Giulia Vola, Gioia 11/3/2011, 11 marzo 2011
LA BORSA PARLA DI VOI. AI LADRI
Vita, morte e miracoli: nella borsa di una donna mancano solo
gli elettrodomestici. Pirandello e il suo Mattia Pascal ci sarebbero andati a nozze visto che oggi, per vincere un’identità nuova non serve inscenare la propria morte, basta rubare una borsetta e calarsi nei panni della proprietaria.
Un gioco da ragazzi che secondo una ricerca Adiconsum e Fellowes-Leonardi, ha gabbato un consumatore su quattro, preferibilmente libero professionista o commerciante, tra i 30 e i
50 anni. Otto milioni di italiani, dice un’indagine condotta da CPP Italia e dalle Nazioni Unite, si sono esposti a potenziali frodi di identità, dalla clonazione della carta di credito, del bancomat o del cellulare, fino agli addebiti per prodotti e servizi non richiesti ma consegnati e le adesioni a contratti senza saperlo. Uno scherzetto che costa tra 1,6 e i 2 miliardi di euro l’anno, lamenta l’Associazione Bancaria Italiana.
Curiosare per credere: Valentina Sereni ha 42 anni e una borsa grande quanto una valigia. Dentro c’è il suo mondo: portafoglio, carta d’identità, patente, codice fiscale, bancomat, carta di credito e libretto degli assegni. E poi la busta dell’ospedale con le analisi del sangue, l’estratto conto, i documenti dell’auto, un plico di compiti in classe da correggere, le bollette da pagare. In pochi minuti so dove abita, dove lavora, che macchina ha, il suo gruppo sanguigno, quanti soldi ha in banca e quanti deve scucirne per gas e luce.
Poco più in là c’è Francesca Doliva, 32 anni, commerciante: lei sa tutto del phishing, il furto di dati sensibili via posta elettronica, e dello skimming, la clonazione della carta di credito nei locali. «Faccio attenzione a inserire i miei dati nei siti», spiega fiera della sua premura, «non lascio mai i miei codici bancariin giro, cambio spesso le password e per gli acquisti online uso una prepagata».
Ottimo. Eppure ignora il bin-raidingo il dumpster-diving. Trattasi della miriade di dettagli che costruiscono la nostra identità: per scoprirli non serve il computer, non bisogna essere hacker.
Basta frugare nell’immondizia o nella borsa: 84 volte su cento si troveranno scontrini o ricevute, seguono carte di credito (77%), agende (44%), documenti di lavoro (20%), smartphone (20%) e perfino estratti conti bancari (16%). Parola di CCP che in Italia assicura più di tre milioni di carte di pagamento e, visto
il trend, va per la maggiore. Anche perché, rileva l’Istat, dal 2002 la paura di subire scippi o borseggi è aumentata dal
44,2 al 48,1%, e solo nel 2010 il 5,7% di chi possiede una carta
ne ha subito uno.
Inutile sperare di cavarsela scegliendo la borsa giusta perché
non esiste. Le più colpite (58%) sono quelle di medie dimensioni, seguono le borsette e, a dispetto di quanto avviene
in Spagna, le borsone sono le meno gettonate (20%). «Portarsi
in giro tanti documenti con dati sensibili», spiega Gloria Ballesteros, responsabile marketing di CCP, «è molto rischioso. Un delinquente potrebbe rubarli e usarli per clonare l’identità, chiedere prestiti al consumo in una finanziaria qualsiasi o finanziamenti per acquistare beni o servizi a spese e a nome della malcapitata, che in seguito potrebbe avere problemi
sotto il profilo di accesso al credito o, peggio, addirittura penali».
