La minaccia residua sarebbero i missili ad infrarosso, quelli che ricercano il calore. Ma hanno una portata limitata, non oltre i 4-5000 metri di altezza. E comunque i piloti Nato hanno addestramento e attrezzature adeguate». Sembra che gli italiani non parteciperanno. «E perché no? Se sto alle parole del ministro Frattini, l’Italia si adeguerà alle decisioni degli organismi internazionali. Se ci sarà un’attivazione della Nato io mi auguro che faremo anche noi la nostra parte senza se e senza ma. Spero di evitarmi la solita dose di ipocrisia nazionale».