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 2011  marzo 12 Sabato calendario

Cuscinetti e superacciaio, il Paese che non crolla - Il confronto lo ha fatto Alessandro Martelli, professore di Costruzioni in zona sismica all’università di Ferrara

Cuscinetti e superacciaio, il Paese che non crolla - Il confronto lo ha fatto Alessandro Martelli, professore di Costruzioni in zona sismica all’università di Ferrara. Un terremoto di magnitudo 7,5, ben inferiore a quello di ieri, farebbe fra le 15 mila e le 32 mila vittime in Calabria, appena 400 a Tokyo. Lì le case restano in piedi e, naturalmente, non si tratta di un miracolo. Il Giappone è un formidabile intreccio di cultura antica e tecnologia moderna. E allora la leggenda dirà pure che quando tutto trema la colpa è di namuzu, un gigantesco pesce gatto che si agita in mare e colpisce la terra con la sua coda. Ma il fatalismo serve solo per costruire le favolette da raccontare ai bambini prima della nanna: la maggior parte dei palazzi viene costruita con le tecniche antisismiche più avanzate del mondo. Oggi sono a prova di terremoto tre edifici su quattro, l’obiettivo è arrivare al 90 per cento nel 2015. L’obbligo riguarda solo i palazzi pubblici. Ma nell’edilizia privata quasi tutti scelgono questa strada per interesse, quasi per istinto di sopravvivenza visto che qui arriva il 20 per cento delle scosse registrate in tutto il mondo, almeno una catastrofe ogni 70 anni, dicono le statistiche e l’esperienza. «Non c’è alcuna possibilità di bluffare» sintetizza Paolo Clemente, responsabile del Laboratorio prevenzione rischi naturali dell’Enea. La regola più importante è anche quella più semplice. I palazzi non possono essere costruiti uno attaccato all’altro: la distanza minima, questa sì obbligatoria per legge, è di mezzo metro. Sembra una banalità ma così si impediscono i crolli a catena e anche gli incendi che spesso seguono. Ma per capire cosa vuol dire fare l’ingegnere in Giappone bisognerebbe ricordare la faccia del professor Pakayoshi Aoki, arrivato da Tokyo all’Aquila subito dopo il terremoto di due anni fa. «Sono qui imparare dai vostri errori» , disse con un rispettoso inchino. Non ci voleva credere, il professore, che in Italia si costruisse ancora così. Da loro le tecniche utilizzate, semplificando un po’, sono tre. L’isolamento alla base, piazzando tra le fondamenta e il palazzo dei grossi cilindri in gomma armata in grado di attutire le scosse. Oppure i friction pendulum (pendoli ad attrito), come quelli usati nelle nuove casette dell’Aquila: «Fanno oscillare la costruzione— spiega l’ingegner Clemente dell’Enea — che si comporta come una scatola rigida e non si deforma» . La terza soluzione è quella dei cosiddetti dissipatori di energia: pezzi di acciaio speciale all’interno dei telai del cemento armato che si piegano ma non si spezzano, assorbendo la scossa prima che arrivi alle travi e ai pilastri. Poi ci sono altri piccoli trucchi aggiuntivi: per impedire incendi o allagamenti i tubi dell’acqua e dell’elettricità sono collegati a terra in modo flessibile, a prova di rottura. Le porte e le finestre hanno l’architrave mobile per evitare spaccature così come i vetri sono infrangibili, grazie alla cosiddetta mescola a maglia. Le strutture esterne vengono avvolte in una rete di fibre metalliche o di carbonio, per impedire che si stacchino frammenti pericolosi per i passanti. Ed in ogni caso il progetto deve prevedere una pianta simmetrica e senza sporgenze magari belle ma pericolose. Tutto questo ha un costo aggiuntivo, che nella formula base si aggira tra il 5 ed il 10 per cento ma che può salire anche molto di più. Il governo spinge a costruire in modo antisismico sia con controlli gratuiti delle condizioni della propria abitazione. Sia con importanti incentivi fiscali che permettono di scaricare dalle tasse i costi supplementari. Ma in questo anche il Giappone ha avuto i suoi guai: cinque anni il famoso architetto Hidetsugu Aneha e alcuni grandi costruttori sono finiti sotto processo per avere falsificato i dati di un centinaio di immobili. Volevano risparmiare sui materiali e far crescere i profitti. Uno scandalo che ha portato quei costruttori alla bancarotta e incrinato il rigoroso senso del dovere nipponico. Anche perché in Giappone la prevenzione del rischio non riguarda solo la costruzione delle case, ma è un impegno quotidiano, un regola da osservare ogni giorno. In tutti gli uffici e luoghi di lavoro è obbligatorio tenere una borsa di sopravvivenza con acqua, cibo liofilizzato, casco, torcia e radio. Ci siamo stupiti per le immagini che abbiamo visto in tv: quelle schiere di impiegati che, mentre tutto trema, mantengono la calma, quelle file di automobilisti che, mentre suonano le sirene dell’allarme tsunami, restano in fila ordinati, come da noi non succede nemmeno il lunedì mattina. Per capire il segreto, in Giappone bisognerebbe andarci il primo di settembre, «Giornata nazionale per la prevenzione delle calamità» . Ogni anno, alle nove del mattino, si tiene una grande esercitazione antisismica e viene simulato un terremoto dell’ottavo grado della scala Richter, poco meno di quello che ieri ha colpito il Paese. Vengono evacuati gli uffici e i ristoranti, viene chiesto a tutti di raggiungere i posti sicuri indicati nelle mappe, vengono organizzati ospedali da campo e posti di primo soccorso. Partecipano tutti, anche i bambini delle scuole elementari. Lo fanno da 50 anni ed hanno scelto il primo settembre perché è l’anniversario del grande terremoto che nel 1923 distrusse Tokyo con più di 150 mila morti. Ecco, i morti: ci sono anche loro. Tre anni fa i ricercatori dell’università di Kanazawa hanno messo a punto un progetto per rendere antisismici i cimiteri. Le strutture adottano gli stessi cilindri di gomma usati per le fondamenta dei palazzi, persino le lapidi hanno un sistema di fissaggio mobile, in modo da oscillare senza spaccarsi. Il primo cantiere, dimostrativo, è partito pochi mesi fa alla periferia di Tokyo. I lavori non sono ancora conclusi, chissà se ieri ha retto.