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 2011  marzo 12 Sabato calendario

LA VERA STORIA DI TRAVAGLIO, PROF DI GIORNALISMO

Marco Travaglio è un professori­n­o del giornali­smo. Dà le pa­gelle a tutti i colleghi e vi­gliacco che uno prenda almeno una volta la suffi­cienza. Si è autonomina­to erede di Montanelli, con il quale millanta una lunga frequentazione, quasi fossero padre e fi­glio, fin da quando lavo­rava per Il Giornale del quale era, pagato da Ber­lusconi, vicecorrispon­dente da Torino, cioè nul­la. I miei colleghi più an­ziani del Giornale non ri­cordano di averlo mai vi­sto una volta nella reda­zione centrale e scom­mettono che Montanelli non sapeva neppure chi fosse. Quando Indro eb­be la sciagurata idea di mollare la sua creatura per fondare La Voce , Tra­vaglio lo seguì, «uno dei tanti, nulla di più», ricor­dano oggi i compagni di avventura rimasti sulla strada.
A parte questa piccola mitomania, di Travaglio giornalista non si ricor­da nulla.
Ha avuto più for­t­una con le carte giudizia­rie trasformate in libri, grazie ai quali ha fatto sol­di e raggiunto la fama. Ie­ri ha stroncato pure Giu­l­iano Ferrara e il suo ritor­no in tv da lunedì, ogni se­ra dopo il Tg1. Egocentri­co e invidioso, Travaglio ha sentenziato che Ferra­ra non è un giornalista. La prova? Il Foglio , quoti­diano diretto da Ferrara, vende poche copie, mol­te meno del suo Il Fatto .
Sai che ragionamento. È come se il proprietario di un sexy-shop si vantasse di avere più clienti di una galleria d’arte.
Per curiosità, siamo an­dati a vedere come sono finiti gli scoop di Trava­glio campione di giorna­lismo senza macchia. Ec­co un elenco, probabil­mente incompleto, delle sue prodezze. Salvo erro­ri ed omissioni, la situa­zione è questa (il voto lo lasciamo a voi lettori).
Nel 2000 è stato con­dannato in sede ci­vile, dopo essere stato ci­tato in giudizio da Cesare Previti a causa di un arti­colo su L’Indipendente , al risarcimento del dan­no quantificato in 79 mi­lioni di lire.
Il 4 luglio 2004 è sta­to condannato dal Tribunale di Roma in se­de civile a un totale di 85.000 euro (più 31.000 euro di spese processua­li) per un errore di omoni­mia contenuto nel libro La repubblica delle bana­ne scritto assieme a Peter Gomez e pubblicato nel 2001. In esso, a pagina 537, si descriveva «Falli­ca Giuseppe detto Pippo, neo deputato Forza Italia in Sicilia», «commercian­te palermitano, braccio destro di Gianfranco Mic­cichè... condannato dal Tribunale di Milano a 15 mesi per false fatture di Publitalia. E subito pro­mosso deputato nel colle­gio di Palermo Settecan­noli ».L’errore era poi sta­to trasposto anche su L’Espresso , il Venerdì di Repubblica e La Rinasci­ta della Sinistra , per cui la condanna in solido, oltre­ché su Editori Riuniti, è stata estesa anche al grup­po Editoriale L’Espresso.
Il 5 aprile 2005 è sta­to condannato dal Tribunale di Roma in se­de civile, assieme all’allo­ra dir­ettore dell ’Unità Fu­rio Colombo, al pagamen­to di 12.000 euro più 4.000 di spese processua­li a Fedele Confalonieri (presidente Mediaset) dopo averne associato il nome ad alcune indagini per ricettazione e riciclag­gio, reati per i quali, inve­ce, non era risultato inqui­sito.
