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 2011  marzo 11 Venerdì calendario

hanghai, la città dove vivono solo primi della classe Benvenuti in una delle migliori scuole della Cina: l’istituto secondario numero 8 di Zhabei, a Shanghai

hanghai, la città dove vivono solo primi della classe Benvenuti in una delle migliori scuole della Cina: l’istituto secondario numero 8 di Zhabei, a Shanghai. I venticinque allievi indossano una divisa blu a strisce gialle e, al collo, il foulard rosso dei “giovani pionieri” comunisti. Appena il giovane insegnante varca la soglia della porta, tutti scattano in piedi. Un “ni hao laoshi!” (“buongiorno signor professore”) rimbomba in aula. L’edificio è moderno, in classe c’è un computer collegato a un proiettore. “Corso di storia”, si legge sullo schermo, sul quale fa capolino una bandiera cinese con il motto “morale e coraggio”. A sinistra, il ritratto di Isaac Newton. A destra, quello di Qian Xuesen, lo scienziato che ha fornito la bomba H alla Cina. E’ il quinto corso della giornata. Gli allievi sono stanchi, e l’insegnante lo capisce: fa un cenno con le mani e i ragazzi, tutti fra i 12 e i 13 anni, si siedono e iniziano a massaggiarsi le arcate sopraccigliari con i pollici per due minuti, in silenzio. Una pratica comune in Cina: fin dai primi giorni di scuola i bambini imparano a individuare come proteggere gli occhi con le tecniche di agopuntura. Durante la ricreazione, segnalata da un sistema di altoparlanti che diffondono le note del valzer viennese, i ragazzi cambiano atteggiamento: ridono, scherzano, parlano a voce alta. Poi è il momento della ginnastica collettiva: gli allievi si dispongono in fila per due e si dirigono verso la palestra, dall’altra parte del cortile. “Uno, due, tre”. Impeccabili, seguono le indicazioni dell’insegnante. «A volte li facciamo salire e scendere dalle scale con sacchi di sabbia legati alle gambe: così rinforzano i muscoli», spiega un professore. Un po’ come impongono i discepoli di kung-fu del tempio di Shaolin. «L’importante – dice un altro insegnante – è fare capire loro quali sono le buone abitudini: devono abituarsi al lavoro, perché un giorno tutti questi ragazzi lavoreranno. È un po’ come un pantalone stirato bene: resta così tutto il giorno». «I nostri allievi fanno attività sportiva per almeno due ore al giorno, e da questo punto di vista siamo un’eccezione», spiega l’anziano preside Liu Jinghai. «Nelle altre scuole di Shanghai i ragazzi fanno una sola ora di sport. Non hanno, in pratica, nessun momento libero e dedicano tutto il tempo allo studio e alla preparazione degli esami: è quello che chiedono i genitori. Per molti adulti l’unica cosa che conta è ottenere un buon voto. Quando si ha un solo figlio, è naturale pretendere molto». Gli alunni cinesi hanno vita dura, soprattutto qui. «Dormono in media sei, sette ore a notte», ammette con amarezza il vicedirettore del Centro ricerche sull’educazione dell’Università di Shanghai. «Non hanno tempo libero, studiano e basta. E nel fine settimana sono costretti a seguire corsi di recupero. Succede all’80% degli allievi». Così si può capire perché la notizia che gli studenti di Shanghai a dicembre sono diventati i più bravi del mondo, qui, non ha sorpreso nessuno. Ogni tre anni, l’Oecd (Organization for Economic Co-operation and Development) sottopone un difficilissimo test a 270.000 studenti di 15 anni di 65 paesi. La megalopoli cinese (23 milioni di abitanti) ha partecipato per la prima volta nel 2009 al programma internazionale. I risultati sono stati stupefacenti, considerato che è rarissimo che un paese monopolizzi il primo posto nelle tre materie: matematica, scienze e lettura. «Le scuole sono state scelte a caso, sicuramente non erano le migliori della città», dice Bingqi. La cosa singolare è che nessuno, in Cina, si è complimentato con i 5.100 ragazzi di Shanghai autori della straordinaria performance. «Questo suscita in me un profondo sentimento di amarezza», ha scritto Chen Weilhua, editorialista del China Daily. «Il processo di formazione di questi superbi “animali da esame” ha un prezzo elevato. Perché uccide una buona parte dell’infanzia, a volte l’infanzia intera di questi ragazzi». Da anni, ormai, la maggioranza di educatori cinesi si augura che il sistema scolastico venga modificato e adattato all’economia moderna, prendendo spunto, magari, dai metodi occidentali. Molti propongono di ridurre il carico di lavoro dei ragazzi, favorendo le ore dedicate allo sport e aumentando il tempo libero. «Dobbiamo imparare a lasciare liberi di pensare i nostri allievi, senza imporre loro le nostre idee. Abituarsi a essere liberi significa abituarsi a riflettere: dobbiamo fare in modo che i ragazzi sperimentino se stessi, che imparino a pensare», dice il provveditore di Zhabei. Propositi che non piacciono affatto ai genitori, che continuano a pensare esclusivamente ai voti, agli esami dei propri figli unici. In Cina sono questi esami, infatti, che determinano il destino degli allievi e, di conseguenza, il loro avvenire sociale e la loro futura condizione economica. «Il sogno di ogni coppia di genitori è vedere trasformati i figli maschi in dragoni e le femmine in fenici. Il fatto è che alcuni genitori pretendono cose impossibili dal proprio figlio», deplora il provveditore di Shanghai. «Certi ragazzi sono talmente scoraggiati e avviliti dal lavoro al quale li sottopone la scuola che scelgono il suicidio». Copyright Liberation