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 2011  marzo 15 Martedì calendario

«Se attaccate la Libia ci alleiamo con Al Qaida L’Italia? Mi ha tradito» - La telefonata da Bab al Azizya, la cittadella fortificata al centro di Tripoli dove vive Muam­mar Gheddafi, arriva in mattinata

«Se attaccate la Libia ci alleiamo con Al Qaida L’Italia? Mi ha tradito» - La telefonata da Bab al Azizya, la cittadella fortificata al centro di Tripoli dove vive Muam­mar Gheddafi, arriva in mattinata. «Tieniti pronto, il leader ti aspetta» dicono gli uomini del Colonnello. In realtà passeranno oltre quattro ore prima di intervistare in esclusi­v­a il nemico numero uno della co­munità internazionale. Bab Al Azizya ha diversi muri di fortifica­zione e ad ogni passaggio unità speciali, che assomigliano ai mari­nes per l’equipaggiamento, ti pas­sano ai raggi X. Poi ti fanno attende­r­e in una palazzina usata come an­ticamera per gli ospiti servendo tè alla menta. Oltre ai reticolati, le feri­toie e i blocchi anticarro spunta ogni tanto qualche postazione messa in piedi di recente con i sac­chetti di sabbia. Ad un certo punto i pretoriani di Gheddafi mi scortano nella cer­chia più interna della cittadella for­tificata. Ed il mondo cambia. Un va­sto prato verde, palme, poche guar­die­armate ed un’incredibile muc­ca pezzata, che bruca l’erba, nean­che fossimo in Svizzera. L’intervi­sta si fa rigorosamente sotto una grande tenda in mezzo al piccolo parco. Dentro è colorata di verde e spartana, a parte gli enormi condi­zionatori ed una tv al plasma. Il co­lonnello in tenuta da beduino co­lor terra arriva al volante di una macchinetta elettrica. Mi presen­to con un «Salam aleik » («la pace sia con te»)e lui sorride.Ordina su­bito niente foto e telecamere. Solo i suoi uomini possono scattare qual­che immagine. Ci sediamo su del­le poltrone un po’ impolverate at­torno ad un tavolino basso. Fra noi solo un telefono ed un pulsante, forse per far intervenire le guardie che non si fanno vedere. Gheddafi sembra di buon umo­re e da vicino appare in forma, an­che se con qualche ruga di troppo ed i capelli riccioluti visibilmente tinti. Non solo è alla mano, ma ogni tanto ridacchia alle domande più scabrose. Cerco sempre di in­crociare il suo sguardo, ma ad un certo punto inforca gli occhiali da sole a goccia. Nell’intervista con Il Giornale ne spara di tutti i colori. Le sue truppe marciano su Bengasi, la roccaforte ri­belle. Siete pronti a ricon­quistare la Cirenaica con la forza militare o utiliz­zando anche il negoziato? «Dialogo con chi? Il popolo è dal­la mia parte. La gente ci chiede di intervenire dicendo “liberateci da queste bande armate”. Negoziare con i terroristi legati ad Osama Bin Laden non è possibile. Loro stessi non credono al dialogo, ma pensa­no solo a combattere e ad uccide­re, uccidere ed uccidere. La sua idea della situazione a Bengasi è completamente sbagliata. La po­polazione ha paura di questa gen­te e dobbiamo liberarla». Scusi, ma il capo del Consi­gli­o nazionale dell’opposi­zione, Mustafa Abdel Jalil, era il ministro della Giusti­zi­a libico fino a poche setti­mane fa. Non tutti i ribelli sono terroristi... «La gente di questo Consiglio è come se fosse ostaggio di Al Qaida. Li stanno temporaneamente usan­do. Il Consiglio è una facciata, non esiste. Alcuni militari che ne fanno parte ci hanno detto che non ave­vano alternative: o accettavano o li avrebbero sgozzati come faceva Al Zarqawi (il terrorista di Al Qaida uc­ciso in Irak nda )». Quanto tempo ci vorrà per riconquistare la Cirenaica in mano ai ribelli? «Non hanno speranze, per loro è una causa oramai persa. Ci sono solo due possibilità: arrendersi o scappare via. Questi terroristi uti­lizzano i civili come scudi umani, comprese le donne». Non teme che un attacco al­le grandi città in mano ai ribelli possa finire in un ba­gno di sangue? «Dobbiamo combattere il terro­rismo. Per questo stiamo avanzan­do rapidamente prima di evitare massacri». Però state negoziando con le cabile, le tribù libiche, per evitare il peggio... «I terroristi non stanno a sentire né le cabile, né il sottoscritto, né lei. L’ordine alle nostre truppe è di cir­condarli, metterli sotto