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 2011  marzo 16 Mercoledì calendario

Biografia di Walter Chiari

La vita incredibile di un comico allegro -
Come lui nessuno mai, e avrà di che spaventarsi Alessio Boni, che pure fisicamente gli somiglia parecchio, a farlo rivivere prossimamente in un film tv per la Rai. Walter Chiari è morto da quasi vent’anni (l’anniversario cade a dicembre) ma la sua fantasia vitale non ha lasciato eredi: immaginatevi, ma si va solo per approssimazione, un Fiorello a ventimila volts, un Peter Sellers nato nel Nord Italia da immigrati pugliesi, un David Letterman degli Anni Sessanta.

Le celebrazioni sono cominciate ieri sera a Milano, la città che più di tutte è rimasta la sua, con l’inaugurazione di una mostra nel foyer del Teatro Dal Verme e con la presentazione del libro di Michele Sancisi «Walter Chiari, un animale da palcoscenico», edito da Mediane. Tonnellate di foto dal fascino cocente: Walter che fa fare il botto alla bottiglia di Piper accanto a una Lucia Bosè ventenne e sorridente, Walter con Ava (Gardner) e con Ave (Ninchi), vestito da Diabolik e mentre fa la pubblicità della Carne Simmenthal, a Manhattan e in Australia, a Fregene con Mina e in camerino con Totò. In attesa delle memorie, ancora senza titolo, che suo figlio Simone Annicchiarico farà uscire a dicembre per Baldini Castoldi Dalai. E proprio con Simone, «uno che, per dire, da bambino ha dormito cinque notti nello stesso letto con Macario, e che con papà ha fatto la più meravigliosa delle vite», vien voglia di saperne di più.

«E allora cominciamo col chiarire che Walter Chiari era Walter Chiari sempre», attacca Simone. «Peter Sellers aveva una comicità irresistibile, e certi fuori onda di Oltre il giardino dove nessuno riesce a rimanere serio, nemmeno il regista Hal Ashby, mi hanno fatto venire in mente papà. Però dicono tutti che, fuori dal set, Sellers fosse un uomo di una noia abissale. Non Walter. Anzi, lui per la vita vera riservava il meglio: per me, per le cene con gli amici, per i miei compagni di scuola. Affascinava tutti dai quattro ai novant’anni. Merito anche della sua cultura sterminata, che si era costruito da completo autodidatta, senza maestri e senza preconcetti. Mia nonna era maestra elementare, mio nonno poliziotto. In origine erano braccianti, emigrati dalla Puglia prima a Verona e poi a Milano. Papà aveva abbandonato gli studi, ma aveva letto tutto e preso il meglio dalle persone speciali che conosceva in continuazione».

In quella fantasmagorica età dell’oro dov’era possibile che un italiano venuto dalla rivista debuttasse a Broadway, in The Gay Life diretto da Herbert Ross, e che, come racconta Simone, «Orson Welles venisse a vederlo estasiato tutte le sere e poi gli proponesse una parte in un suo film», Walter Chiari, secondo una frase di Dino Risi citata nel libro di Sancisi, «parlava, parlava, e, a differenza di quelli che parlano, parlano, diceva anche delle cose intelligenti». Con il mondo romano del cinema non legò mai del tutto, e anzi ne rimase scottato. L’ultima volta in modo feroce, quando alla Mostra di Venezia del 1986 perse all’ultimo momento una Coppa Volpi che credeva già sua, e della quale si era già rallegrato al telefono con Gianni Agnelli e Pietro Barilla. Piuttosto, era una bestia da teatro, un talento naturale del palcoscenico: «l’anello di congiunzione con la vecchia guardia di prima della guerra», ricorda Simone, «Perché negli Anni Quaranta era stato il capocomico più giovane di tutti, e con i Macario, i Dapporto e i Totò conservò un rapporto di filiazione più forte rispetto, per esempio, a Vianello, Tognazzi e gli altri. Anche se consideravo Ugo come uno zio: andavamo a vedere il Milan insieme. E da Sandra e Raimondo passavo i weekend».

Annicchiarico junior ha scelto anche lui lo spettacolo, ma «non sa raccontare le barzellette», confessa. Sarà mica una questione edipica? «Mi ritengono tutti una persona divertente, ma le barzellette proprio no». C’è qualcuno che, oltre al Sellers di quei fuori onda, gli ricorda suo padre? «Spesso mi citano Fiorello, ma io questa somiglianza proprio non riesco a vederla. Mia madre la coglie, per me sono due oggetti completamente diversi. Non faccio questioni di qualità: Fiorello è perfetto per i tempi di oggi, con Walter Chiari non ha nulla a che spartire. C’entra di più Grillo, che però ora è stato fatto fuori dalla tivù». Un’ultima cosa, Simone: ma è vero che suo padre fece a pugni con Ernest Hemingway? «Eccome, un match in bagno, nella casa di Cuba. Hemingway gli disse: ma è vero che sei stato campione di boxe? Era vero sì, campione lombardo pesi piuma nel 1939. Gli propose un incontro in cucina, ma la signora Hemingway non era d’accordo. Credo sia stata una cosa accennata, papà non avrebbe mai fatto male a un signore di una certa età. Non faceva male neanche alle mosche. Si alzava, le acchiappava e le faceva volare da un’altra parte».