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 2011  marzo 12 Sabato calendario

L’uomo più letto del mondo? È un artista che fa il tipografo - L’uomo più letto del mondo si chiama Matthew Carter e fa il tipografo

L’uomo più letto del mondo? È un artista che fa il tipografo - L’uomo più letto del mondo si chiama Matthew Carter e fa il tipografo. Lo schermo è bianco. Ma le lettere che scrivi hanno un carattere, una sto­ria. Nascondono il segno della tua personalità. Una volta uno scritto­re raccontò che non è mai riuscito a scrivere in corsivo. È fin da picco­lo disgrafico. Dalla penna gli esco­no solo segni in stampatello. È per questo che al computer la sua ri­vincita è scrivere in Italic , in Vladi­mir , o in Bradley . Tutti caratteri corsivi, di bella grafia, con le gra­zie e gli svolazzi. È la vendetta con­tro la sua mano. Un calcio alla ver­gogna di «non saper scrivere». Il guaio del corsivo è che sul video stanca, si vede male, confonde. Cosa c’entra tutto questo con Matthew Carter? Questo signo­re è entrato da tempo nel­le nostre vite. Un gior­no del 1996 Virginia Howlett, dirigente della Microsoft, contatta Carter: «Abbiamo biso­gno di un caratte­re semplice, leggi­bile, che non stan­chi la vista e abbia il massimo risalto anche su schermi piccoli, come quelli dei computer portatili». Carter ha già fama di essere un ge­nio nella creazione di caratteri per la stampa. È l’ultimo erede di quella schiatta di artisti come Ga­r­amond o Giovanni Battista Bodo­ni. È lui il creatore del Bell Centen­nial, il carattere ancora usato per gli elenchi telefonici americani. Il Centennial è una variazione del Bell, che prende il nome di un ti­pografico inglese, e del Ghotic Bell un carattere realista sans-se­rif sviluppato da Chauncey H. Griffith nel 1938, mentre era a ca­po del programma di sviluppo ti­pografico alla Mergenthaler Li­notype Company. Fu commissio­nato da AT&T (American Tele­phone Telegraph Company). Carter prima gioca con i caratte­ri classici, si limita a sfumature e reinterpretazioni, come quando nel 1993 fa nascere dal Times New Roman il meraviglioso e elegante Georgia. Yale gli affida la missio­ne di far rinascere i segni rinasci­mentali di Francesco Griffo. Quei caratteri delle edizioni Manunzio che rappresentano l’arte supre­ma della tipografia. Questa volta, in quel giorno di quindici anni fa, la sfida è ancora più grande. Il maestro tipografo deve disegnare un carattere che racconti il segno di una rivoluzio­ne culturale. Qualcosa di nuovo. Il computer cambia radicalmen­te il modo di scrivere e di leggere una storia, un saggio, un articolo di giornale. È come passare dalla pergamena alla stampa. Le prime lettere da stampa furono molto si­mili a quelle usate dagli amanuen­si, chiamate comunemente carat­teri gotici o, in tedesco, fraktur . I caratteri gotici erano comunque più complessi e meno leggibili. I primi caratteri tipografici per la stampa vengono chiamati «vene­ziani ». Il motivo è semplice, dopo una sanguinosa guerra civile, nel 1462, quasi tutti gli stampatori di Magonza lasciarono la città e mol­ti di questi si trasferirono in Italia, a Roma e a Venezia, appunto. Tra questi anche lo stampatore fran­cese Nicholas Jenson, che ideò e costruì a Venezia, intorno al 1470, quello che dovrebbe essere il pri­mo carattere per la stampa non gotico. Fu utilizzato per la pubbli­cazione di Evangelica Praepara­tione , di Eusebio di Cesarea. Antoine Augereau, il maestro di Claude Garamond, pagò la bel­lezza dei suoi caratteri con la vita. Fu bruciato a Parigi come eretico, forse per invidia di altri editori e stampatori, forse perché le idee della riforma protestante furono pubblicate in Francia con i suoi ca­­ratteri, che s’ispiravano alle epi­grafi greche e latine. Quel segno tipografico non è mai neutro, rac­conta una storia, nasconde filoso­fie e visioni del mondo, è l’orma della modernità o della reazione, è un sentimento del tempo. La ri­voluzione tipografica di Carter si chiama Verdana . A scegliere il no­me fu Virginia Howlett. È la sinte­si di due parole. Verdant indica qualcosa di verde come l’area di Seattle nello stato Evergreen di Washington. Ana è il nome della prima figlia di Virginia. Il Verdana è grande, ben definito, essenzia­le. Non è bello, ma lo vedono tutti. È il più usato su Windows e Macin­tosh. Qualche tempo fa l’Ikea ha sacrificato come font ufficiale il Futura per affidarsi alla semplici­tà del Verdana. Sono due filosofie che si riconoscono. Il Moma di New York lo ha santificato. L’era virtuale porta il segno di Matthew Carter.