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 2011  marzo 11 Venerdì calendario

L’AUTOMA SCACCHISTA CHE SFIDO’ NAPOLEONE

Ossessione. L’aveva Rodolfo II d’Asburgo, protettore degli alchimisti, che nella Praga del Cinquecento collezionò stranezze e meraviglie. La ebbe, negli anni Sessanta, Andy Warhol: alla sua morte, nella sede della Factory, vennero inventariate migliaia di robe strambe. La vera fissazione, per entrambi, erano «le cose che si muovono». Manufatti animati, dotati di un meccanismo occulto. L’avo di questo anello mancante tra l’umano e il materiale ha un nome. Si chiama il Turco e giocava a scacchi.
La sua storia la rivela Tom Standage, editor dell’Economist, in una inchiesta in libreria a fine marzo per Nutrimenti (Il
Turco, pp. 256, euro 18). Venne inventato a Vienna nel 1770 da Wolfgang von Kempelen, funzionario d’élite alla corte dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. Il soprannome deriva da abiti e fattezze ottomane. L’automa era figlio di una leggenda, quella del mai visto leone meccanico di Leonardo, e dei primi tentativi reali (i prototipi del francese Jacques de Vaucanson, che Voltaire definì «rivale di Prometeo»). Si muoveva in una cattedra lunga un metro e venti, profonda settantacinque centimetri, alta novanta, e poggiava su quattro rotelle di ottone. Giocatore formidabile, battè tutti alle prime sfide.
Poi per anni finì in soffitta. Finché l’imperatore Giuseppe II non decise di riesumarlo per ricevere a Vienna il granduca Paolo di Russia, figlio di Caterina la Grande. Un successone. Sull’onda del quale il Turco va in tour a Parigi e Londra, diventa un fenomeno mediatico, tiene banco a suon di polemiche (È vero? È un trucco? C’è un nano nascosto all’interno?). Ma intanto
re, imperatori, aristocratici fanno la fila per vedere l’icona della recente rivoluzione industriale.
Il suo inventore muore nel marzo del 1804. Il figlio lo vende a Johann Maelzel, che aveva lanciato le prime protesi artificiali per i soldati feriti dell’esercito napoleonico. Con lui, nel 1809, il Turcogioca a scacchi con Napoleone Bonaparte, a Schonbrunn, nell’appartamento di uno dei generali dell’imperatore. L’eco della prestigiosa sfida moltiplica la fama dell’automa. Gioca con Charles Babbage, il precursore dell’informatica e a lui offre spunti per studi futuri. Sbarca negli Stati Uniti dove, nel 1835, Edgar Allan Poe ne fa l’oggetto di una personale indagine e di una inchiesta pubblicata sul Messenger, rivista di Richmond,
Virginia.
Poe, anticipando lo stile che con I delitti della rue Morguegli farà inventare il genere poliziesco, svela la presenza di un «manovratore all’interno»,che però non sminuisce la sofisticata tecnologia del manufatto. Il Turco perirà, per così dire, nel 1854 in un incendio al Chinese Museum di Filadelfia, dove
giaceva abbandonato. Chi tentò di salvarlo lo sentì gridare tra le fiamme: «Èchec!». Vuol dire «scaccomatto».