Alessandra Mangiarotti, Corriere della Sera 18/3/2o11, 18 marzo 2011
SE SALIRE SU UN AUTOBUS COSTA IL 67 PER CENTO IN PIU’
Spostarsi in città con i mezzi pubblici costa il 31,4%in più rispetto a dieci anni fa. In treno, in questo caso da città a città, del 43,9. Ma a macchia di leopardo, con l’eccezione dei grandi capoluoghi dove si va al voto, una nuova ondata di rincari è partita con l’obiettivo di compensare il taglio dei trasferimenti statali: biglietti di bus e metro più cari del 20%a Bologna, Brescia e Livorno. Del 25%a Genova. Addirittura del 67 a Imperia. E poi rincari per chi viaggia in treno del 25%in Liguria, del 16 nelle Marche, di oltre il 12 in Lombardia. Un buco di oltre 400 milioni di euro nelle casse degli enti pubblici locali, promessi come reintegro dal governo e mai arrivati, rischia però ora di portare nuove sorprese: ulteriori aumenti per i 15-16 milioni di italiani che ogni giorno usano i mezzi pubblici urbani (un altro milione e mezzo si sposta in treno) e insieme una battuta d’arresto per il federalismo fiscale. I governatori sono stati infatti chiari: se l’accordo di dicembre col governo su quei 400 milioni non verrà rispettato, le Regioni non daranno il loro assenso ai decreti sul federalismo. «Il reintegro delle risorse per il trasporto pubblico — ha sottolineato il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani— è essenziale per dare basi concrete al fisco federale» . Tutto è iniziato con la manovra anti-crisi di Tremonti dello scorso maggio: 7,8 miliardi di trasferimenti in meno agli enti locali, con un’immediata ripercussione sulla spesa per il trasporto pubblico. Un taglio pesante per colmare il quale lo scorso 16 dicembre il governo ha approvato il reintegro di 400 milioni incassando, in sostanza, il via libera delle Regioni ai decreti sul federalismo fiscale. I trasferimenti si sono in ogni caso ridotti. E così sono partiti i piani di contenimento delle Regioni. Ognuno ha fatto a sé. Secondo i dati delle aziende di trasporto associate ad Asstra, il Molise ha programmato un taglio annuo del 41%, la Campania ne ha deliberato uno del 23%, la Liguria del 12, il Veneto dell’ 11, l’Abruzzo del 10, la Lombardia del 7,9%. La Toscana ha previsto di diminuire di 7 milioni di euro le spese per il trasporto su rotaia (-3%) e di 18 quelle per il trasporto su gomma (-9). L’Emilia Romagna ha calcolato una riduzione del 3%per il primo, del 5 per il secondo. Il Piemonte ha ipotizzato un -5%(-15 in tre anni) ma non ha ancora deliberato. Tagli di spesa che si sono accompagnati a una riduzione dei servizi e a rincari delle tariffe per i consumatori. Cresciute in dieci anni, come dicono i dati della Cgia di Mestre, del 31,4%(quelle dei trasporti urbani, in 7a posizione) e del 43 (quelle dei treni, al 3 ° posto dopo acqua potabile e raccolta rifiuti). «Tra le prime a muoversi è stata la Liguria che ha aumentato del 25%i ticket dei treni e del 15 gli abbonamenti» , dice Sergio Veroli, vicepresidente di Federconsumatori. Va a Imperia il record dei rincari: «Più 67%per il biglietto (da 90 centesimi a 1,5 euro e da 60 a 90 minuti di validità) e più 52%per l’abbonamento mensile (da 31,5 a 48 euro)» , dicono i dati Asstra. Anche a Genova oggi il biglietto urbano costa 1,5 euro per 100 minuti: è aumentato del 25%. Per l’abbonamento mensile si spende il 19%in più. A Lodi biglietti più cari del 33 e abbonamenti del 36%. A Perugia (da settembre) del 50 e del 31%. Ticket urbani cresciuti del 20%a Bologna, Brescia, Ferrara, La Spezia, Lecco, Livorno e Parma. A Milano, dove a maggio si va alle urne, il biglietto di tram e metro continua a costare un euro. Come a Torino. Ma in Lombardia è partita una prima tranche di aumenti: più 10%per i bus, più 12,39 per i treni. Un secondo balzo all’insù, vincolato al miglioramento di standard di qualità, è poi previsto per maggio. Scelta contestata dai pendolari: «Prima si migliorano i servizi, poi si adeguano le tariffe. Così si addomesticano i parametri qualitativi» , dice Giorgio Dahò, portavoce dei pendolari lombardi. «Aumenti senza miglioramenti della qualità non si giustificano, anche perché con i rincari sono arrivati pesanti tagli dei servizi— aggiunge Veroli —. Vero che le nostre tariffe sono tra le più basse d’Europa ma qui c’è un reale problema di qualità e una mancanza di strategia politica» . «C’è ancora qualcuno a cui interessa il trasporto regionale?» concorda Cesare Carbonari, portavoce dei pendolari piemontesi. Un interrogativo che si pongono anche le aziende di trasporto urbano: «Si parla tanto di lotta a traffico e Pm10 ma poi si tagliano fondi al trasporto pubblico» afferma Marcello Panettoni, presidente dell’Asstra. Non solo. «Con questa incertezza finanziaria la programmazione è bloccata, le tariffe rischiano di essere ulteriormente ritoccate all’insù e i 10 mila tagli al personale del settore tornano a fare paura. La metà di quei 400 milioni serve solo a compensare l’aumento del gasolio del 23%» . Mercoledì le aziende di trasporto locale hanno incontrato il ministro Fitto. Sul tavolo la richiesta di rinviare le gare di affidamento dei servizi da fine marzo a fine anno ma soprattutto di rispettare l’accordo di dicembre Stato-Regioni.