Giuseppe Berta, Il Sole 24 Ore 17/3/2011, 17 marzo 2011
QUELL’AUTO CHE SPACCA L’EUROPA IN DUE MERCATI
Il mercato dell’auto si conferma un sensore efficace delle tendenze economiche. Ieri da molte parti si è preso atto con sollievo che le vendite di autoveicoli hanno registrato un segno positivo nell’Unione europea. Una crescita del mercato che non raggiunge nemmeno l’1% rispetto all’analogo periodo del 2010 potrebbe sembrare persino troppo contenuta per essere presa in seria considerazione, ma in realtà il raffronto va fatto col febbraio del 2009, quando la flessione nella domanda si era manifestata in tutta la sua portata, in seguito al dilagare della crisi. Rispetto a due anni fa, le vendite sono oggi in crescita del 3%, anche dopo la conclusione dei programmi d’incentivazione dei consumi legati alla rottamazione delle vecchie vetture.
Certo, la distanza con l’epoca antecedente alla crisi appare ancora notevole, visto che le vendite odierne sono inferiori del 16% rispetto a tre anni fa. Tuttavia, i dati relativi alla Germania (il primo mercato continentale per l’auto), che ha fatto segnare un incremento del 15,2% delle vendite, e anche della Francia, dove sono aumentate del 13,2%, grazie anche al perdurare dell’effetto positivo delle politiche di incentivazione, fanno presagire un consolidamento dei consumi nelle aree più forti dell’Europa.
Da un altro punto di vista, tuttavia, si è accentuato il divario fra le due parti d’Europa contraddistinte da opposte congiunture di mercato. Anche il settore dell’auto deve rilevare l’esistenza di uno spartiacque, che divide un continente dove l’economia viaggia a due velocità. In Spagna, la situazione resta molto pesante, se si considera che le vendite sono crollate del 27,6% rispetto all’anno passato. C erto, siamo lontani dal dimezzamento subìto dalla Grecia, ma i valori restano preoccupanti, come dimostra il caso dell’Italia, anch’essa con una perdita del 20,5%, a testimonianza che non si è avuto alcun recupero, dopo la fine degli incentivi, che hanno lasciato un considerevole strascico negativo, di cui è difficile pronosticare il superamento a breve.
Infine, esistono realtà intermedie come il Regno Unito, dove il mercato è in flessione del 7,7%, a riprova della nuova fase di ripiegamento che sta attraversando negli ultimi mesi l’economia britannica.
La domanda d’auto, dunque, come specchio di un’Europa scissa tra le aree dove la ripresa è visibile e quelle che ancora non ne intravedono i segni. Va detto che dove il rilancio dell’economia si manifesta, esso sembra premiare anzitutto i produttori continentali, i primi a recuperare posizioni, mentre le marche extracontinentali, a cominciare da quelle giapponesi, subiscono una limatura delle loro posizioni di mercato. In questa cornice, spicca naturalmente il primato europeo della Volkswagen, ma esso è meno pronunciato di quanto ci si potrebbe attendere. Con una quota del 20,8%, la casa di Wolfsburg risulta saldamente in cima alla classifica dei produttori europei, ma con una perdita dell’1% rispetto al febbraio 2009. I vantaggi maggiori se li assicurano in questo momenti i marchi francesi: Psa si attesta su una quota di tutto rispetto pari al 14,9%, mentre Renault mette all’attivo un aumento del 2,3% della propria quota. In regresso, invece, i marchi asiatici, a iniziare da Toyota. In controtendenza soltanto Nissan, in virtù dell’alleanza con Renault, che potrebbe forse evolvere in un’integrazione più stretta, se il gruppo guidato da Carlos Ghosn uscirà dai problemi in cui è precipitato in queste ultime settimane a causa di un’oscura vicenda interna al proprio management.
E la Fiat? La Fiat vede anch’essa scendere la propria quota al 7,6%, una flessione che continua a imputare all’effetto di risacca provocato dalla fine degli incentivi sul mercato italiano. Torino continua a essere forte nei segmenti in cui è più radicato il suo insediamento, come quelli presidiati da modelli di successo come la Panda e la 500, mentre il marchio Alfa riprende qualche frazione percentuale grazie alla buona accoglienza della Giulietta. La prova del fuoco deve ancora venire. Essa è rimandata al tentativo di recupero che verrà attuato con la commercializzazione delle auto progettate in America ma distribuite con i marchi italiani. Un test importante perché dirà se funziona l’incrocio tra prodotti, mercati e marchi a cui Sergio Marchionne ha affidato l’efficacia dell’integrazione con Chrysler.
In generale, tuttavia, è troppo presto per considerare i dati europei di febbraio come il sintomo di una svolta su cui il mercato continentale si starebbe assestando. Non va dimenticato che segnali nettamente migliori sono venuti in febbraio dagli Usa, dove però si temono i contraccolpi del brusco rialzo dei prezzi del petrolio. In Europa, dove il quadro economico permane più debole e frastagliato, le conseguenze dell’accentuata situazione di incertezza su cui si è aperto il 2011 potrebbero essere ancora più gravi e mettere in forse i timidi cenni di progresso appena percepiti.