Fabio Isman, Il Messaggero 17/3/2011, 17 marzo 2011
Una Venere per l’anniversario: torna in Italia la “Morgantina” – Torna oggi, dopo 24 anni dall’acquisto per 18 milioni di dollari (ora 13 di euro), e a 32 da quando, dopo 25 secoli, fu tratta dalla terra: un bel modo per celebrare l’Unità d’Italia
Una Venere per l’anniversario: torna in Italia la “Morgantina” – Torna oggi, dopo 24 anni dall’acquisto per 18 milioni di dollari (ora 13 di euro), e a 32 da quando, dopo 25 secoli, fu tratta dalla terra: un bel modo per celebrare l’Unità d’Italia. E’ unica nel suo genere, scolpita nel V secolo, alta 220 centimetri, e a pezzi per il viaggio: pesa 935 chili, e chi la trova la spezza in tre per portarla via. Ora è stata rismontata: è così fragile, che l’operazione può essere compiuta una sola volta. Andrà subito in Sicilia, e gli esperti del Getty la rimonteranno ad Aidone, 5 mila abitanti, provincia di Enna. Perché lei è la Venere di Morgantina, uno dei troppi tesori sottratti al nostro Paese dal 1970 in poi. La sta scortando il maresciallo Salvatore Morando, del Comando per la Tutela del patrimonio culturale dei carabinieri; e la restaurerà Jerry Podany, capo del laboratorio del Getty, che la vide «incrostata di terra all’85 per cento», e capì subito che era frutto di uno scavo recente: clandestino e illegale. Ritornerà in un luogo prosperato dal IX secolo a.C. al 211 a.C., quando i Romani lo radono al suolo: s’era schierato con i Cartaginesi. E finirà in un museo che ancora non c’è: lo stanno allestendo, come rivelano Giannantonio Stella e Sergio Rizzo in Vandali (Rizzoli). Accanto ad altri due tesori, pure da Morgantina, già restituiti: i due Acroliti del VI sec. a.C. allestiti dalla stilista Marella Ferrera, che il Getty di Los Angeles aveva acquistato da Maurice Tempelsman, il “re dei diamanti” che era l’ultimo compagno di Jacqueline vedova Kennedy e vedova Onassis; e un insieme di 16 argenti dorati che rivaleggia soltanto con un paio provenienti da Pompei, rilevato nel 1981 dal Metropolitan Museum di New York per tre milioni di dollari. Povera Aidone, tanto assurdamente depredata. E ognuna di queste antichità, nasconde storie interessanti, di cui, purtroppo, in Italia si parla poco. Raccontano, tra l’altro, l’avidità dei maggiori mercanti internazionali: come l’ormai fallito Robin Symes, che a Londra vende questi reperti, e possedeva 28 depositi nel mondo, per 160 milioni di euro: circa la metà dei 17 mila reperti scavati, di solito di frodo, nel nostro Paese. Ma chi trova gli argenti (con inciso il nome di Eupolemo, che l’archeologo Malcolm Bell III ritrova a Morgantina: si sa anche quale è la casa bruciata dove erano celati), li cede per 110 milioni in tutto delle allora “lirette” a uno dei “trafficanti”, Orazio Di Simone. E chi scava la Venere, la vende, sempre a lui, per 400 mila dollari. Dal “produttore” al “consumatore”, aumentano di valore da 45 a 200 volte: è più della droga. Symes la paga 1,5 milioni di dollari. E della Venere conosciamo tutta la trafila. E’ tratta dal sottosuolo dai due fratelli Campanella; passa poi a un tal Bentivogli; arriva a Di Simone e Symes. E forse, non è neppure Venere: per il celebre archeologo Antonio Giuliano, potrebbe trattarsi di Cerere o Demetra: quella, o come quella, vista da Cicerone nel 70 a.C. davanti al santuario di Enna. Comunque, quando il Getty compera, sa della sua origine del tutto illegale. Lo scrive in una scheda, ne riceve anche 80 frammenti: «Qualsiasi esperto lo poteva capire», dice, a suo tempo, Louis Monreal, capo del Centro di conservazione del Getty. Ma Marion True, allora curator, ora prosciolta con dure parole dai giudici a Roma, spiegava che era «non solo il più grande pezzo antico della nostra collezione, ma la più grande scultura classica negli Usa e in qualsiasi altri, a parte Gran Bretagna ed Egitto». Così è comperata; anche se nel 1987 il responsabile esecutivo del Getty, Harold Williams, dice all’allora direttore del museo: «Noi sappiamo che è rubata, e Symes è un ricettatore» Avallo per l’acquisto, una falsa fattura in cui l’agente di cambio e tabaccaio di Chiasso Renzo Canavesi sostiene di possederla «dal lontano 1939». Scovata da due giornalisti del Los Angeles Times, la nipote spiega: «Ci fosse stata a casa una scultura così, starei otto ore in tabaccheria? Sarei a casa, con i miei figli». E’ un grande merito del sostituto procuratore di Enna Silvio Raffiotta aver fatto luce sull’intera vicenda: «E’ solo la punta di un grande iceberg», disse allora. E poi si è capito: un milione di pezzi scavati, 10 mila indagati, 2.500 solo dall’ex pm di Roma Paolo Giorgio Ferri. Ma in giro per il mondo, oltre 30 musei possiedono ancora tanti “cugini” della Venere, almeno per il modo con cui sono stati scavati; grandi case d’asta stanno ancora vendendo pezzi ritratti, in frantumi e appena scavati illegalmente, nelle polaroid dei “predatori”; e il nostro governo fa davvero troppo poco per chiudere questa orribile vicenda. Bentornata alla Venere, o non Venere.