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 2011  marzo 16 Mercoledì calendario

Quanto rischiamo per la radioattività? - Ieri i nostri esperti di sicurezza nucleare, di fronte all’aggravarsi dell’incidente ai reattori della centrale di Fukushima, hanno invitato gli italiani che si trovano in Giappone per turismo a rientrare in patria

Quanto rischiamo per la radioattività? - Ieri i nostri esperti di sicurezza nucleare, di fronte all’aggravarsi dell’incidente ai reattori della centrale di Fukushima, hanno invitato gli italiani che si trovano in Giappone per turismo a rientrare in patria. C’è dunque la possibilità di assorbire una dose di radiazione molto pericolosa? Si tratta di una misura opportuna dal momento che la situazione a Fukushima è in rapida evoluzione e potrebbe peggiorare da un’ora all’altra. Le ultime notizie sono davvero drammatiche. La popolazione locale è in grave pericolo, lo dimostra l’ordine di evacuazione. Per chi si trova a Tokyo e in località a sud della capitale finora il rischio è ancora limitato: il livello di radioattività ha superato la soglia di attenzione ma la dose assorbita rimane paragonabile a quella comportata da una radiografia. Tuttavia è bene che chi può rientri in Italia sia per la propria sicurezza sia per non complicare il lavoro della protezione civile giapponese. Che cosa deve fare chi ha in programma un viaggio in Giappone? Per gli stessi motivi chi avesse previsto una vacanza in Giappone in questo periodo farà bene a rimandare il viaggio fino a quando l’incidente non sarà concluso. Un aereo che arrivi in Italia dall’aeroporto di Tokyo può portare con sé inquinamento radioattivo? No. Potrà capitare che sull’aereo si imbarchi qualche passeggero proveniente dai dintorni della centrale, e che questa persona porti su di sé minime tracce di polveri radioattive, ma ciò non comporta rischi per gli altri passeggeri. Per chi temesse di aver raccolto polveri sospette, è sufficiente fare una doccia e uno shampoo e poi indossare abiti puliti. Si corrono rischi a mangiare pesce crudo proveniente dal mare del Giappone? Nessun rischio. Di solito il pesce crudo che arriva sulle nostre tavole non è di provenienza giapponese. Ma anche fosse, occorre parecchio tempo prima che attraverso la catena alimentare le sostanze inquinanti si accumulino passando dal plancton ai molluschi e ai piccoli pesci fino a concentrarsi in pesci di grandi dimensioni come i tonni e gli squali. Comunque non risulta che ci sia stata l’immissione in mare di sostanze radioattive. L’acqua marina usata per il raffreddamento di emergenza si attiva a contatto con le barre di combustibile ma non viene reintrodotta nell’ambiente. Anche in questa eventualità, poi, la contaminazione si diluirebbe in tempi brevi. Basti dire che all’inizio dell’era nucleare, quando la sensibilità per la tutela dell’ambiente non era quella di oggi, si ipotizzò di scaricare le scorie delle centrali in mare aperto. L’acqua marina è debolmente radioattiva per la presenza di uranio, e le scorie avrebbero modificato di ben poco la situazione naturale. Meglio non farlo, però!... Se il nocciolo dei reattori di Fukushima dovesse fondere, la radioattività emessa potrebbe arrivare fino in Italia? La distanza del Giappone è tale che anche una grossa quantità di materiale radioattivo (gas e polveri) si disperderebbe nell’atmosfera fino a diventare quasi inoffensiva prima di raggiungere l’Italia. E’ però opportuno con modelli di simulazione prevedere dove le correnti dell’alta atmosfera portano l’eventuale inquinamento per mettere in allerta le popolazioni interessate. L’atmosfera è caotica, bisogna tenerne conto. Nel caso di Cernobil dopo uno spostamento a nord la nube radioattiva discese verso il centro Europa e le piogge depositarono polveri radioattive, in particolare Cesio 137, Iodio 131 e Stronzio 90. Può succedere la stessa cosa? A Cernobil il reattore era regolato a grafite (il sistema più antiquato, quello che adottò Enrico Fermi per la prima pila atomica nel 1942), e la grafite alimentò per giorni e giorni un incendio che iniettò nell’alta atmosfera una grande quantità di polveri. Ciò non può succede con i reattori giapponesi. C’è tuttavia la possibilità che il nocciolo dei reattori fonda disperdendo forti dosi di radioattività? Se non viene raffreddato, il nocciolo dei reattori si surriscalda e a circa 1200˚C l’ossido di uranio contenuto nelle pastiglie di combustibile fonde. In mancanza di refrigeranti, la temperatura continua a salire, e quando supera i 3800˚C il miscuglio di combustibile nucleare, prodotti di decadimento e metallo delle barre può arrivare all’ebollizione. Certo sarebbe un esito catastrofico per il Giappone e i paesi vicini ma nemmeno in questo caso in Europa si avrebbe qualcosa di paragonabile a Cernobil.