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 2011  marzo 15 Martedì calendario

«INFLAZIONE ALIMENTARE VERSO IL 5%»

Sale la febbre dei prezzi: alla fine di quest’anno i listini al consumo dei prodotti alimentari potrebbero segnare un’impennata del 5% generata dal boom delle materie prime e quindi giustificabile con la grande distribuzione: Filippo Ferrua, 64 anni, neo presidente di Federalimentare, è molto chiaro e non nasconde che il rally dei prezzi internazionali presto si scaricherà anche sui consumatori. E poi aggiunge, con altrettanta franchezza, il suo punto di vista sui benefici di una semplificazione delle associazioni aderenti a Federalimentare e sullo scarso coordinamento anti contraffazione delle istituzioni.

«Purtroppo – esordisce Ferrua – il balzo delle commodity del 44% si è scaricato sui prezzi alla produzione con un +5% a gennaio. Ed è un trend che, entro l’anno, finirà inevitabilmente col rimbalzare sui prezzi alimentari al consumo. Il peso dei costi della materia prima rappresenta il 70% del fatturato e quindi gli incrementi violenti delle quotazioni hanno effetti dirompenti sull’industria».

L’industria funziona, entro certi limiti, da ammortizzatore degli aumenti: tiene in pancia una parte degli aumenti. Ora?

In questi casi l’industria viene a trovarsi tra l’incudine e il martello, potendo trasferire solo in parte, e per giunta con grandi ritardi, gli aumenti, anche a causa dello scarso potere contrattuale che vanta nei confronti della grande distribuzione.

I distributori lamentano aumenti eccessivi non trasferibili ai consumatori.

Ognuno fa il suo mestiere, ma non mi sembra che sia difficile trovare argomentazioni valide dopo il balzo delle materie prime. Detto ciò, non spetta a Federalimentare entrare nel merito del rinnovo dei contratti tra produttori e distributori.

Dopo la fusione tra industriali dolciari e pastai è auspicabile un’ulteriore semplificazione delle associazioni?

Certo, ogni semplificazione può ritenersi utile a dare minori costi e più efficienza al sistema di rappresentanza. Federalimentare oggi ha 17 associazioni aderenti, con più associazioni nelle aree della carne e del beverage, ma l’eventuale aggregazione deve essere una loro decisione.

Nel 2010 il dualismo tra mercato interno ed estero si è consolidato. Cos’è successo?

Produzione ed export hanno recuperato il terreno perduto l’anno prima, mentre il mercato interno desta preoccupazione. Le ombre vengono soprattutto dai consumi alimentari delle famiglie: dal -1,7%, in valore correnti, del 2009 siamo passati, secondo Ismea, al -0,9% del 2010. Mentre le vendite alimentari complessive del Paese segnano, in valore corrente, un -0,3%: meglio la produzione 2010, +3%, e l’export, +11%.

Il 67% dell’export è concentrato in Europa: arriviamo poco sui mercati lontani, che crescono di più. Che fare?

È necessario coordinare al meglio la promozione dei nostri prodotti attraverso strumenti fondamentali come Ice, Buonitalia, ambasciate, regioni, Cdc. Con l’Ice, la Simest e la Sace stiamo inoltre accompagnando le imprese più dinamiche a stabilirsi in mercati promettenti attraverso partnership, joint venture e investimenti diretti in Russia, Cina, India e Brasile. Ciò fatto Federalimentare ripone grande fiducia nelle fiere a marchio Cibus.

Le fiere non a marchio Cibus servono alla promozione?

Sì, ma sarebbe meglio coordinare tutti gli eventi, per non ingenerare confusione, e concentrare, come succede in Francia e Germania, il massimo dello sforzo su una fiera di grande rilievo internazionale.

Siete proprietari al 50% di Cibus: quando scade il contratto con Fiere di Parma?

É ancora presto: nel 2016.

Quanto frenano l’export la contraffazione e l’Italian sounding, l’imitazione?

Molto: valgono circa 60 miliardi, dei quali 54 rappresentano l’imitazione. La situazione preoccupa in Canada, Usa e Centro America: la mancanza di tutela legale dei marchi genera un fatturato "illegale" di 27 miliardi, di cui 24 miliardi per l’imitazione. I dati? Il 97% dei sughi per pasta sono imitazioni e così il 94% delle conserve sott’olio, il 76% dei pomodori in scatola e il 15% dei formaggi.

Che fare?

Innanzitutto educare il consumatore a riconoscere la qualità del food italiano. E attuare grandi iniziative: per esempio, la convenzione stipulata tra Federalimentare, Sviluppo economico e Ice per realizzare un progetto di contrasto all’Italian sounding in Canada. L’Italia sarà Paese d’onore al Sial di Toronto (salone specializzato ndr) nel maggio di quest’anno, dove si realizzerà la prima attività di programma. A novembre, invece, avrà luogo la nuova edizione delle Grandi degustazioni dell’enologico organizzata dall’Ice. Il progetto beneficia di contributi per oltre 1,1 milioni.