lettera a Sergio Romano, Corriere della Sera 15/3/2011, 15 marzo 2011
LE RIVOLTE ARABE I COMPITI DELL’INTELLIGENCE
Montanelli li chiamava Sersepul, acronimo di «servizi segreti di pulcinella» e da italiano ho accettato la definizione con rassegnazione e una buona dose di autolesionismo. Ma la Cia, l’Fbi e tutte le superagenzie investigative e di spionaggio del mondo non si sono accorte prima della rivoluzione che sta sovvertendo il Nord Africa? I superesperti di tutto il mondo adesso pontificano e ci spiegano cosa è successo, ma noi poveri mortali lo capiamo anche da soli, adesso. Quindi, e le sarei grato di un parere, penso sia da rivalutare un po’ anche il Sersepul.
Paolo Gibertini, paolog@gibertini. com
Caro Gibertini,
Se dovessi indicare alcuni casi in cui la Cia e altri servizi segreti sono stati particolarmente carenti, ricorderei gli attacchi alle Torri gemelle nel settembre del 2001, gli attentati di Madrid nel 2004, quelli di Londra del 2005 e soprattutto il problema delle armi di distruzione di massa che «giustificarono» la guerra di George W. Bush in Iraq nel marzo 2003 e non furono mai rinvenute. I servizi segreti dovrebbero infiltrare i loro agenti nelle organizzazioni clandestine e negli apparati politico-amministrativi dei Paesi potenzialmente nemici. Sappiamo che non è facile e che il margine dell’errore possibile, anche per i servizi particolarmente attrezzati, è molto alto. Ma questo è il terreno su cui devono lavorare, gli scopi per cui sono stati costituiti. La previsione di una spontanea rivolta popolare, invece, è materia di lavoro per le diplomazie, gli economisti, i demografi, i sociologi, i politologi. Hanno dato prova di insensibilità e disattenzione? È possibile che abbiano sottovalutato la dimensione della rabbia popolare o riposto troppa fiducia nella stabilità dei regimi. Ma chiunque abbia una certa familiarità con i Paesi della regione sapeva che il boom demografico degli ultimi decenni del Novecento aveva creato una grande massa giovanile, che le politiche scolastiche dei governi avevano avviato molti giovani verso le scuole tecniche e professionali, che il giovane diplomato aveva più ambizioni e aspettative di quante ne avessero i padri e i nonni. Non è tutto. Era evidente che la corruzione diffusa, il clima autoritario e poliziesco, il crescente divario fra ricchezza e povertà erano motivo di irritazione e di rabbia. Sapevamo quindi che, prima o dopo, qualcosa sarebbe successo. Ma soltanto le Cassandre e i Nostradamus sono pronti a prevedere la data di un’esplosione popolare. Una persona seria e informata segnala l’esistenza del problema, ma si astiene dal fare previsioni perché sa che il momento dello scoppio è il risultato di fattori quantitativi e psicologici difficilmente calcolabili. Aggiungo, caro Gibertini, che le organizzazioni dell’intelligence sono al servizio delle istituzioni e hanno una naturale, comprensibile ritrosia a profetizzare eventi che potrebbero verificarsi in un momento diverso da quello previsto e indurre i governi a sbagliare politica. Nell’arte difficile dell’intelligence non basta avere genericamente ragione. Occorre avere ragione al momento giusto.