Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 13 Domenica calendario

DAL NOSTRO INVIATO TOKYO—

Adesso persino le fiamme che subito dopo lo tsunami erano divampate altissime alla raffineria della Cosmo Oil di Chiba, poco fuori Tokyo, sembrano quasi poca cosa. Perché l’emergenza terremoto si sta tramutando per il Giappone in un’emergenza nucleare che insidia le certezze di un Paese che ha abbracciato entusiasta l’energia atomica, ingrediente chiave della sua lunga stagione di economia rampante. Un’esplosione ha scosso ieri alle 15.36 (le 7.36 in Italia) la centrale di Fukushima-Daiichi, già provata dal terremoto di venerdì le cui scosse di assestamento si sono sentite ancora per tutto ieri. Sono crollate le pareti dell’edificio, lasciando a vista la struttura di metallo. L’incidente ha provocato quattro feriti fra gli operai— fratture e ustioni— ma ciò che allarma davvero è la fuoriuscita di materiale radioattivo e la contaminazione di persone e ambiente. Ora il governo ha dichiarato uno stato di emergenza per sei impianti nucleari del Paese. Tra questi tre reattori del complesso di Fukushima Daiichi e altri tre in un impianto vicino. I timori paiono fondati. In tre sono stati ricoverati per accertamenti anche se le radiazioni sarebbero state limitate agli indumenti. Ma gli esposti a radiazione sarebbero da 70 a 160. Dopo una giornata di dichiarazioni prudenti e di aggiornamenti, a sera l’agenzia nipponica per il nucleare ha ufficialmente attribuito all’incidente il valore di 4 (in una scala di 7), ovvero il livello più grave mai registrato in Giappone. La protezione civile ha proceduto ad allargare l’area off limits intorno all’impianto di Fukushima-Daiichi a un raggio di 20 chilometri e a 10 chilometri per quello vicino di Fukushima Daini. Nella notte per un secondo reattore a Fukushima-Daiichi è scattata la procedura di emergenza a causa del mancato funzionamento del sistema di raffreddamento: è stato necessario intervenire per diminuire la pressione all’interno del reattore 3. All’evacuazione, che interessa più di 200 mila cittadini per entrambi i reattori, si abbina la distribuzione precauzionale di pasticche di iodio alla popolazione in caso di contaminazione. Una decisione comunicata all’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea) che tuttavia non avrebbe ricevuto ancora, per sua stessa ammissione, alcuna richiesta di assistenza da parte di Tokyo. In varie località della zona di Fukushima ci sono lunghe file per prendere l’acqua potabile che viene distribuita, raccolta in contenitori di fortuna. Il consiglio, diffuso da vari canali televisivi, è non uscire di casa e respirare con le mascherine. Il reattore interessato, il primo della centrale, si trova a circa 250 chilometri da Tokyo ed è uno dei più vecchi tra quelli operativi in Giappone, ha una quarantina d’anni. Con il sisma i tecnici avevano cominciato a registrare un innalzamento della temperatura e della pressione. L’impianto, come altri, si era subito fermato automaticamente ma il surriscaldamento era andato avanti. Le interpretazioni su cosa abbia davvero provocato l’esplosione variano. Il dato di fatto è che la deflagrazione, colta dalle telecamere, ha sollevato una colonna di fumo che i venti hanno spostato verso Nord. E le volute bianche nel cielo di Fukushima hanno dato una forma visibile all’invisibile minaccia delle radiazioni. Il capo di gabinetto del governo, Yukio Edano, ha ammesso l’emissione di radiazioni ma ha insistito nel sostenere che la situazione resta sotto controllo. L’esplosione non avrebbe intaccato la struttura di metallo che sigilla il reattore propriamente detto: «Improbabile che si sia danneggiato» . In quello che pare configurarsi, secondo diversi osservatori, come il più grave incidente nucleare dopo quello di Chernobyl, Edano ha comunque spiegato che le radiazioni intorno all’impianto sono diminuite dopo l’esplosione, alimentando il sospetto che radioattiva sia dunque la nuvola levatasi dopo la deflagrazione; prima, secondo tecnici dell’agenzia nucleare giapponese, i livelli di radioattività emessi in un’ora erano tali da equivalere al totale delle radiazioni che una persona assorbe in un anno dall’ambiente. La decisione di impiegare acqua di mare per scongiurare il surriscaldamento lascia invece supporre che a livello governativo si sia deciso di smantellare Fukushima. Secondo le previsioni dell’ Autorità per la sicurezza del nucleare francese la direzione dei venti spingerebbe verso il Pacifico l’eventuale inquinamento radioattivo. La fuoriuscita di radiazioni e i timori di una fusione del nocciolo, a un certo punto agitati con insistenza, hanno riportato alla mente gli incidenti di Tokaimura (Giappone, 1999), di Three Mile Island (Usa, 1979) e, appunto, Chernobyl (Urss, 1986). E, con una reazione a catena, ha sparso dubbi freschi in Europa, dove l’opzione nucleare divide opinioni pubbliche e governi (Francia, Germania e appunto Italia). Il Giappone è troppo profondamente preda della tragedia dello tsunami per aprire una discussione sull’argomento, a maggior ragione visto che i 55 reattori nipponici producono circa il 30%del fabbisogno energetico dell’arcipelago. Non è il primo incidente che si verifica nell’impianto di Fukushima. Fu sempre un sisma nel 2008 a provocare una fuoriuscita di liquido radioattivo da una barca dove erano depositate barre di combustibile nucleare esaurite. Nel 2006 vi fu una fuga di vapori radioattivi da un condotto e nel 2002 furono scoperte alcune fessure nelle tubature dove scorre l’acqua usata nell’impianto. L’allarme più grave risale al 2000 quando si dovette disattivare un reattore perché c’era un buco nella barra di combustibile. La compagnia che gestisce la centrale, la Tepco, ha dovuto ammettere di aver manipolato nel corso degli anni le informazioni riguardo ai danni provocati dagli incidenti. Lo scandalo costrinse molti dirigenti della compagnia a dimettersi. Marco Del Corona © RIPRODUZIONE RISERVATA