FABIO MARTINI, La Stampa 18/3/2011, 18 marzo 2011
Romano, l’allievo di Mannino capo di color che son sospesi - Gira gira, sempre a "zu’ Saverio" si torna
Romano, l’allievo di Mannino capo di color che son sospesi - Gira gira, sempre a "zu’ Saverio" si torna. Ieri mattina a Montecitorio mancava poco all’inizio della più patriottica delle sedute, ma l’aspirante ministro all’Agricoltura, il palermitano Saverio Romano, era riuscito a trovare il tempo per convocare i giornalisti, spiegando che a lui interessa la politica e non la poltrona, che lui è pulito come un giglio: «Mai avuta una contravvenzione». E ha aggiunto: «Siamo incensurati fino alla settima generazione». Una originale autoassoluzione genealogica che finisce per comprendere anche un personaggio sconosciuto ai giornalisti: lo zu’ Saverio (lo zio di Saverio Romano), che attualmente è sindaco di Belmonte Mezzagno e che negli Anni Ottanta è stato colui che ha portato il nipotino ad avvicinarsi alla politica e al partito allora egemone in Sicilia: la Dc. Oggi Saverio Romano ha 47 anni, la Dc non esiste più da quasi in ventennio, ma la sua è una storia democristianissima e lui lo rivendica: «Sono dc nel cuore e nella mente». E se il personaggio più in vista del gruppo dei “Responsabili" può ancora sperare di diventare ministro, è per effetto di una storia iniziata 30 anni fa: Romano è infatti l’ultimo erede di una formidabile dote di voti e di "know-how" trasmessi con pazienza da notabile a notabile. Da Calogero Mannino a Totò Cuffaro e poi da Totò Cuffaro a Saverio Romano. In principio c’era la sinistra democristiana, potentissima in Sicilia alla fine degli Anni Ottanta e guidata da un personaggio, Lillo Mannino, di altro spessore e di altre ambizioni rispetto ai suoi eredi. Il giovane Saverio Romano si iscrive al movimento giovanile democristiano, una "palestra" in tutti i sensi: anche a 16 anni bisogna subito accasarsi ad una delle correnti. Saverio diventa subito manniniano e frequenta a Palermo la sede di via Gioacchino Ventura dove vengono installati i primi database di Sicilia, con l’hard disk estraibile, cosa che viene fatta ogni sera, perché non si sa mai. Saverio, un ragazzo risoluto e ambizioso, ci sa fare; a 21 anni è eletto nel consiglio di amministrazione dell’Opera Universitaria. Mannino, il capocorrente, è costretto ad uscire di scena per qualche anno (indagato, risulterà poi assolto) e la macchina di voti viene ereditata e rinvigorita da Totò Cuffaro. Nel 2001 la prova del fuoco. Berlusconi chiama Cuffaro: «Ti candidiamo alla presidenza della Regione, ma tu lasci il Cdu e passi con Forza Italia». Ma Cuffaro tiene duro: non lascia il suo partito e l’insediamento post-democristiano ma diventa egualmente governatore di Sicilia. E quando Cuffaro viene condannato in via definitiva, chi lo accompagna fino al carcere? Saverio Romano. Che dice di Totò: «E’ un eroe». Due anni fa, alle Europee, Romano fa il salto, conquistando 110.000 preferenze, il record nazionale per i candidati centristi. La stagione di opposizione con l’Udc gli sta stretta. Fa sapere a Casini che gli piacerebbe diventare vicepresidente della Camera, ma quelli sono ruoli per i quali serve curriculum e infatti l’incarico va a Rocco Buttiglione. Poi quando Michele Vietti si trasferisce al Csm, Romano fa sapere che non gli dispiacerebbe fare il capogruppo. Casini capisce che è il momento di parlar chiaro ai siciliani. Li invita a pranzo, gli dice che a lui non interessa di «perdere trentamila voti», portati da un voto di scambio molto intenso. Ci rinuncia volentieri pur di stare tranquillo. I siciliani più ambiziosi di potere, capiscono l’antifona. Romano, prima di salutare Casini, contatta tutti i parlamentari Udc non siciliani ma ne convince uno solo a venir via con lui e assieme al vecchio capocorrente dei bei tempi, Lillo Mannino. Che coltiva un progetto ambizioso: fare del neonato Pid un partito che faccia politica. Ora Mannino è deluso: «Romano si è ripiegato troppo sull’"immediato". Nella sua conferenza stampa, immedesimandosi nei Responsabili, ne ha sancito il certificato di morte: ma come si fa a parlare a nome di un gruppo parlamentare che per i quattro quinti è formato da parlamentari eletti nel Pdl? Come farà Berlusconi a soddisfare tutti? Col Cencelli?». E anche se a Palermo, Romano risulta ancora indagato e anche se il ministero sembra sfumato, lui dice di sé: «Ho la faccia della responsabilità».