Anche perché, un conto è trovare un portafogli, un conto è perderlo: e il 95% di chi ne ha trovato uno dice di averlo sempre restituito, l’83% di chi l’ha smarrito non l’ha più
ritrovato o l’ha riavuto mezzo vuoto. L’avvocato Mariarosaria Valenti conferma: è il legale che assiste la signora Bruna Magnani, la commercialista finita prima in tribunale e poi sul giornale di Reggio Emilia dopo aver ricevuto 60 bollettini postali per pagare un’auto da 15.000 euro mai vista prima. «I ladri d’identità», spiega l’avvocato, «si procurano in modo fraudolento i dati personali di un soggetto ignaro e li usano
per acquistare beni chiedendo prestiti. Così il derubato rischia di dover rispondere di azioni assurde, magari anche gravi, commesse a suo nome». Il passo da una richiesta di finanziamento per un’auto all’imputazione di concorso in
rapina - nel caso venga usata dai ladri - non è così lungo. Continua l’avvocato: «Così come ignorare un bollettino postale
di una finanziaria sconosciuta può portare alla chiusura del conto corrente per essersi esposti, senza saperlo, alla
Centrale Rischi come debitore insolvente. E ancora: si rischiano ipoteche sulla propria abitazione (a seguito di decreti ingiuntivi promossi dalla finanziaria per mancato pagamento) oppure, non da ultimo, la gogna pubblica in quanto cliente protestato». Il problema nasce dalla confusione sulla definizione e la precisa
identificazione del concetto di furto di identità. Secondo
la ricerca di CPP infatti, l’associazione logica che va per la
maggiore tra gli italiani è quella «cinematografica, ovvero la sostituzione di persona. Solo secondariamente identificano la potenziale frode economica». Ecco perché, i primi a essersene accorti - evidenziando le falle del sistema - sono stati avvocati e assicuratori.
Il reato, per l’appunto, si chiama sostituzione di persona, è previsto dall’articolo 494 del codice penale ma sono in molti a ritenerlo inadeguato. Al punto che giace alla Camera un disegno
di legge datato 11 novembre 2009 che vorrebbe introdurre sanzioni più stringenti: un anno di prigione al massimo.
Rubricato come “Frode con falsa identità art 494-bis”, se entrasse in vigore punirebbe gli autori con la reclusione fino a sei anni e multe fino a 25.000 euro. Un passo avanti è arrivato con una sentenza della Cassazione che nel 2007 ha confermato come l’uso del nome altrui per un indirizzo e-mail sia un reato a tutti gli effetti. Caterina Flick, avvocato esperto in diritto dell’informatica e della privacy, scrive in una nota alla sentenza:
«Negli anni Quaranta si è affermata la rilevanza penale del reato al solo fine di entrare in relazione con persone altolocate
altrimenti inaccessibili; negli anni Sessanta per entrare in un’abitazione ed essere accolto come gradito ospite e come non disprezzabile candidato alla mano della sorella dell’ospitante». Visti i tempi qualche ritocchino sarebbe d’uopo.
«Anche perché», spiega Massimo Munno, avvocato torinese, «l’excursus racconta il rapporto dell’uomo con la realtà: ha disciplinato il reato prima nelle relazioni sociali, poi in quelle familiari. Ora manca solo la virtualità, la realtà quasi del tutto reale».
Nel frattempo gli assicuratori propongono polizze a tutto spiano visto che, «almeno per ora», spiega ancora Gloria Ballesteros, «tocca alle vittime coprire i buchi lasciati dai loro avatar». E secondo l’Osservatorio sulle frodi creditizie nel primo semestre
2010 gli imbrogli sono aumentati del 9% rispetto al 2009. Sessanta al giorno per un totale di 92,15 milioni di euro (+7% sul 2009). E solo un quinto salta fuori entro sei mesi; il restante
20% emerge nel semestre successivo, per l’ultimo 15 passano fino a tre anni. Sarà un caso che il 64% delle identità rubate è maschile? O che tra 2008 e 2009 l’impennata delle donne ha segnato +44,4 per cento, più di un terzo del totale? Certo è che nella hit parade dei moderni Mattia Pascal ci sono auto e moto (53%), seguono hightech e telefonia (17%), arredamento
(9%) ed elettrodomestici (8%).
Il resto del Vecchio Continente va di pari passo. Tra Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Belgio e Olanda le vittime di furto d’identità sono 7,3 milioni. E neppure loro giocano d’astuzia:
solo il 24% degli europei distrugge i documenti personali prima di cestinarli, nel 2008 la percentuale si fermava al 17. «Eppure, a oggi, la prevenzione è l’arma più sicura» conferma l’avvocato
Munno. «È complicato reprimere il reato perché è difficile venirne a conoscenza e ancor più individuare l’utilizzatore. Una semplice negligenza nel controllare il conto può costare molto cara». Insomma, per dirla alla Pirandello, qui uno nessuno o centomila fa una bella differenza.