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 2011  marzo 12 Sabato calendario

LA CADUTA DEGLI DEI DEL MADE IN ITALY

Tradizionalmente, Consob adotta un approccio formale-giuridico per le proprie decisioni; che si è spesso rivelato inefficace. Per questo la richiesta a Groupama di un´Opa su Premafin e Fondiaria ha una portata che va oltre la rilevanza del caso specifico: è un significativo e opportuno cambio di direzione, perchè questa volta si è anche tenuto conto degli obiettivi e motivazioni economiche delle parti coinvolte.
I francesi infatti non raggiungevano il 51% dei diritti di voto, né avevano stipulato un patto di sindacato. Tuttavia, le caratteristiche dell´operazione - forte premio di controllo, clausola per i vecchi soci a non vendere, ingresso al fianco di un alleato (Bollorè), esborso principale per la holding a monte anche se l´interesse è per le attività assicurative della controllata - indicavano la loro determinazione a esercitare il controllo, o a creare le condizioni per acquisirlo successivamente. Insomma: ha le piume, il becco a spatola, le zampe palmate e starnazza; e, per la prima volta, la Consob ha riconosciuto che è un´anatra, anche se al collo ha un cartello con scritto "piccione". Speriamo che questa decisione segni uno spartiacque, a prescindere dagli sviluppi della vicenda; e che sia stata dettata solo dalla volontà di impedire l´ennesimo abuso dei diritti degli investitori, non dalla nazionalità di Groupama.
Si respira infatti aria da Fort Apache. Con la psicosi del nostro capitalismo assediato dall´invasore che si diffonde nel Paese: la seconda assicurazione italiana insidiata da Groupama (con l´alleato Bollorè già in Mediobanca e Generali); francesi che comprano Bulgari e sono sul punto di conquistare Edison, il secondo gruppo elettrico; e ancora stranieri sull´uscio di Parmalat, primo gruppo alimentare.
Per l´Italia è un danno enorme perdere, pezzo dopo pezzo, la proprietà delle sue grandi aziende. Ma se la decisione della Consob fosse vista come un intervento a difesa dell´italianità di Fonsai, in attesa di una "soluzione" alla Telecom o Alitalia, finanziato dalle solite quattro banche di sistema, francamente non saprei dire cosa sia peggio. Dirigismo, protezionismo e "soluzioni di sistema" non risolvono il vero problema italiano: che non sono gli stranieri, ma le nostre grandi imprese mal gestite, incapaci di crescere e competere in un mercato globale sempre più grande.
Fonsai è arrivata ai limiti della solvibilità a causa di una gestione concentrata sugli interessi della proprietà invece che degli assicurati. Ora è nell´interesse degli italiani risanare l´assicurazione; ma non salvare le holding che la controllano. Se tutelare l´italianità significa, per esempio, chiedere a Fonsai di privarsi di attività assicurative redditizie (come la Milano o la Liguria) per mantenere i Ligresti in sella ed evitare sofferenze alla banche, molto meglio una Fonsai francese, ma ben gestita.
Il problema di Telecom e Alitalia non era il lanzichenecco alla porta. Siamo infatti l´unico grande paese dove l´ex-monopolista telefonico e l´ex-compagnia di bandiera, costrette ad affrontare le liberalizzazioni, hanno rischiato di soccombere. I francesi sono entrati in Edison grazie a Fiat e alle banche italiane, dopo un decennio senza crescita targato Mediobanca. La ragnatela di holding costruita perché A2A difendesse l´italianità di Edison, ha solo valenza politica; come la fusione tra le municipalizzate di Milano e Brescia che ha le dato vita.
Parmalat è stato un caso esemplare di risanamento. Ma di fronte all´occasione della vita, tanta liquidità in cassa e prezzi stracciati a causa della crisi, non è stata capace di una singola iniziativa per crescere, in un settore dove marchi e dimensione sono tutto. E adesso qualcuno rispolvera il "polo" italiano con Granarolo e i soldi di Intesa: il bis di Alitalia-AirOne.
Infine Bulgari: un grande marchio, un´impresa familiare di successo; che per tenere il passo nel mercato globale preferisce però vendere a Lvmh, 18 volte più grande di lei. No, il film giusto non è Fort Apache, ma La caduta degli Dei: il declino della grande impresa di un Paese che rispecchia l´affanno della sua classe dirigente (politica, imprenditoriale e bancaria) che non regge più il confronto con il mondo.