assedio. Poi spero e prego Allah che accetti­no la resa senza combattere met­tendo in mezzo i civili. Se si arren­deranno non li uccideremo». Misurata, la terza città del paese, è già assediata. Co­me andrà a finire? «I terroristi verranno processati, ma la gente normale, che è stata fuorviata, verrà perdonata. Ci sarà clemenza se abbasseranno le ar­mi ». La comunità internaziona­le pensava fin dall’inizio che lei fosse spacciato... «Non sanno cosa accade vera­mente in Libia ( e comincia a ridac­chiare). Il popolo è con me. Il resto è propaganda. Posso solo ridere». La Libia aveva un ottimo rapporto con l’Italia e lei personalmente con il pre­sidente del Consiglio Sil­vio Berlusconi. Come giu­dica la netta presa di di­stanza e le mosse del gover­no italiano? «Sono realmente choccato dall’ atteggiamento dei miei amici euro­pei. In questa maniera hanno mes­so in pericolo e danneggiato una serie di grandi accordi sulla sicu­rezza, nel loro interesse e la coope­razione economica che aveva­mo ». Con Berlusconi c’era an­che un rapporto persona­le... «Sono talmente choccato, mi sento tradito: non so che dire a Ber­lusconi ». Ma è vero che ci sono con­tatti con il governo italia­no? «Io non ho più alcun contatto con l’Italia e Berlusconi. C’è, però, la possibilità che il ministero degli Esteri libico e altre autorità siano in contatto con gli italiani». L’Eni ha grandi contratti e joint venture per lo sfrutta­mento del petrolio e del gas in Libia. Cambierà qualcosa? «Penso ed auspico che il popolo libico riconsidererà i legami econ­o­mici e finanziari e anche quelli nel campo della sicurezza con l’Occi­dente ». Significa che volete rescin­dere i contratti energetici con l’Italia? «Quando il vostro governo sarà sostituito dall’opposizione ed ac­ca­drà lo stesso con il resto del’Euro­pa il popolo libico prenderà, forse, in considerazione nuove relazioni con l’Occidente». Lei ha lanciato l’allarme: una marea di immigrati in­vaderanno l’Europa e per prima l’Italia. Il pericolo è reale? «Se al posto di un governo stabi­le, che garantisce sicurezza, pren­dono il controllo queste bande le­gate a Bin Laden gli africani si muo­veranno in massa verso l’Europa. E il Mediterraneo diventerà un ma­re di caos. Per il momento la stri­scia di Gaza è ancora piccola, ma si rischia che diventi grande. Tutto il Nord Africa potrebbe trasformarsi in una sorta di Gaza. Per Hamas è una buona notizia». A livello internazionale si sta parlando di imporre al­la Libia una zona di non sorvolo e la Francia sem­brava pronta a bombarda­re. Qual è la sua reazione? «Penso che il signor Sarkozy ha un problema di disordine mentale (ed il Colonnello si batte il dito indi­ce sulla tempia per spiegarsi me­glio). Ha detto delle cose che posso­no saltar fuori solo da un pazzo». Pensa che gli americani torneranno a bombarda­re la Libia come nel 1986? «Se diventano matti, come Rea­gan, lo faranno. Noi combattere­mo e vinceremo. Una situazione del genere servirà solo ad unire il popolo libico». Se supererà la crisi è pron­to a fare un passo indietro lasciando spazio a suo fi­glio Seif al Islam e a rifor­me? «Lo decideranno i libici attraver­so i Comitati popolari ed il Con­gresso del popolo (una specie di Parlamento nda ). Le riforme van­no bene e pure per mio figlio, se la scelta verrà dal popolo l’accette­rò ». Il presidente tunisino Ben Ali è fuggito. Quello egizia­n­o lo hanno costretto a riti­rarsi a Sharm el Sheik. Non ha paura di finir ma­le? ( Gheddafi capisce la do­manda e fa una risata) «Sono ben diverso da loro. La gente sta dalla mia parte e mi da la forza. Non ho paura». Neppure di venir processa­to per crimini di guerra? «Qualsiasi commissione inter­nazi­onale può venire in Libia a ren­dersi conto sul terreno cosa è acca­duto veramente». Non teme di finire come Saddam Hussein? (Il tra­duttore a questa domanda sbianca e ci gira attorno parlando più vagamente del destino dell’Iraq. Il co­lonnello capisce e ridac­chia) «No, no, la nostra guerra è con­tro al Qaida, ma se loro (gli occiden­tali) si comportano con noi come hanno fatto in Iraq, la Libia uscirà dall’alleanza internazionale con­tro il terrorismo. Ci alleiamo con al Qaida e dichiariamo la guerra san­ta ».