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 2011  marzo 16 Mercoledì calendario

IL PAPA SOFFERENTE CHE PREDICAVA LA GIOIA - «S

tanco e malato, alla fine della vita, ricevendo una delegazione cinese, quando sentì un cortese richiamo a un eventuale viaggio a Pechino, il vecchio Papa si ravvivò e si dichiarò disponibile di fronte a una nuova frontiera da varcare: "Magari"disse» : prendo queste righe dalla pagina 439 della biografia di Papa Wojtyla (Giovanni Paolo II, edizioni San Paolo) scritta da Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Significativo è il rimando in nota, per quell’istantanea sul Papa viaggiatore che desiderò e non potè visitare la Russia e la Cina: testimonianza dell’autore, vi si legge. Cioè Riccardi era presente a quell’incontro del Papa con i cinesi. La pubblicazione di questa biografia, alla vigilia della beatificazione del Papa polacco, è un piccolo evento per gli studi sul papato contemporaneo, al quale l’instancabile Riccardi ha già dedicato una decina di impegnativi volumi. Essa è insieme opera dello specialista del papato e dell’amico del Papa, del cercatore delle fonti e del testimone presente quasi ininterrottamente ai grandi appuntamenti del Pontificato romano lungo gli ultimi trent’anni. Riccardi utilizza la sterminata letteratura su Wojtyla, ma attinge anche — e nessuno fino a oggi l’aveva fatto — ai volumi del «Processo di beatificazione e canonizzazione» dai quali riporta — per esempio — le deposizioni dei cardinali Bertone, Deskur, Martini, Medina Estevez, Sfeir. Cita documenti riservati che ha consultato in riserve ancora inesplorate: dal Fondo Giulio Andreotti dell’Istituto Sturzo all’Archivio di Stato di Parma, dove sono conservate le «carte» del cardinale Casaroli. Riferisce di una quantità straordinaria di colloqui personali con i quali ha indagato i fatti e la loro interpretazione: dai cardinali Angelini, Dziwisz, Etchegaray, Husar, Lopez Trujillo, Re, Ruini, Sepe, Silvestrini ai politici Amato e Kohl. In una ventina di pagine riferisce parole raccolte in propri «colloqui» con Giovanni Paolo II in occasione degli eventi che viene narrando. Più importante: in sette diverse pagine riporta brani di un «colloquio dell’autore con Benedetto XVI» e nella premessa al volume lo ringrazia per aver avuto quell’opportunità di fare domande a Papa Ratzinger su Papa Wojtyla. «L’ho visto sofferente, ma mai triste» , dice per esempio in una di quelle pagine Benedetto a Riccardi: «Egli, fin dall’inizio del suo pontificato, parlava di un nuovo Avvento. Sperava che, nella storia, si affermasse un tempo di gioia del cristianesimo» . Trovo qualcosa di drammatico in queste pacate parole: il Papa tedesco ora proclama beato il Papa polacco che sperava in un «tempo di gioia» che non abbiamo avuto. O non abbiamo colto. «Al momento della sua elezione — dice ancora il successore parlando del predecessore— il vero problema da affrontare era uscire dalla crisi della Chiesa in quegli anni. Bisognava praticare la massima fedeltà al Concilio Vaticano II. Si doveva purificare anche la recezione del Concilio. Non era soprattutto necessaria una riforma strutturale, ma una profonda riforma spirituale» . Sembra la situazione di oggi. Forse un giorno gli storici guarderanno ai pontificati di Giovanni Paolo e Benedetto come a un’unica impresa. «Tessiamo la stessa tela» ha detto Ratzinger nel libro intervista Luce del mondo. Sul Wojtyla invalido dell’ultimo periodo Papa Ratzinger parla genialmente di «governo della sofferenza» : «Si può governare anche con la sofferenza. Dopo un lungo pontificato e dopo tanta vita attiva da parte del Papa, era significativo ed eloquente un tempo di sofferenza, che quasi divenne un tipo di governo» . Il volume ha tredici capitoli e propone la chiave interpretativa più convincente nel penultimo, intitolato con due parole a ossimoro: «Governo carismatico» . «È stato un Papa che ha esercitato il suo ministero in maniera carismatica» è la formulazione sintetica, che viene svolta così: «Alla complessità dei problemi della Chiesa il Papa risponde non solo e non tanto con il governo, ma con altri aspetti del suo ministero: l’insegnamento, la liturgia, i viaggi, i contatti. Tutto questo agire è attraversato da un forte carisma personale» . Conclusione: «Ha più stimolato il nuovo o lo straordinario che controllato e diretto l’ordinario» . Sapendo che Riccardi frequentava Giovanni Paolo II e oggi frequenta Benedetto XVI, uno tende a pensare che questo volume voli alto e trascuri le questioni spiacevoli, ma non è vero. C’è un paragrafo intitolato «Le finanze e i cambiamenti dell’Est» che parla in dettaglio degli aiuti inviati a Solidarnosc da tante agenzie del mondo cattolico internazionale con la partecipazione, certa anche se non documentabile, dello Ior di Marcinkus. «La proposta del cardinale Martini e la Cei di Ruini» è un altro paragrafo caldo, dove si n a r r a c o m e Wojtyla abbia scommesso su Ruini, che contestava la leadership martiniana sull’episcopato italiano a metà degli anni Ottanta. Anche sulle difficoltà di intesa di Papa Wojtyla con il cardinale Casaroli, Riccardi non è reticente. Sull’andamento del Conclave che elesse Wojtyla all’ottavo scrutinio, con 99 voti su 111, Riccardi fa propria la ricostruzione fornita ben presto da Andreotti a seguito di conversazioni con amici cardinali. Ampia è la trattazione nel volume delle iniziative ecumeniche e interreligiose del Papa di Assisi e della moschea di Damasco. Ma il meglio è nell’intuizione del «governo carismatico» e nella sua dimostrazione.