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 2011  marzo 13 Domenica calendario

Concorsi pubblici a digiuno di web - I concorsi pubblici non corrono ancora alla velocità, con la sicurezza e il basso costo del web 2

Concorsi pubblici a digiuno di web - I concorsi pubblici non corrono ancora alla velocità, con la sicurezza e il basso costo del web 2.0. Lo dimostrano i dati raccolti da un’indagine realizzata da Formez Italia – e che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare – da cui emerge che nel 77% dei casi i candidati inviano ancora oggi la loro domanda di partecipazione con la classica raccomandata AR con l’acclusa fotocopia di un documento d’identità e la copia del bollettino di pagamento della tassa prevista, mentre il 23% si reca direttamente all’ufficio protocollo dell’amministrazione e consegna a mano la sua iscrizione. Una procedura tradizionale che, oltre a essere onerosa, comporta anche un certo margine di rischio di non ammissione, visto che basta dimenticarsi una firma o aver spedito la raccomandata oltre i termini, ad esempio, per essere esclusi dall’esame. Rischi che vengono quasi annullati se si sceglie di iscriversi al bando (quando l’amministrazione lo consente) seguendo il percorso on line. La ricerca è partita con un censimento su 14mila concorsi pubblici banditi tra il 2001 e il 2009 da 3.700 amministrazioni per un totale di 25mila posti, la maggior parte dei quali a tempo indeterminato. Sono stati passati in rassegna 920 numeri della Gazzetta ufficiale, dopodiché è stato effettuato un sondaggio a un campione di poco meno di mille amministrazioni, perlopiù enti locali di piccole o medie dimensioni, che negli ultimi nove anni appunto hanno fatto un concorso. Si è scoperto che nella stragrande maggioranza dei casi i candidati apprendono i termini dei bandi dalla Gazzetta ufficiale, anche se il 90% del campione delle amministrazioni intervistate negli ultimi anni ha cominciato sistematicamente a pubblicare i termini del concorso sul proprio sito istituzionale. Oltreché sulla sicurezza delle procedure di iscrizione via web, è sui costi che emerge una distanza sostanziale tra canale tradizionale (e cartaceo) e le iscrizioni telematiche. L’esempio proposto è il concorso bandito dal comune di Napoli nel mese di febbraio dell’anno scorso per 534 posti e al quale hanno partecipato 112mila candidati (le ultime assunzioni sono ancora in corso). Ogni partecipante avrebbe dovuto sostenere una spesa di 25,4 euro se avesse affrontando il percorso di iscrizione tramite la raccomandata AR mentre avendo seguito il percorso digitale ha speso solo 17,5 euro (la sola tassa di iscrizione). La ricerca effettuata da Formez Italia in collaborazione con la Sda Bocconi fa parte del progetto "Ripam-Vinca il Migliore", voluto dal ministro della Pa e l’Innovazione, Renato Brunetta, per conoscere lo stato dell’arte delle forme di selezione nel pubblico impiego nel nostro paese e confrontarlo con le migliori pratiche adottate a livello internazionale. Con l’attuazione del Codice dell’amministrazione digitale (Dlgs 235/2010) entro il prossimo anno, dopo la stesura dei regolamenti tecnici e la diffusione della posta elettronica certificata (Pec), il ricorso a forme di identificazione telematica dovrebbero diventare la prassi. Ma già oggi le amministrazioni, in virtù del nuovo codice (articolo 65) possono decidere di inserire nel bando l’iscrizione solo per via telematica. Dalla ricerca di Formez Italia esce la conferma dei tanti limiti che gravano sulle attuali forme di gestione degli accessi nella pubblica amministrazione. Spesso dietro un bando ci sono pochissimi posti da riempire (1,9 è la media sul totale dei concorsi effettuati tra il 2000 e il 2009) e in moltissimi casi i vincitori sono persone che hanno già avuto contratti a tempo determinato nella stessa amministrazione. «Il concorso pubblico a cui siamo abituati - dice Secondo Amalfitano, presidente di Formez Italia - usa troppa carta e non cerca il miglior candidato sul mercato del lavoro. Ma non funziona bene anche la selezione, dove ancora un forte peso è attribuito alla formazione scolastica, alle conoscenze e alle competenze generaliste, mentre altrove le amministrazioni sono passate a richiedere competenze specialistiche, a utilizzare simulazioni di lavoro, a valutare le cosiddette soft skill, quelle capacità cioè di natura relazionale-pratica come ad esempio la presenza di valori morali ed etici, il livello di motivazione a lavorare nel settore pubblico, la capacità di gestire positivamente le relazioni interpersonali, il grado di leadership e l’abilità di lavorare in gruppo».