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 2011  marzo 17 Giovedì calendario

Il sito Treccani? Ti rimanda a Wikipedia - Giuro che non mi sono cercato da solo. Mi spie­go meglio: giu­ro che non so­no stato io a mettere il mio nome e a preme­re «cerca» sul nuovo sito onli­ne e gratuito che permette di attingere all’Enciclopedia de­gli italiani, nuova iniziativa, lanciata in occasione del cen­tocinquantenario, dalla Trec­cani, secolare istituzione enci­clopedica nazionale

Il sito Treccani? Ti rimanda a Wikipedia - Giuro che non mi sono cercato da solo. Mi spie­go meglio: giu­ro che non so­no stato io a mettere il mio nome e a preme­re «cerca» sul nuovo sito onli­ne e gratuito che permette di attingere all’Enciclopedia de­gli italiani, nuova iniziativa, lanciata in occasione del cen­tocinquantenario, dalla Trec­cani, secolare istituzione enci­clopedica nazionale. La colpa è di un’altra perso­na, che, perfidamente, si è mes­sa a vedere cosa sarebbe uscito fuori scrivendo «Giuseppe De Filippi» e affidandosi alla ricer­ca Treccani. Passano pochi mi­nuti e mi manda­un sms con to­no indignato per dire che man­cavano nomi di italiani e italia­n­e a suo dire meritevoli di men­zione e invece, a sorpresa,di no­me c’era il mio, con relativa pic­cola biografia. Ho un fremito di felicità. Non solo per la soddi­sfazione di sapere che nelle au­stere stanze dell’Enciclopedia italiana avevano faticato (ma perché non farmi una telefona­ta e risolvere tutto in 3 minuti?) su chissà quali fonti per rico­struire e raccontare la mia vita. No,non c’era solo legittimoor­goglio. C’era, più forte ancora, la certezza di essere ripagato dopo anni di calunnie. Io, con le mie poche forze, avevo rinun­ciato a combattere, ma ora ci avevano pensato gli esperti del­la Treccani, finalmente. Il torto cui mi riferisco viene perpetrato da anni e (come si applica il concetto di tempo rea­le al passato?) continuamente da Wikipedia. Non so per quale ragione si sono occupati di me. Però lo hanno fatto e mi hanno dedicato una nota biografica. Nella vita non ho combinato chissà quali cose complicate o misteriose, in più tutta la biogra­fia era fatta di poche righe: la possibilità di errori si dovrebbe ridurre al minimo. E invece ci sono più sbagli che parole. Ma, appunto, ecco ora i rigo­rosi biografi della Treccani, chi­ni sulle carte e pronti a ristabili­re la verità. Apro il sito, vedo l’amministratore delegato del­l’Istituzione Franco Tatò che mi sorride sicuro, vedo il presi­dente Giuliano Amato con uno sguardo sereno e profondo, scrivo «Giuseppe De Filippi» e mi ritrovo dove? Su Wikipedia. Penso a un contatto (come si applica l’antico concetto telefo­nico di contatto a internet?). Ri­provo. E finisco di nuovo su Wikipedia. E quindi mi tocca ri­leggere che io avrei cominciato a fare il giornalista nel 1987 col­laborando al Foglio, che però sarebbe nato 10 anni dopo… e anche ad Avvenire e Milano Fi­nanza «affrontando temi di eco­nomia e di linguaggio della co­municazione ». Ma come scri­vete su Wikipedia? E poi cos’è il linguaggio della comunicazio­ne? Io non lo so (figuriamoci se posso affrontarlo…). Una riga sotto scopro che «in Rai (De Fi­lippi) curò il settimanale Epo­ca, storico programma radiofo­nico che parla di comunicazio­ne ed eventi importanti». Be’, grazie per gli eventi importanti (mi sarebbe dispiaciuto occu­parmi di eventi da nulla), ma quando mai è esistito in Rai lo storico settimanale Epoca? E quando mai io ho lavorato in Rai? E poi che è sta fissazione della comunicazione? Un’altra riga e c’è una cosa parzialmente vera: mi è capita­t­o di insegnare alla Scuola supe­riore della Pubblica Ammini­strazione. Tanto per dire però su Wikipedia c’è scritto che ho lavorato nella sede di Caserra (sic): ma non lo avete un corret­tore automatico che vi scrive Caserta? Ma il colpo basso è al­la riga successiva: «dal 2000 al 2004 divenne docente di teoria e tecnica dei nuovi media pres­­so l’Università di Palermo ». Ec­co questo non lo perdono. A me docente di teoria e tecnica dei nuovi media non lo ha mai detto nessuno. Se sapessi con chi prendermela querelerei su­bito. Una cosina semi-vera e poi subito un errore: «lavora a Mediaset dal 2000». Ma no, ra­gazzi, era solo da 8 anni prima che ero al Tg5. Ho provato a cor­reggere, attraverso la meravi­gliosa partecipazione democra­tica del popolo di Wikipedia, ma non c’è stato verso. Qual­che minuto e tornava la versio­ne precedente, compresa l’odiosa «teoria e tecnica». Ma, appunto,alle delusioni non c’è mai limite e anche la fiammella di speranza che avevo affidato alla Treccani si è spenta. A consolarmi è stata una sco­perta successiva. Il rimando a Wikipedia