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 2011  marzo 15 Martedì calendario

Unterkircher Karl

• Selva (Bolzano) 27 agosto 1970, Nanga Parbat 15 luglio 2008. Alpinista • «[...] era un bell’esempio per le nuove generazioni di alpinisti. Inseguiva salite difficili, non la fama o i record, anche se Everest e K2 senza ossigeno nello stesso anno (2004) lo avevano fatto conoscere come campione. Qualità le sue ribadite dallo spigolo Sud dello Jasemba (7.350 m), salito con Hans Kammerlander (2007). [...]» (Sandro Filippini, “La Gazzetta dello Sport” 17/7/2008) • «Nanga Parbat in urdu significa “vetta nuda”. Ma gli sherpa la chiamano anche “la mangiauomini” o “montagna del diavolo”, perché lassù, dicono, ci vivono i demoni. L’austriaco Hermann Buhl l’aveva scalata per primo nel ’53 in solitaria. Trentun persone sono morte per salirci in cima. Ora toccava a Karl Unterkircher [...] quello che in molti consideravano l’erede di Messner, e ai suoi due compagni Simon Kehrer a Walther Nones affacciarsi sulla cima maledetta. Ma con un percorso nuovo, l’inviolata parete Rakhiot. Rischiosa e affascinante. “Affronteremo la montagna come degli assalitori in prima fila in guerra. Ma al posto delle armi avremo piccozze e ramponi” avevano scritto in una delle ultime mail. Le regole sono le stesse che in battaglia. Solo che in quota le imboscate le decide la montagna. E [...] è toccato a Karl Unterkircher diventare vittima. L’alpinista della val Gardena stava battendo la traccia, quando la costola di neve su cui stava camminando è improvvisamente crollata sotto i suoi piedi. È precipitato in un crepaccio, la neve lo ha ricoperto ed è quasi scomparso alla vista dei compagni [...]» (Cristina Marrone, “Corriere della Sera” 17/7/2008) • «[...] l’alpinista italiano più forte della sua generazione. Nessuno aveva raggiunto i suoi livelli in Himalaya. Nel 2004 era entrato nel Guinness dei primati per essere stato l’unico alpinista al mondo ad avere raggiunto in due mesi e senza ossigeno le due vette più alte del mondo. Le spedizioni erano quelle organizzate da Agostino da Polenza per il cinquantennale della salita italiana al K2 e Karl aveva raggiunto il 24 maggio l’Everest e il 26 luglio il K2. [...] Appassionato di calcio e di sci, dopo la scuola media aveva fatto il meccanico. Le prime arrampicate le aveva effettuate a 15 anni. Nel 1997 era diventato guida alpina, alternando la salite insieme ai clienti con le scalate estreme in Dolomiti, dove aveva aperto una quarantina di nuove vie. Dopo l’exploit del 2004 era entrato nel gotha dell’alpinismo mondiale e partire in spedizione era diventato più facile. Nel 2006 aveva salito in Cina la parete Nord del Genyen, 6.240, nel 2007 con Kammerlander aveva vinto lo spigolo Sud del Jasemba e aveva completato la prima ascensione della parete Nord e la traversata del Gasherbrum II, 8.035, dalla Cina al Pakistan. Era un diesel, di quelli che non corrono, ma che anche non si fermano mai. Doti di grande fondista. In salita era così: metodico, determinato, riflessivo. Macinava lentamente i dislivelli senza scomporsi, valutando lucidamente quello che faceva. Ma soprattutto era dotato di una formidabile tenuta psicologica, la principale dote di un grande alpinista, soprattutto himalayano. [...]”» (Franco Brevini, “Corriere della Sera” 17/7/2008).