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 2011  marzo 16 Mercoledì calendario

IL TRICOLORE, PER VOCE ARANCIO

«Adoperiamoci perché in ogni famiglia, in ogni casa ci sia un tricolore a testimoniare i sentimenti che ci uniscono fin dai giorni del glorioso Risorgimento. Il tricolore non è una semplice insegna di Stato, è un vessillo di libertà conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di eguaglianza, di giustizia, nei valori della propria storia e della propria civiltà» (Carlo Azeglio Ciampi, 4 novembre 2001 durante la celebrazione del 140esimo anniversario dell’unità nazionale a Dan Martino della Battaglia).

L’articolo 12 della Costituzione stabilisce che «la bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni». Sembra semplice, in realtà la questione è piuttosto complicata. Il Codice Pantone, l’azienda statunitense che produce il sistema internazionale d’identificazione dei colori universalmente accettato, parla chiaro. Per fare una vera bandiera italiana occorre un fern gree (verde felce, codice 17-6153), un bright white (bianco acceso, 11-0601) e uno scarlet red (rosso scarlatto, 18-1662). La sequenza corretta, da sinistra a destra, partendo dall’asta, è verde, bianco, rosso. Stando alle indicazioni riportate sul sito del Governo sotto la voce “cerimoniale” un autentico vessillo italiano da esterno deve misurare tre metri per due oppure 4,5 x 3 (asta da balcone, quattro metri; asta da terra, otto). Per gli interni, invece, basta uno da 1,5 x 1 metri con un’asta da 2,5.

Il 7 gennaio, giornata nazionale della bandiera (istituita dalla legge numero 671 del 31 dicembre 1996).

Che cosa fare per riporre la bandiera: non bisogna ripiegarla all’americana (prima a metà e poi a triangoli, chiudendo con le stelle), ma prima in tre parti, seguendo le fasce dei colori, e poi in quadrati, accompagnando il verde in esterno.

Al Quirinale le prime due sale sulla destra nel pianterreno, dove gli ospiti subito dopo il controllo aspettando per essere ricevuti, sono dedicate alla storia della bandiera italiana.

Padre del tricolore è considerato Giuseppe Compagnoni, anche se i primi a ideare l’accostamento dei colori furono nell’autunno del 1794 due studenti dell’università di Bologna, Luigi Zamboni e Giombattista De Rolandis. Il tricolore fa la sua comparsa nel 1796 con Napoleone, che l’adotta come vessillo della legione lombarda della Repubblica Transpadana. Non si tratta però di una vera e propria bandiera nazionale. Soltanto l’anno dopo, con l’occupazione francese dell’Emilia Romagna, il tricolore è scelto come bandiera della nascente Repubblica Cispadana. Modificata nella disposizione dei colori, con la scomparsa di Napoleone il tricolore cade in oblio. Ricompare nel 1831 con la Giovine Italia di Giuseppe Mazzini nella versione a bande verticali che ancora oggi conosciamo. Se si escludono lievi modifiche alla tonalità dei colori e la presenza dello stemma dei Savoia prima e della Repubblica Sociale dopo, la bandiera è giunta ai giorni nostri quasi intatta. Nel 1946 l’Italia repubblicana conferma la bandiera tricolore a strisce verticali ed elimina qualunque stemma centrale.

L’esposizione delle bandiere negli edifici pubblici, regolata da un preciso cerimoniale. Negli edifici statali è esposta prima di quella europea. Ordine diverso su edifici regionali, provinciali e comunali. Prima c’è quella europea, poi l’italiana, a seguire i vessilli di Regione, Provincia, Comune. Se c’è un ospite straniero, la bandiera del paese ospite negli edifici pubblici può assumere per ragioni di cortesia la prima posizione, lasciando inalterate le altre. Se l’ospite è un paese dell’Unione Europea, l’ordine corretto sugli edifici statali è: paese ospite, bandiera europea e tricolore. Se nelle sedi di Comuni e Province è prevista l’esposizione di quattro bandiere, quella regionale viene per prima, seguono l’italiana, l’europea e quella del Comune/Provincia. Se nella sede dell’ente c’è un ospite straniero, la bandiera ospite è seconda tra quella europea e quella italiana. Chiudono la fila le bandiere di Regione/Provincia/Comune.

La signora Lucia Massarotto, che per anni ha esposto il tricolore dalla finestra della sua casa di Riva degli Schiavoni, a Venezia, sfidando gli insulti dei leghisti.

«Ha dell’incredibile ma è pura realtà. Ad Asti non l’ho trovata. Ieri ho dedicato tutto il pomeriggio dragando i negozi di via Po, via Roma, via Garibaldi e dintorni. Niente. Cosa cercavo? Il tricolore. Volevo acquistare una bandiere italiana fatta come si deve e non quella mezza velina dei campionati di calcio. Ho chiesto a una coppia di vigili: lui mi ha indirizzato, con la probabilità del dubbio, all’emporio della Juventus in via Garibaldi, la vigilessa al chiosco dei giornali in piazza Castello. Cadevano dalle nuvole […] Negozi che potrebbero inserire nella loro merceologia anche la bandiera, pezzo di grande smercio in questo periodo, invece si limitano ai loro prodotti […] Ho deciso: manderò mia moglie dalla sartina di una volta con tre pezze, ne farò fare due, una a disposizione di qualche altro cocciuto come me. Spero che il Presidente della Repubblica non legga questa mia lamentela» (lettera alla Stampa del 7/2/2011).

Dall’estate scorsa, complici i Mondiali di calcio, fino agli ultimissimi giorni, la vendita di tricolori di ogni forma e dimensione è stata in continua ascesa.

