M.BAR., La Stampa 12/3/2011, 12 marzo 2011
L’ORRORE MENTRE ACCADE
Un’onda di fango e morte ipnotizza da ieri il mondo. Le immagini della distruzione dello tsunami hanno inondato i mezzi di comunicazione globali con la rapidità con cui il muro d’acqua ha travolto la costa del Giappone. Nel 2004 c’erano voluti giorni per comprendere la reale portata dello tsunami nell’Oceano Indiano e vedere le immagini della devastazione nelle zone più remote. Sette anni dopo la tragedia è tutta «live». I 20-30 minuti trascorsi tra la scossa e l’arrivo delle prime onde, hanno permesso alle autorità di lanciare l’allarme e alle tv di far alzare in volo gli elicotteri. La tecnologia e il dispiego di mezzi di una società avanzata come quella giapponese hanno fatto il resto, offrendo del terremoto una copertura mediatica impensabile per esempio lo scorso anno ad Haiti. La tv pubblica NHK e altre emittenti hanno catturato video che in pochissimo tempo hanno girato il mondo. La tecnologia digitale, che dal 2004 ha vissuto una vera rivoluzione, ha fatto il resto. Sugli schermi tv, sui siti web, ma sempre più anche sugli iPhone, Blackberry e altri «smartphone», un’ondata di video e foto ha fatto arrivare dovunque le immagini-simbolo del dramma giapponese: i grattacieli di Tokyo che tremano; la minacciosa valanga liquida marrone che travolge campi, case e auto; il vortice che trascina via le barche; la raffineria in fiamme; l’aeroporto di Sendai immerso nell’acqua; gli aerei da turismo accatastati insieme alle auto e ai detriti. Tutto in diretta, arricchito dai video amatoriali su YouTube, dalle testimonianze su Facebook, dal flusso di informazioni su Twitter. Dopo le prime rivoluzioni dell’era dei social network, che stanno cambiando il volto del Medio Oriente, è stato il giorno della prima grande catastrofe multimediale.