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 2011  marzo 15 Martedì calendario

COM’È AMARA L’ACQUA PER I PESCI

Di tutte le classi di animali del nostro Paese, quella che presenta la maggiore percentuale di specie a rischio d’estinzione è costituita dai pesci d’acqua dolce, con l’ 85%di candidati alla scomparsa, seguiti dagli anfibi (76%), rettili (69%), uccelli (66%), mammiferi (64%). Pur se poco presenti nelle cronache e nelle denunce degli ambientalisti, come accade per i mammiferi e gli uccelli, questi componenti della fauna italica rivestono un notevole interesse, dal punto di vista scientifico ed economico. Una recente indagine condotta sul campo da 600 volontari del Wwf lungo trenta fiumi dal Friuli alla Sicilia, ha fornito dati sconfortanti sullo stato di gran parte di essi. Prelievi, legali o abusivi, di acqua, distruzione della vegetazione riparia, inquinamenti, sottrazione di ghiaia e sabbia dagli alvei, discariche solide sulle rive, cementificazione delle sponde, bracconaggio, canalizzazioni e sbarramenti a scopi idroelettrici hanno quasi ovunque degradato i corsi d’acqua arrecando danni pesantissimi alla fauna ittica. Ma a queste aggressioni, più note e visibili, si accompagnano quelle determinate dall’invasione, nei corpi idrici, di specie ittiche aliene che causano gravi danni a quelle indigene. E’ da tempo che i pescatori sportivi (che hanno collaborato alla ricerca) denunciano i problemi provocati da immissioni, volontarie o meno, di elementi estranei alla nostra fauna in competizione ecologica con le specie indigene. Tra i pesci esotici — oltre a quelli già «naturalizzati» da anni come il persico trota, il persico sole e la trota iridea provenienti dall’America del Nord— spiccano la lucioperca dell’Europa centrosettentrionale, l’abramide e soprattutto l’immenso e vorace siluro del Danubio (due metri e mezzo di lunghezza e fino a 300 kg di peso) grande distruttore di ciprinidi ma anche di piccoli mammiferi, anfibi e giovani uccelli acquatici. Le principali vittime di queste intrusioni sono i pesci nostrani. Gli studi dell’ittiologo Sergio Zerunian e altri, pubblicati dal ministero dell’Ambiente, ne hanno considerati alcuni che rischiano di seguire le sorti dello storione comune e della lampreda di fiume, considerati ormai estinti per l’Italia. I più in pericolo sarebbero la trota macrostigma del Meridione e delle Isole maggiori, la trota marmorata del Nord Italia, il carpione del Garda, la lampreda padana e la lampreda di ruscello, lo storione cobice dei fiumi Po, Adige, Brenta, Piave e Tagliamento, il panzarolo della Padania, il ghiozzo di ruscello dell’Italia centrale e il carpione del Fibreno (che vive solo in un piccolissimo lago in provincia di Frosinone). Segnali positivi in questo preoccupante panorama vengono ad esempio dalla riforestazione naturalistica delle golene del Po in provincia di Mantova, le operazioni di conservazione della trota marmorata sull’Adda in collaborazione con lo Spinning Club Italia, la difesa del papiro sul fiume Ciane — unico luogo in tutto il Mediterraneo, compreso l’Egitto, ove questa mitica pianta ancora vegeti — e l’aumento registrato della rara lontra su diversi fiumi del Meridione, dal Sele all’Agri, dal Sinni all’Ofanto. Ma anche nel settore, piuttosto dannoso, degli sbarramenti fluviali creati a scopo idroelettrico (che producono il 70%delle energie rinnovabili) giungono buone notizie. Il 25 febbraio è stato presentato al MAXXI di Roma il progetto CH2OICE (Certification for HydrO: Improving Clean Energy), realizzato da esperti di Francia, Spagna, Italia, Slovenia e Slovacchia in armonia con la Direttiva europea sulle acque, che prevede una certificazione volontaria e un «bollino verde» per gli impianti idroelettrici che rispettino l’ambiente fluviale. Tra gli altri accorgimenti, è prevista la costruzione, accanto alle dighe e agli sbarramenti, di speciali «scale» per pesci che consentano alle specie anadrome — come gli storioni, la savetta, l’alosa, la lasca e la lampreda padana — di risalire verso le limpide acque atte alla riproduzione ove completare il loro ciclo vitale.