Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 17/03/2011, 17 marzo 2011
PALENZONA: NON DEMONIZZARE I SOCI LIBICI DI UNICREDIT
Unicredit congela il 7,6%in mano a Bank of Libya e Libyan Investments Authority. Dottor Palenzona, è un problema? «Lo è per la Libia, non per la banca. Il nostro patrimonio non è toccato. Il consiglio funziona anche in assenza del vicepresidente Bengdara» . Vi imbarazza Gheddafi primo azionista? «I soci sono la banca centrale e il fondo sovrano, non le persone. L’ingresso di Bank of Libya fu condiviso e autorizzato da tutti. Anche per il futuro, seguiremo la politica estera dell’Italia e dell’Europa. Ma sul piano generale, regolatori e governi dovrebbero riflettere meglio sul ruolo degli investitori sovrani e sul controllo dei movimenti dei capitali, che talvolta hanno fini politici» . Da quando l’oro puzza? «Un tempo si diceva: quanto più libera è la circolazione dei capitali tanto migliore sarà la loro allocazione. Ora, i riflessi economici della crisi araba e il tracollo del sistema del debito facile consiglierebbero di rimettere al centro le imprese, non la finanza fine a sé stessa. Ah, se avessimo ascoltato di più Maranghi!» . Che c’entra Maranghi? «Eh, il successore di Cuccia aveva capito tutto prima. In particolare, non credeva ai miti della dimensione e della contendibilità. Giustifichiamo le megafusioni perché così, in un mercato che abbiamo deregolato, i nuovi gruppi non saranno comunque scalabili. Ma non sarebbe più semplice lasciare alle banche centrali adeguati poteri di vigilanza anziché lamentarsi poi delle banche troppo grandi per fallire? Sbaglierò, ma la direttiva Ue, che alza le soglie di partecipazione rilevanti ai fini autorizzativi, è ormai sorpassata» . Rieccheggia Fazio? «E perché no, essendo vergin di servo encomio?» . Pentito allora di aver preso Capitalia? «Il dubbio se lo è posto anche Profumo» . Unicredit è scalabile? «In modo strisciante no: per statuto, nessuno vota per più del 5%. Ma un’Opa, se autorizzata da Banca d’Italia e Antitrust, farebbe decadere il vincolo» . Eppure, i libici al 10-15%avrebbero cambiato molto. «L’indipendenza della banca non è mai stata in discussione, così come la sua vocazione internazionale. Bank of Lybia ha investito 750 milioni nelle obbligazioni cashes (quasi azioni, che entravano patrimonio di vigilanza, ndr.) e 150 nell’aumento di capitale. E fu bene. È oggi facile demonizzare i libici. Ma per noi si trattava e si tratta di favorire un mercato unico del Mediterraneo, che aiuti anche i processi democratici e la pace, come ci insegnarono De Gasperi, Schumann e Adenauer» . Ma poi il fondo sovrano ha comprato azioni senza dirvelo. «Il consiglio non sapeva, ma il fondo comprava attraverso Unicredit» . E così, secondo il presidente Rampl, è venuta meno la fiducia in Profumo. «Non commento. Abbiamo convenuto con Profumo di non entrare in dettagli» . Bella trasparenza! «Capisco, ma perché stupirsi per questo caso e tacere sugli altri?» . Se si abolisse la clausola del silenzio? «Bene. Purché valga per tutti» . Che cosa determinò il tramonto di Profumo? «Ogni ciclo manageriale descrive una parabola. La sua è salita quando estendeva l’avviamento di Unicredit alle acquisizioni in Italia, Germania, Polonia. Con Capitalia e la crisi non è più accaduto. Ora è tempo di consolidare. Con l’attuale amministratore delegato, Federico Ghizzoni, e il management. Ma la storia di Profumo si intreccia con quella delle fondazioni. Senza Profumo e il suo team, le fondazioni non avrebbero avuto il patrimonio che hanno, al di là del rendimento successivo dell’investimento, sul finire negativo. Senza fondazioni che non hanno avuto paura a diluirsi per favorire lo sviluppo, nemmeno Profumo non sarebbe stato Profumo. Le fondazioni sono una risorsa, non un problema» . Per questo i sindaci del Nord cercano di addomesticarle. «Gli statuti delle fondazioni non danno la maggioranza agli enti locali. Le casse di risparmio appartenevano alle comunità, non ai comuni. Certo, un partito può raggiungere l’egemonia sulla società