Il 20 febbraio 2008 il Tribunale di Torino in sede civile lo ha con­dannato a risarcire Fede­le Confalonieri, presiden­te di Mediaset, con 6.000 euro, a causa dell’articolo «Piazzale Loreto? Magari» pubblicato nella rubrica Uliwood Party
su l’Unità il 6 luglio 2006
Nel giugno 2008 è stato condannato dal Tribunale di Roma in sede civile, assieme al direttore dell’ Unità Antonio Padellaro e a Nuova Iniziativa Editoriale, al pagamento di 12.000 euro più 6.000 di spese processuali per aver descritto la giornalista del Tg1 Susanna Petruni come personaggio servile verso il potere e parziale nei suoi resoconti politici: «La pubblicazione- si leggeva nella sentenza - difetta del requisito della continenza espressiva e pertanto ha contenuto diffamatorio ».
Nel gennaio 2010 la Corte d’Appello penale di Roma lo ha condannato a 1.000 euro di multa per il reato di diffamazione aggravato dall’uso del mezzo della stampa, ai danni di Cesare Previti. Il reato, secondo il giudice monocratico, sarebbe stato commesso mediante l’articolo «Patto scellerato tra mafia e Forza Italia »pubblicato sull’ Espresso il 3 ottobre 2002. La sentenza d’appello riforma la condanna dell’ottobre 2008 in primo grado inflitta al giornalista ad 8 mesi di reclusione e 100 euro di multa. In sede civile, a causa del predetto reato, Travaglio era stato condannato in primo grado, in solido con l’allora direttore della rivista Daniela Hamaui, al pagamento di 20.000 euro a titolo di risarcimento del danno in favore della vittima del reato Cesare Previti. Pochi giorni fa, in attesa della sentenza di Cassazione, il reato è caduto in prescrizione grazie ad una inspiegabile lentezza dei giudici a scrivere le motivazioni.
Il 28 aprile 2009 è stato condannato in primo grado dal Tribunale penale di Roma per il reato di diffamazione ai danni dell’allora direttore di Raiuno, Fabrizio Del Noce, perpetrato mediante un articolo pubblicato su l’Unità dell’11
maggio 2007.
Il 21 ottobre 2009 è stato condannato in Cassazione ( Terza sezione civile, sentenza 22190) al risarcimento di 5.000 euro nei confronti del giudice Filippo Verde che era stato definito «più volte inquisito e condannato» nel libro Il manuale del perfetto inquisito , affermazioni giudicate diffamatorie dalla Corte in quanto riferite «in maniera incompleta e sostanzialmente alterata» visto il «mancato riferimento alla sentenza di prescrizione o, comunque, la mancata puntualizzazione delcarattere non definitivo della sentenza di condanna, suscitando nel lettore l’idea che la condanna fosse definitiva (se non addirittura l’idea di una pluralità di condanne)».
Il 18 giugno 2010 è stato condannato dal Tribunale di Torino- VII sezione civile a risarcire 16.000 euro al presidente del Senato Renato Schifani ( che aveva chiesto un risarcimento di 1.750.000 euro) per diffamazione, avendo evocato la metafora del lombrico e della muffa a Che tempo che fa il 15 maggio 2008.
L’11 ottobre 2010 Travaglio è stato condannato per diffamazione dal Tribunale di Marsala, per aver dato del figlioccio di un boss all’assessore regionale siciliano David Costa, arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e successivamente assolto in forma definitiva. Travaglio è stato condannato a pagare 15.000 euro.
Dal 2004 è stato oggetto di un procedimento penale per il reato di diffamazione aggravata dal mezzo della stampa, a seguito degli articoli «M’illumino d’incenso»e«Zitti e Vespa», pubblicati sul quotidiano l’Unità nei giorni 12 marzo e 6 maggio di quello stesso anno. Il procedimento ai danni del giornalista si è concluso nel 2008 dopo che la persona offesa, il giornalista Antonio Socci, ha deciso di rimettere la querela a seguito delle scuse pubbliche di Travaglio.