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 2011  marzo 15 Martedì calendario

Moschin boccia Amici miei: “Un limone spremuto” - Si chiamava Rambaldo Melandri, faceva l’architetto, ed era talmente fissato con le donne che, una volta, troppo preso da un amplesso appassionato, si accorse dell’Arno in piena quando l’acqua fluiva già impetuosa sotto il suo balcone

Moschin boccia Amici miei: “Un limone spremuto” - Si chiamava Rambaldo Melandri, faceva l’architetto, ed era talmente fissato con le donne che, una volta, troppo preso da un amplesso appassionato, si accorse dell’Arno in piena quando l’acqua fluiva già impetuosa sotto il suo balcone. Gastone Moschin, 81 anni, che lo ha interpretato per tre volte, nell’intera saga di Amici miei (i primi due titoli diretti da Mario Monicelli, il terzo da Nanni Loy), non ha nessuna voglia di andare a vedere il prequel di Neri Parenti, da mercoledì nelle sale in 500 copie: «Vado pochissimo al cinema», dice vago. Ma la ragione non è solo questa. Qual è il suo parere su quest’operazione di ripescaggio? «Viviamo in democrazia, non ho un parere, ognuno ha il diritto di fare quello che vuole, di tornare indietro, a una cosa di trent’anni fa...Però è un fatto che Monicelli non abbia voluto fare neanche il terzo film perché si era stufato, sentiva che il filone si era esaurito, le trovate mancavano, insomma il limone era stato spremuto abbastanza». Sa che nelle dediche che chiudono la pellicola, il nome di Monicelli non c’è? «Davvero? Ma che cosa ha combinato De Laurentiis? Beh, ma è una mancanza di delicatezza, non mi meraviglio più di niente, però è incredibile, hanno ricordato Monicelli agli Oscar e non lo ricordano in questo caso...Sa che cosa vuol dire? Che noi artisti siamo delle mucche da mungere, quando non abbiamo più latte da dare, non contiamo più niente e veniamo dimenticati». Se qualcuno le avesse chiesto di partecipare al nuovo film, lei avrebbe accettato? «Nessuno me lo ha chiesto, e in ogni caso non avrei accettato, sarei stato fuori tempo per via dell’età, e comunque ci sono cose che riescono una volta e basta, non si possono ripetere». Come ricorda l’esperienza di quei film? «Il bello era la compagnia, il ritrovarsi insieme a fare una cosa piacevole, lo stare tutti in Toscana. Anche Monicelli si divertiva, con lui la sceneggiatura veniva rispettata passo passo, e noi seguivamo le sue indicazioni con partecipazione affettuosa, anche perché le vicende che interpretavamo erano inventate solo in parte, l’altra parte era frutto di materiale autentico». Vi aspettavate un successo così grande? «Assolutamente no, anzi, siamo rimasti sorpresi di tutto quel riscontro positivo». Secondo lei perché tanti italiani si sono innamorati di quelle storie? «Non saprei, tra l’altro alcuni scherzi erano credibili, altri erano al limite della sfacciataggine, eppure il pubblico ci è stato, ci ha creduto...Forse per via della tristezza». In che senso? «Le vicende di Amici miei sono pervase da una grande malinconia, penso a quella scena in cui siamo tutti in un luna-park di periferia, è domenica sera, e pensiamo al giorno dopo, alle preoccupazioni, cose da fare...In quella sequenza ci ritrovavamo molto, e forse si è ritrovato anche il pubblico, la tristezza della domenica sera, quella che viene anche se hai passato una bellissima giornata, ma sai che dopo viene il lunedì, e si ricomincia, non c’è niente da fare. E’ il lunedì della vita, con i soliti affanni che rendono le nostre esistenze quello che sono». Ieri Aurelio De Laurentiis ha ricordato che la regia di «Amici miei» doveva essere di Pietro Germi il quale invece morì prima dell’avvio delle riprese. «Infatti, la questione della malinconia, forse, ha a che vedere anche con questo. Ricordo di aver incontrato Germi, che allora era già malato, e di aver parlato con lui del film, continuava a dire che Amici miei avrebbe dovuto rendere il senso di un addio a certe avventure, ai compagni di gioventù. Insomma, aveva in testa l’idea di un commiato sottinteso». Che cosa successe quando si seppe della fine di Germi? «Stavamo girando e, in modo vergognoso, non andammo nemmeno ai funerali». Può succedere che cambi idea e vada a vedere «Amici miei Come tutto ebbe inizio»? «Ma sì, se mi capita vado a vederlo».