non è stato occasio­nale e limitato al mio caso. È proprio voluto!Nasce dalla bril­lante s­trategia dei capi dell’En­ciclopedia italiana. Tatò al Cor­riere della Sera : «Non c’èalcun duello (con altre fonti di infor­mazione online), noi stessi ospitiamo voci di Wikipedia laddove non arriviamo perché non possiamo proporre pro­prio tutto ». Ma tranquilli scrive ancora il Corriere :«all’Enciclo­pedia assicurano che verrà ga­rantito una sorta di presidio della qualità per preservare il marchio nonostante la gran mole di dati online». Ecco, «una sorta». Lasciatevelo dire da un docente di teoria e tecni­ca dei nu­ovi media all’Universi­tà di Palermo: se sotto al vostro marchio e attraverso il vostro portale fate passare qualun­que stupidaggine la figura de­gli stupidi la fate voi. Ma non mi bastano i nuovi media, io voglio candidarmi an­che alla cattedra di Marketing dell’Università di Palermo e perciò provo a buttar lì un consi­glio. Visto che il 99% di chi non compra l’Enciclopedia e non la usa come portale gratuito lo fa perché passa direttamente da Wikipedia non è geniale fare ar­rivare nel Wiki-mondo anche quei pochissimi che passano at­traverso il vostro storico mar­chio. Va bene la libertà del web ma il sito del Corriere non ri­manda a Repubblica . Non mi fermo più,voglio an­che la­cattedra di Storia contem­poranea all’università di Paler­mo. E quindi mi metto a studia­re usando il vostro sito. Provo a caso, con «foibe» e con eccidio di «Porzûs». Un click e dove so­no? Su Wikipedia. Giuseppe De Filippi *** Errori e strane regole della taroccabile roccaforte della rete - L’altroieri l’amministratore delegato della Trec­c­ani Francesco Tatò e il presidente dell’Istitu­to Giuliano Amato hanno orgogliosamente dato l’annuncio dello sbarco on linedella leg­gendaria enciclopedia con un nuovo fiammante portale: «Con un investimento di 2 milioni di euro siamo passati dall’Enciclopedia italiana all’Enciclopedia degli italiani, disponibile a tutti!». E viva l’Italia. Errori compresi. Infatti parecchie voci del portale Treccani rimandano coloro che vogliono approfondire l’argomento nienteme­no che a Wikipedia. D’accordo che in Rete il concetto di competizione culturale è debole - quasi tutti linkano a quasi tutti e amen- ma linkare proprio alla diretta concor­renza, e soprattutto a una concorrenza ben lontana dagli standard storicamente elevati della Treccani, sembra da parte dell’Istituto un cedimento che ha dell’inspiegabile. A peggiorare le cose, poi, si rischia di mandare il lettore a spiaggiarsi su qualcuna delle ormai celebri «parzialità ide­ologico- scientifiche» di Wikipedia. Che dire, infatti, di quando Wikipedia espulse quattro mesi fa lo studioso Emanuele Mastrangelo perché aveva aggiornato una voce scrivendo una notizia confermata dalla stragrande maggioranza degli storici, e cioè che la fine della Seconda guerra mondiale in Italia assunse il ca­­rattere di una «guerra civile»? Ancora oggi, su Wikipedia. it, non c’è nessun riferimento alla Resistenza sotto la voce «guerra civile». Né alla guerra civile sotto la voce «Resisten­za », se non di sfuggitissima. Quest’ultima voce, però, ri­porta in pratica senza contraddittorio di come «i fascisti non hanno titolo di fare le vittime» (copyright Ermanno Gorrieri). Si dirà: voci calde, «sensibili», dove tutti mettono mano. Ma appunto per questo, non sarebbe meglio dedicargli un’attenta curatela super partes, anziché espulsioni per gli studiosi, come dire, «non allineati»? Ritroviamo strane ambiguità al limite dell’ideologia anche nelle voci dedica­­te all’eccidio di Porzûs ( tanto che l’onorevole Carlo Giova­­nardi fu costretto, lo scorso maggio, a contestare la corret­tezza della relazione storica - in parte copiata da Wikipe­dia- che accompagnava il decreto che tutelava l’interesse culturale delle malghe omonime)e nelle voci dedicate al­­l’attentato di via Rasella ( che diventa un«attacco»),all’ec­cidio dell’ospedale psichiatrico di Vercelli, a Pio XII, al Gruppo di Azione Patriottica (composto da partigiani co­munisti, pertanto degni di qualche «pennellata eroica» più dei partigiani che non lo erano) e a molte altre di im­portanza storico-politica. Rimandando a voci enciclopediche scritte e approvate sostanzialmente attraverso il «consenso» della maggio­ranza dei wikipediani (sia detto al di là del colore politico di ciascuno di essi) e non dopo una serie di concrete, per quanto costose, verifiche da parte di specialisti, il portale Treccani tradisce se stesso e le doti di accuratezza per le quali l’enciclopedia è stata un punto di riferimento per decenni. Ma si sa, stare sul web è un fatto di link, mica di verità. Tommy Cappellini