Il caso di Concorezzo, cittadina brianzola di seimila abitanti. Eventi e incontri per festeggiare il 150esimo anniversario non mancano, scarseggia la coreografia. Si fa avanti Aybin Mao, 37 anni, cinese da vent’anni in Italia, amministratore delegato della Ab. M srl. Alle bandiere, dice, ci penserà lui. Detto fatto: Mao ne fa arrivare dalla Cina 500 piccole per i bambini e 1500 di un metro per sessanta, una per ogni famiglia residenti nel comune. Spiega: «La festa del Paese che ci ospita è anche nostra, è un piccolo gesto di amicizia per l’Italia e la comunità di Concorezzo che ci ha accolto, un passo verso l’integrazione».

Ora che la produzione dei gadget tricolori sta vivendo un momento molto positivo, c’è da chiedersi: “da dove vengono le bandiere che abbiamo messo fuori dalla finestra di casa?”. L’Assoprom, associazione italiana produttori e distributori di articoli pubblicitari e promozionali, teme i prodotti contraffatti. Dice il presidente, Marco Busini: «Nel mondo degli oggetti promozionali ci sono moltissime produzioni fatte nei paesi asiatici ed extraeuropei. Non intendiamo criminalizzare il prodotto che viene dall’estero, il problema è però che, in alcuni casi, i gadget realizzati in altri Paesi vengano dichiarati made in Italy».

Produttori artigianali di bandiere, dice Giovanni Nizzola de La Nazionale manifattura di Milano, laboratorio nel cuore dei Navigli milanesi dove si fanno bandiere dal 1920, «saremo una ventina» in tutta Italia. Perché si fa presto a dire tricolore, una bandiera per essere tale deve avere certe caratteristiche. Prima di tutto il materiale, il nylon nautico, «tessuto che sembra abbia trame molto ampie per permettere alla bandiera di sventolare» e di asciugarsi. Altra caratteristica da cui non si può prescindere, l’artigianalità del vessilli, confezionati a mano e poi controllati uno per uno. Da questo laboratorio, tra i suoi clienti le forze armate, decine di comuni, uffici pubblici, escono 10mila tricolori l’anno.

Roberto Carlini, di mestiere venditore di articoli militari in via Cernaia 6 a Torino dal 1967. A Dicembre aveva esposto in vetrina il cartello “A Natale regala il tricolore”, ora l’ha sostituito con “Regala il tricolore… è bellissimo”. Racconta: «Normalmente vendo una trentina di bandiere all’anno ma da gennaio a oggi ne avrà vendute oltre cento, molto più che in occasione dei Mondiali o delle Olimpiadi». Nel suo negozio la misura più piccola, 70 x 100, costa 15 euro. Per l’esterno Carlini consiglia quella in nylon nautico, un metro per uno e mezzo, che costa trenta euro: sopporta caldo, freddo, pioggia e sole e si può lavare in lavatrice. Per chi vuole esporre la bandiera in salotto può andare bene la versione in cotone o in nylon leggero: stesse misure, 20 e 25 euro. Ci sono poi bandierine da tavolo (7,5 euro), coccarde, spille, stemmi ecc. In un solo mese per il tricolore Bianchini ha battuto 400 scontrini.

Le bandiere su misura di Roberto Carlini: in cotone doppio, frangiato, con le tre bande cucite singolarmente. Pronte in una settimana, costano duecento euro.

Racconta Walter, bancarelliere di via di Sant’Antonio a Firenze, che le bandiere le vende tutto l’anno: «Ne hanno chieste tantissime, soprattutto per gli uffici, avevo ancora quelle del Mondiale di luglio e le ho finite velocemente, non credevo ci fosse questa domanda, l’ho capito troppo tardi. Venerdì sono riuscito ad averne quaranta ma le ho pagate molto care e sono stato costretto ad aumentare il costo da cinque a sette euro. Ne ho vendute 14 nella sola mattinata di sabato».

Strategia degli ambulanti che passeggiano per le vie del centro delle città italiane: mettersi accanto ai palazzi super imbandierati così chi passa pensa “la voglio anch’io” e la compra subito. Di solito se le fanno pagare dai tre ai cinque euro l’una.

«Ho acquistato via internet un tricolore: costo dieci euro, più francobollo, più Iva anche sulle spese postali. Totale 17 euro. Un aumento del 70% con un solo passaggio di mano. Al posto dello stemma (sabaudo o marinaro) dovremmo ricamare “Iva”» (lettera al Corriere della Sera dell’1/2).

Anche su internet è tricolore-mania. Flagsonline.it riserva in homepage uno spazio ai 150 anni dell’unità d’Italia e propone tricolori scontati del 20% e vessilli regionali al 10% in meno. Prezzi: da 10 euro in su spese postali escluse. Il “set Italia” comprende: base in plastica e cemento, asta in ferro cromato da 200 cm, pomello, bandiera da 100 x 150 cm in poliestere nautico a 75 euro. Prezzi simili anche su vendita bandiere.it: a 9,95 euro si può ordinare una bandiera da 90 x 150 cm con due asole in ottone per il fissaggio all’asta.

Una curiosità. Come mai se i colori della nostra bandiera sono verde, bianco e rosso nelle competizioni sportive gridiamo “Forza azzurri?”. La risposta riporta alle Guerre d’Indipendenza: tra il 1848 e il 1860 Carlo Alberto usò come bandiera il tricolore napoleonico aggiungendoci al centro lo stemma dei Savoia, uno scudo crociato bianco e rosso circondato da un colore blu-azzurro. L’azzurro diventa il colore dello sport italiano nel primo Novecento e riesce a superare la stessa caduta della monarchia.