Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 15/3/2011, 15 marzo 2011
GLI EDITORI CORAGGIOSI IN CERCA DI «BRICIOLE»
Sono davvero ammirevoli gli editori testardi. Quelli che non si accontentano di provarci: vedo un po’ se questo autore va bene e poi se non va lo scarico… Gli editori testardi si prendono cura dei loro autori e se ci credono insistono, fanno di tutto, persistono, non mollano. Ce ne sono, per fortuna. Come ci sono gli editori che costruiscono collane notevoli sulle «briciole» (che spesso sono perle) lasciate dai grandi editori: «Devo sempre ringraziare i grandi editori — diceva Vanni Scheiwiller — che rifiutano i libri migliori» . È il caso della piccola Isbn che con «Novecento Italiano» , da qualche anno, propone le opere italiane «dimenticate dagli editori e dagli studiosi e che perciò restano sconosciute o poco note all’ultima generazione di lettori» , come dice opportunamente Guido Davico Bonino, il direttore della collana cui si devono questi coraggiosi ripescaggi. Qualche esempio. Il rilancio numero 12 è quello dello scrittore catanese Giuseppe Mazzaglia (classe 1926), il cui Ricordo di Anna Paola Spadoni, uscito da Rizzoli nel 1969, torna ora in libreria. Il romanzo, che piacque a Caproni, a Bassani e a Flaiano, racconta il progressivo precipitare del prof Savasta in un delirio erotico autodistruttivo in seguito all’incontro abbagliante con una prosperosa allieva. Quest’ultima uscita di Novecento rimanda con coerenza a una precedente riproposta di un altro siciliano, Angelo Fiore (1908-1986): anche Il supplente (uscito da Vallecchi nel 1964) racconta la vita di un disadattato, un «precario» si direbbe oggi, costretto a lacerarsi nel confronto con una chiusa comunità che lo respinge. Nello stesso filone visionario, disperato e a tratti surreale si situa un’altra personalità purtroppo dimenticata della nostra letteratura: Paola Masino (1908-1989). Appunto con Nascita e morte della massaia si apriva qualche anno fa la collana di Davico: il romanzo, scritto nel ’ 39 e ritenuto disfattista dalla censura che vi impose numerosi tagli, narra la grottesca parabola di una ragazza costretta, sposandosi con un vecchio zio, a trasformarsi in angelo del focolare e a identificarsi con il ruolo di martire della famiglia. Infine, continuando la serie di riproposte, va ancora segnalato un piccolo capolavoro, Zebio Còtal, del modenese Guido Cavani (1897-1967), un romanzo pubblicato nel ’ 61 da Feltrinelli grazie a Bassani. È la vicenda di un contadino brutale che vive nell’Appennino emiliano maltrattando moglie e figli e finendo in un isolamento animalesco: un’ «epopea della miseria contadina ed una tragedia degli affetti familiari» , scrive Davico. Un’epopea bellissima e angosciante nella descrizione dei paesaggi umani e di quelli naturali: «Lassù la neve era alta e il vento faceva paura; il paese era cancellato dal nevischio; qualche lume brillava qua e là nelle case invisibili» . Nella foga di stilare elenchi (per il centocinquantesimo e non solo), i dieci, quindici, venti titoli che hanno fatto l’Italia e le cose senza cui non si può vivere, sarebbe bene lasciare al loro destino di gloria i soliti noti e ritrovare gli ingiustamente dimenticati, che sono tanti.