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 2011  marzo 15 Martedì calendario

Ecco tutti i punti trascurati: dalle off-shore ai Tulliani - Sorvoliamo sull’inchiesta penale della casa di Montecar­lo che doveva «solo» appurare se il prezzo di vendita dell’ap­partamento monegasco era congruo oppure no (e quando s’è scoperto che era di quattro volte inferiore s’è deciso di non tenerne più conto e girare il tutto al giudice civile)

Ecco tutti i punti trascurati: dalle off-shore ai Tulliani - Sorvoliamo sull’inchiesta penale della casa di Montecar­lo che doveva «solo» appurare se il prezzo di vendita dell’ap­partamento monegasco era congruo oppure no (e quando s’è scoperto che era di quattro volte inferiore s’è deciso di non tenerne più conto e girare il tutto al giudice civile). Sorvo­liamo sulla circostanza che i pm non hanno mai interroga­to i due maggiori protagonisti dell’ affaire estivo (il signor Fini e il signor Tulliani) ma si sono preoccupati di iscrivere sul re­gistro degli indagati il presiden­te della Camera solo il giorno della richiesta d’archiviazio­ne. Sorvoliamo pure sul detta­glio che l’autorità giudiziaria si è ben guardata dall’investiga­re sulle off-shore di Saint Lucia che hanno acquistato l’appar­tamento donato dalla contes­sa Anna Maria Colleoni ad An in quel di Montecarlo (società costituite guarda caso pochi giorni prima del business) e che le autorità caraibiche fan­n­o risalire direttamente a Gian­carlo Tulliani, cognato di Gian­franco, presidente del partito cui la casa era stata donata per «una buona battaglia». INTERROGATORIO? NO GRAZIE Sorvoliamo per carità di pa­tria. E concentriamoci sui mi­steri del caso Fini-Tulliani: nel 2008 una società off-shore (Printemps ltd) acquista da An l’immobile donato dalla con­tessa Colleoni in Boulevard Princesse Charlotte 14 a un quarto del suo valore.Di lì a po­co lo rivende per soli 30mila eu­ro in più a un’altra off­shore ( Ti­mara ltd) che ha sede sociale allo stesso indirizzo dello Stato insulare ai Caraibi. Perché? Per nascondere la tracciabilità dell’operazione?Per dimostra­re che l’inquilino Tulliani (quello che aveva proposto a Fini l’operazione conoscendo la Printemps) è lì per caso tan­to che paga 1.600 euro al me­se? Bah. A forza di scavare il Giornale scopre che entrambe le società (Printemps e Tima­ra) fanno parte di un complica­to network di scatole societa­rie nel quale operano perso­naggi come James Walfenzao (presente al primo rogito con An, e addirittura domiciliario delle bollette personali dell’af­fittuario Tulliani). FIRME E SOCIETA’ Un rompicapo, anche perché chi ristruttura la casa non sa se paga Tulliani (sempre presen­te ai lavori) o i proprietari della Timara.Un giorno,però,spun­ta­il contratto d’affitto dove pro­prietario e affittuario hanno la stessa firma. Vuol dire che so­no la stessa persona? Quanto alla conoscenza della compra­vendita e dello stato dei lavori, Fini giura di non aver mai sapu­to nulla, poi si contraddice riv­e­lando una data che non poteva conoscere (quella della secon­da compravendita) e a seguire nega altre cosucce.Come l’esi­stenza di offerte fatte al partito per l’acquisto dell’immobile: inquilini, testimoni vari, il suo ex commercialista, ben due se­natori suo partito. Persino nel­­l’atto dei pm che chiederanno l’archiviazione vi è la prova del­la sua «non verità» sulle offerte extra, ricevute e ignorate. Im­barazzato e all’angolo, Fini ha giocato spesso con le parole raccontando, per esempio, d’aver avuto l’«abbocco» im­mobiliare dal cognato ( «esper­to nel settore », cosa che non ri­sulta nel Principato) e di aver dato mandato a Pontone di vendere una volta che gli uffici di An avevano valutato «con­gruo » il prezzo. Peccato che la «congruità» si riferiva a nove anni prima, e che con 300mila euro nel 2008 ci si poteva com­prare un box auto o poco più (mentre il commercialista Apolloni Ghetti ha dichiarato che nel 2002 arrivò a offrire 1,3 milioni di euro). I LAVORI DI ELISABETTA E ancora. Gianfranco Fini ha sempre negato di esser mai sta­to a Montecarlo, eppure più te­stimoni sostengono il contra­rio. Non ultimo un pezzo da no­vanta di Monaco, l’immobilia­rista Luciano Garzelli, fiducia­rio del principe Casiraghi che parlò con l’ambasciatore italia­no tartassato da Tulliani e che si scambiò le mail con la signo­r­a Tulliani e con il suo architet­to per le ristrutturazioni da svolgere. Garzelli ha chiesto inutilmente alle toghe romane di ascoltarlo: «Il signor Tulliani mi chiamò da Roma, era inizio luglio, mi disse testualmente che il presidente Fini con la sua compagna erano stati nel­l’appartamento il giorno pri­ma e per una perdita d’acqua il parquet si era sollevato e che non sono potuti neppure en­trare. La signora Tulliani dava istruzioni sia tramite il loro ar­chitetto, via mail. Non era il si­gnor Tulliani, era la signora Tulliani che dava istruzioni». Ma insomma, Fini sapeva o non sapeva di questa casa a Montecarlo? In un celebre soli­loquio sul web, pure lui qual­che dubbio sul cognato se l’è posto. E se n’è uscito così: «Se si scopre che la casa è sua (del cognato, ndr ), mi dimetto». I governanti di Saint Lucia han­no scoperto che la casa è di Tul­liani, ma il nostro com’è noto non s’è dimesso. LA CUCINA BOOMERANG Inchiodato alla poltrona. Sicu­ro quanto il giorno in cui ci ac­cusò di esserci inventati la sto­ria della cucina Scavolini mo­dello Scenery, «trattata perso­nalm­ente da Fini e dalla sua si­gnora insieme a uno stock di se­die e tavoli per una casa al­l’estero », di cui ci avevano par­lato due di­pendenti del mobili­ficio romano Castellucci. Pub­blicammo l’ordinativo della cucina, l’intervista agli impie­gati. Ma lui, ci rise dietro. Il suo entourage fece il resto: «Quella cucina nemmeno c’entra a Montecarlo!». Tempo qualche giorno e Finì si pentì d’aver par­lato. Trovammo le fatture dei lavori, parlammo con gli ope­rai, rintracciammo le fotogra­fie della cucina (stesso model­lo, stesso colore) che a differen­za di quel­che diceva Gianfran­co nella casa di Montecarlo era installata al centimetro: Scavo­lini, la meno amata dai finiani.