civile e, con gli anni, anche su una fondazione. Ma il fatto che ci voglia tempo consolida i passaggi ed evita a tutti i prezzi dell’instabilità» . Le fondazioni vogliono dividendi, le regole di Basilea III richiedono aumenti di capitale. «Dov’erano i mercatisti nell’autunno della Lehman quando bisognava salvare Unicredit da una speculazione irragionevole? La resistenza ebbe successo per merito del governo che, annunciando i Tremonti bond, fece vedere il salvagente ai mercati. E per merito dei soci stabili, fondazioni in testa, che sottoscrissero ben oltre le quote di competenza l’aumento di capitale che ci evitò di usare il salvagente» . Il governatore Draghi invita le banche a rafforzare il patrimonio. «Siamo d’accordo» . Le banche sistemiche come Unicredit dovranno avere un patrimonio di vigilanza del 10%. «La Banca d’Italia difende le specificità delle banche italiane. Il nostro rischio è inferiore e diverso: abbiamo assai meno titoli tossici delle banche Usa e dell’Eurozona e un po’più sofferenze. Alla fine delle consultazioni, Basilea III ne dovrà tener conto. Unicredit, peraltro, già ha più dell’8,5%. Non ci spaventa, se del caso, salire ancora» . Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, dubita che le fondazioni abbiano le risorse. «In generale, le hanno, e comunque faranno la loro parte» . Dopo Profumo, cambia qualcosa per voi in Mediobanca? «Cito Ghizzoni: è una partecipazione strategica. Siamo il primo azionista. Assicureremo stabilità e libertà d’azione al management. Che verrà giudicato sui risultati» . Ma non siete concorrenti? «Sono molte più le aree di collaborazione delle altre» . Ecco l’asse Unicredit-Mediobanca. «Piano con gli assi. Ciascuno conserva piena autonomia. Ma se talvolta Unicredit aveva dato l’impressione di volersi estraniare, questo non accadrà più» . Il primo punto d’incontro è il caso Ligresti. «Siamo i principali creditori della filiera dell’ingegnere, dalle società personali a Premafin-Fonsai. E’interesse comune dei creditori e dell’impresa una gestione più efficiente e un azionista rigoroso» . Premafin ha rotto con Groupama. Ma anche senza i francesi gli aumenti di capitale vanno fatti. Unicredit vi prenderà parte? « Unicredit tutelerà gli interessi propri e del cliente. Poiché Ligresti è nostro socio e consigliere, il consiglio dovrà deliberare all’unanimità. E tener conto di che cosa faranno le altre banche creditrici, a cominciare da Intesa Sanpaolo» . Vostra fiera rivale. «Nostra concorrente. Con la consapevolezza che esistono tavoli dove si può e spesso è bene convergere» . La soluzione data a Telecom? «Dopo un primo innamoramento ce ne siamo usciti; mi mancano quindi un po’di informazioni, ma direi che è prevalsa la saggezza. Bernabè è un patrimonio per Telecom» . Nel 2004 Profumo propose a Mediobanca di vendere le quote di Generali e Rcs. Senza successo. Era un’altra Mediobanca. Oggi? «Nell’interesse suo e del Paese, Mediobanca ritiene strategica Generali, dove può esercitare la stessa funzione di Unicredit in piazzetta Cuccia. D’altra parte, a differenza di altri, alcuni soci rilevanti, tra i quali Caltagirone, imprenditore cartesiano senza fronzoli e uomo libero, e la Fondazione Crt, possono ragionare sul lungo termine in sintonia con Mediobanca» . E su Rcs? «Credo che Mediobanca debba uscire dall’editoria. Vi era entrata dopo la P2. L’Italia è cambiata. Ma sarebbe bene uscire assieme agli altri garantendo l’indipendenza del Corriere dal potere politico e dai poteri economici anche sul piano formale e societario. Per capirci, banche e assicurazioni hanno gli stessi conflitti d’interesse dei grandi industriali. Un editore puro o una public company vera, con i giusti statuti, sarebbero meglio» . Ultimo ma non ultimo punto. Roberto Mercuri, suo collaboratore, è stato messo agli arresti domiciliari. «Potrei dire che nel 2004, epoca dei fatti, non lo conoscevo ancora, ma ci tengo a ripetere per lui quanto disse Cossiga del sottoscritto quando si trovò a rispondere a un magistrato: "E’un galantuomo e lo dimostrerà"» . Massimo Mucchetti