Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 18 Venerdì calendario

COME NEL ’99 IN DIFESA DEL KOSOVO

L’ MOnu autorizza l’intervento armato per difendere Bengasi accerchiata dalle forze del colonnello Gheddafi, che replica minacciando fuoco e fiamme in tutto lo scacchiere del Mediterraneo. Con dieci voti a favore e cinque astensioni il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 1973, che prevede non solo l’immediata «no fly zone» sui cieli della Libia ma anche il ricorso ad «ogni mezzo necessario» per «proteggere i civili» con particolare riferimento alla «zona di Bengasi». L’unica limitazione è l’impegno a «non inviare forze di occupazione», dunque truppe di terra, ma per il resto il richiamo al capitolo VII della Carta dell’ Onu legittima ogni tipo di azione militare «per il mantenimento della pace e della sicurezza».

E’ l’ambasciatore britannico al Palazzo di Vetro, Mark Lyall Grant, a spiegare quanto avvenuto: «Le forze di Gheddafi già colpevoli di gravi crimini contro i civili sono a ridosso di una città di un milione di persone e con 2500 anni di Storia».
L’ accelerazione al Palazzo di Vetro nasce dal timore che l’assalto a Bengasi da parte delle forze di sicurezza guidate da Khamis Gheddafi, figlio del colonnello (ma ieri l’altro fratello, Saif al-Islam, annunciava un cambiamento di tattica con la rinuncia all’offensiva), possa innescare una strage di immani dimensioni. D’altra parte il colonnello lo avvalora tuonando alla radio: «Vi stiamo venendo a prendere, vi troveremo anche dentro gli armadi, arrendetevi deponendo le armi altrimenti non avremo pietà». Anche la scelta di affidare l’assalto alle forze di sicurezza - polizia e intelligence - e non all’esercito lascia intendere cosa si sta preparando.

Parigi, Washington e Londra hanno raggiunto l’intesa sul testo di una seconda risoluzione che segue la 1970 sulle sanzioni economiche, raccogliendo altri sette voti favorevoli nel Consiglio di Sicurezza: Bosnia, Gabon, Nigeria, Sud Africa, Portogallo, Colombia e Libano. L’assenza di riferimenti a truppe di terra non è bastata ad ottenere l’avallo di Mosca e Pechino che si sono astenute assieme a Germania, India e Brasile. Le trattative precedenti al voto hanno visto l’ambasciatrice Usa all’Onu Susan Rice impegnata in una maratona di incontri assieme ai colleghi di Parigi e Londra, nel tentativo di ottenere il massimo dei voti, ma le resistenze di Germania, India e Brasile hanno complicato il negoziato, consentendo un’approvazione a maggioranza semplice rispetto all’unanimità con cui passò la 1970.

L’accelerazione diplomatica è stata decisa da Usa, Francia e Gran Bretagna sulla base della comune considerazione che «la no fly zone non basta più» come ha sottolineato Susan Rice, in quanto la rapida avanzata delle forze di Gheddafi in Cirenaica fa temere la possibile caduta di Bengasi, roccaforte dei ribelli, con il conseguente rischio di vendette sanguinose contro la popolazione che a metà febbraio diede ini- Susan Rice

La no fly zone non basta più, la rapida avanzata delle forze di Gheddafi in Cirenaica fa temere il peggio

zio alla rivolta. Da qui l’ipotesi, avvalorata da portavoci di Parigi, che un attacco aereo della Nato contro le truppe di Gheddafi possa scattare «nelle ore immediatamente successive» all’approvazione del testo da parte del Consiglio di Sicurezza. Il Segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, assicura che «l’Alleanza è pronta ad agire in qualsiasi momento» perché «il tempo stringe». Anche i portavoce della Lega Araba, da New York e il Cairo, hanno assicurato «pieno sostegno e partecipazione» all’operazione militare, destinata ad avere «fini umanitari» come autorizzato dalla risoluzione 1970, redatta sulla base del capitolo VII della Carta dell’Onu che prevede interventi per «preservare pace e sicurezza». E’ sulla base dello stesso capitolo VII che nel 1999 la Nato intervenne nei Balcani per proteggere la popolazione del Kosovo dalle forze ex jugoslave di Slobodan Milosevic.

Se la cornice legale e le motivazioni strategiche della nuova risoluzione sono oramai definite, resta invece il top secret sul tipo di opzione militare che le forze Nato ed arabe seguiranno per tentare di salvare Bengasi dalla morsa delle truppe libiche. Anche perché l’obiettivo resta, come conferma un portavoce del Dipartimento di Stato, «l’abbandono del potere da parte di Gheddafi». L’ipotesi più discussa, inerente a raid aerei e bombardamenti navali, potrebbe infatti risultare insufficiente se le forze ribelli non avranno la capacità di contrattaccare. A complicare i piani militari c’è anche il nodo diplomatico dell’Unione Africana che, a differenza della Lega Araba, non si è schierata a sostegno dell’intervento e dunque impedisce di adoperare il territorio dei Paesi del Sahel per lanciare operazioni dentro i confini della Libia. François Fillon

In caso di adozione della risoluzione Onu vogliamo un’azione militare già nelle prossime ore

Poco prima dell’approvazione della risoluzione, il colonnello ha tuonato da Tripoli affermando che «qualsiasi tipo di azione da parte delle Nazioni Unite sarà illegale» minacciando rappresaglie: «Ogni intervento militare contro di noi metterà a rischio il traffico aereo e marittimo nel Mar Mediterraneo» e Il Colonnello

Qualsiasi azione dell’Onu sarà illegale Se ci colpiscono il Mediterraneo brucerà

«tutte le strutture civili e militari diventeranno legittimo obiettivo del nostro controattacco», sottolineando che «i pericoli per il Mediterraneo saranno nel breve e lungo termine». Un linguaggio mirato ad ammonire i vicini arabi ed europei sui rischi a cui vanno incontro scegliendo di partecipare all’attacco.