Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi 17/3/2011, 17 marzo 2011
Bahreïn, molto pericoloso l’intervento dell’Arabia - Lo Stato del Bahreïn è una spugna di petrolio situata nel Golfo Persico
Bahreïn, molto pericoloso l’intervento dell’Arabia - Lo Stato del Bahreïn è una spugna di petrolio situata nel Golfo Persico. Ha pochi abitanti. E un’enormità di barili di petrolio sotto i piedi. È perciò uno Stato artificiale, molto diverso dagli altri Paesi che, nel mondo, hanno uno stesso reddito e che quindi non può essere assimilato alle logiche di questi ultimi. La maggior parte dei suoi cittadini inoltre sono inattivi e vengono, in sostanza, mantenuti dallo Stato. Coloro che, lavorando, tirano avanti (alla grande, bisogna pur dire) l’intero Paese, nei diversi livelli di attività, sono quasi tutti lavoratori o professionisti stranieri. I bareinesi infatti preferiscono starli a guardare. In questo Paese, ovviamente, non c’è povertà. Anzi, si assiste a un welfare state ipertrofico e generalizzato che non ha, al contrario di ciò che si verifica oggi in tutti gli altri Paesi del mondo, nessun problema di sostenibilità, grazie all’imponente rendita petrolifera. La situazione nel Bahreïn quindi è ben diversa da quella della Tunisia dove la rivolta si è innescata sull’aumento del prezzo del pane che impediva a vasti strati della popolazione di togliersi letteralmente la fame. Il Bahreïn inoltre è guidato da una leadership politica sunnita mentre la maggioranza della popolazione è sciita. Ed è proprio quest’ultima componente, maggioritaria nel Paese, che si è rivoltata, ritenendosi (peraltro motivatamente) discriminata dagli uomini sunniti del re Hamad Ben Issa al-Khalifa. Il Bahreïn poi, essendo uno staterello super-ricco e con pochi abitanti (è una sorta di Montecarlo molto più ricco), non dispone di vere forze armate ma solo di polizia. Ecco perché, per domare la rivolta dei «shebabs» (i giovani) che è in atto da più di un mese, il Bahreïn, dopo aver tentato di sedarla con le forze di polizia disponibili, ha chiesto l’intervento dell’Arabia Saudita con la quale confina. E l’Arabia Saudita, rispondendo all’appello del re del Bahreïn (anche perché, a sua volta, l’Arabia Saudita è interessata a spengere il possibile contagio), ha mobilitato il Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) determinando così l’intervento delle forze armate da questo controllate che, per il momento, sono esigue e quasi simboliche. Assumendo questa decisione, l’Arabia Saudita corre però dei grossi rischi perché potrebbe svolgere il ruolo del pompiere-piromane. Essendo infatti l’Arabia Saudita un Paese a maggioranza sunnita, il suo sbarco nel Bahreïn può essere visto come un intervento destinato ad aggravare la «fitna» cioè la divisione sciitti-sunniti che, nel mondo arabo-musulmano, è una sorta di miccia. Molto meglio però di un intervento Usa che sarebbe catastrofico in quest’area.