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 2011  marzo 15 Martedì calendario

Verdetto sul crocifisso «Unico simbolo negli uffici pubblici» - ROMA — A quattro giorni dal verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo, che in modo inappellabile dovrà esprimersi sulla legittimità della presenza dei crocifissi nelle scuole italiane (una decisione molto attesa da parte dei vertici della Chiesa), la Cassazione ha stabilito che «il principio di laicità dello Stato» non può essere «assolutamente» posto «in dubbio» a motivo della presenza del crocifisso nelle aule di giustizia o negli altri uffici pubblici

Verdetto sul crocifisso «Unico simbolo negli uffici pubblici» - ROMA — A quattro giorni dal verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo, che in modo inappellabile dovrà esprimersi sulla legittimità della presenza dei crocifissi nelle scuole italiane (una decisione molto attesa da parte dei vertici della Chiesa), la Cassazione ha stabilito che «il principio di laicità dello Stato» non può essere «assolutamente» posto «in dubbio» a motivo della presenza del crocifisso nelle aule di giustizia o negli altri uffici pubblici. Mentre per esporre altri simboli religiosi, ad esempio quelli della religione ebraica, ci vuole una nuova legge dello Stato. Con questa motivazione le sezioni unite civili della Suprema Corte hanno confermato la rimozione di Luigi Tosti, il giudice di pace del tribunale di Camerino, sanzionato dal Csm con la perdita del posto, visto che, pur essendogli stata assegnata un’aula senza crocifisso per tenere le sue udienze, aveva continuato a rifiutarsi di lavorare, perché contestava la presenza del crocifisso in tutte le aule di giustizia d’Italia. Con ciò stesso aveva creato un disservizio che, correttamente il Csm ha sanzionato con il suo «verdetto» disciplinare. Fra l’altro, si legge nella motivazione della sentenza, l’esposizione del crocifisso negli uffici pubblici, può non essere affatto vissuto come un pericolo per la libertà religiosa di chi non è cristiano. «La presenza di un crocifisso — scrive il massimo organo giurisdizionale — può non costituire necessariamente minaccia ai propri diritti di libertà religiosa per tutti quelli che frequentano un’aula di giustizia per i più svariati motivi e non solo necessariamente per essere tali utenti dei cristiani» , scrivono i supremi giudici. Ma la sentenza della Cassazione ha stabilito anche un secondo principio: e cioè che nei pubblici uffici italiani, tra i quali rientrano anche le aule di giustizia, si può esporre solo il simbolo del crocifisso e per esporvi simboli religiosi diversi «è necessaria una scelta discrezionale del legislatore, che allo stato non sussiste» . Questo ad esempio vale anche per i simboli della religione ebraica, come chiedeva il giudice Tosti. Il radicale Maurizio Turco, presidente di «anticlericali. net» , contesta anche questo aspetto della «quanto meno curiosa» decisione, «se non altro perché il crocifisso viene appeso a seguito di una circolare fascista del ministero di Grazia e giustizia del 29 maggio del 1926, sulla quale il legislatore non si è mai espresso» . Per il resto, soddisfazione bipartisan. Dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al deputato del Pd, Stefano Graziano, al vicepresidente dei senatori del Pdl, Laura Bianconi. «Staccarlo dal muro è azione barbara e crudele» ha detto il senatore della Lega Giuseppe Leoni. L’imam Yahya Pallavicini, della Coreis, ha dichiarato: «Come musulmani, non abbiamo nessuna riserva sulla presenza del crocifisso nei tribunali» . Il senatore del Pd, e costituzionalista, Stefano Ceccanti, sostiene che «dalla Cassazione arriva una sentenza che l’Europa può confermare» , segnalando che «essa si muove nel solco della sentenza Folgero contro Norvegia della Corte di Strasburgo del 29 giugno 2007, che potrebbe ispirare anche la sentenza di venerdì prossimo» . «Secondo la Cassazione— spiega Ceccanti— il principio di laicità dello Stato nel nostro ordinamento non esclude la presenza del crocifisso e di simboli religiosi nello spazio pubblico perché le istituzioni sono separate dalle confessioni religiose, ma non dalla società civile in cui vivono anche le esperienze religiose, anche se il singolo può legittimamente richiederne la rimozione» . «Nel caso Folgero la Corte di Strasburgo riconobbe che nell’impostare l’insegnamento della materia cristianesimo, religione e filosofia, la Norvegia aveva il diritto di basarsi sulla storia nazionale e la tradizione, ma che aveva anche il dovere di prevedere l’esonero. Una soluzione analoga a quella adottata in Baviera per i crocifissi nelle scuole» . M. Antonietta Calabrò