Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 12/3/2011, 12 marzo 2011
RIAD BLINDATA DAI POLIZIOTTI
«Ci vogliono riforme, riforme vere che vadano incontro ai bisogni di partecipazione di una popolazione in gran parte sotto i 25 anni e con oltre il 20% di disoccupati», scriveva il 25 febbraio sul "New York Times" non un oppositore della casa reale saudita ma il principe miliardario Al Walid bin Talal, nipote del fondatore della dinastia degli Al Saud. La risposta della monarchia wahabita al "giorno della rabbia", indetto ieri dall’opposizione anche con l’aiuto di Facebook, è stata quella di blindare la capitale Riad e le città popolate dalla minoranza sciita nelle province orientali che custodiscono la maggior parte dei 260 miliardi di barili di riserve petrolifere del più importante alleato americano nella regione.
Così la monarchia ha affrontato, con lo schieramento di migliaia di poliziotti e militari, la giornata della rabbia, anche nei centri sciiti come al Qatif dove il giorno prima le forze di sicurezza avevano ferito tre persone che insieme ad altre centinaia manifestavano per la liberazione di 9 detenuti in carcere da 14 anni senza processo. La temuta tempesta non c’è stata ma restano i gravi problemi che attraversa il regno: a cominciare dalla leadership, una gerontocrazia rappresentata dal malato re Abdullah e dal principe della corona Sultan, tutti e due ultra ottantenni. Il più giovane del gruppo di comando reale, il principe Nayef, ministro degli Interni ed eminenza grigia del regno, ne ha 76. Non li sfiora neppure l’idea di passare la mano a uno come Al Walid, un "giovane" di 56 anni. Pensano che possa bastare il piano anti-disoccupazione appena varato da 36 miliardi di dollari.
Oltre all’opposizione sunnita la monarchia deve fronteggiare una ribollente minoranza sciita. Gli sciiti in Arabia Saudita, soprattutto dopo la rivoluzione in Iran e le consistenti ambizioni di Teheran nel Golfo, sono sempre stati malvisti dagli al Saud, custodi dei luoghi santi di Mecca e Medina e dell’ortodossia islamica. Nelle scuole saudite la dottrina sciita viene tuttora considerata come una deviazione dell’Islam, un’ostilità radicata tra i sunniti, eredità della battaglia irachena di Kerbala del 680 quando Hussein, figlio di Alì e nipote di Maometto, venne massacrato con i suoi seguaci dal califfo di Damasco. Da quel momento si consumò uno scisma che non si è più ricomposto.
Per gli sciiti vivere nel regno dei sunniti significa subire vessazioni continue, con grandi difficoltà a costruire moschee e luoghi di culto e ad affermare un’identità religiosa e culturale perennemente messa in discussione. Ma la discriminazione più pesante e concreta è quella socio-economica. La più significativa è stata l’eliminazione di tutti i dipendenti sciiti dalla maggior parte dei quadri dirigenziali della società petrolifera Aramco che gestisce storicamente lo sfruttamento degli idrocarburi. L’Aramco, situata nel cuore delle province di popolamento sciita, negli anni 60 e 70 impiegava numerosi sciiti che avevano trovato nella compagnia un potente motore di ascesa economica e sociale. Sospettati di essere animatori dei tentativi di sovversione del regime sono stati via emarginati e il loro posto è stato preso dalle tribù più fedeli alla monarchia come i Ghamid, così presenti a tutti i livelli nella società petrolifera che l’Aramco è soprannominata "Ghadimco".
La caduta di Saddam Hussein in Iraq e la fine del potere sunnita a Baghdad è stata percepita a Riad, in Barhein e nelle altre monarchie del Golfo come una minaccia: non soltanto gli sciiti, la maggioranza degli iracheni, sono al potere ma hanno aperto la strada alla penetrazione della repubblica islamica iraniana. Con le rivolte nel mondo arabo, che hanno abbattuto antichi alleati dei sauditi - prontissimi a ospitare il tunisino Ben Ali e forse un giorno anche Mubarak - l’Iran ha ulteriormente allargato il suo spazio di manovra. Lo sciismo è un fattore chiave in Barhein e nel confinante Yemen dove la guerriglia degli Houti, sciiti zayditi in contrasto con il presidente Abdullah Saleh, è diventata un bersaglio di Riad che ha martellato le postazioni degli Houti con l’aviazione nel timore che potessero incoraggiare la sedizione delle tribù di frontiera.