Giancarlo Perna, il Giornale 11/3/2011, 11 marzo 2011
Cacciari: i cittadini? Dei rompiballe - Vorrei tessere l’elogio di Massimo Cacciari, sinistro sui generis
Cacciari: i cittadini? Dei rompiballe - Vorrei tessere l’elogio di Massimo Cacciari, sinistro sui generis . Il Pci da cui proviene lisciava il pelo al «popolo». Gli epigoni hanno sposato un buonismo fru fru: poverino qua, poverino là, la colpa non è tua ma della società, piove governo ladro. Il vezzo di trattarci da idioti si è esteso anche a destra, col risultato che i cittadini si aspettano tutto dall’alto come frugoli delle materne. E allora, viva Cacciari e la sua brutalità. Ieri a R adio 24 , parlando di quando era sindaco di Venezia, ha commiserato i suoi ex colleghi. Roteando l’erre moscia, il sindaco filosofo è andato giù con la scure. «Non si ha la più pallida idea di cosa voglia dire, ogni mattina che ti alzi, avere la cosiddetta nostra società civile che ti invade perché ha la prostituta nel viale, il casino del bar sottocasa... o la strada dissestata ». Segue un’azzeccata definizione dell’insipienza del cittadino: «A un esercito di infanti incapaci di arrangiarsi su qualsiasi vicenda umana terrena a un certo punto gli dici, vabbé ti faccio un’ordinanza ma smettila di rompermi le balle». Per concludere: «Uno pensa di fare cose importanti per la città, poi la metà del tempo la passi a trattare queste cose». Molti di voi saranno indignati con Cacciari per lo sprezzo che ha dei cittadini con i quali, ovviamente, ci è più facile immedesimarci. Io, a costo di rendermi odioso, sto invece con lui. Faccio intanto notare che le cose che disturbano i cittadini - dalla rissa al bar in giù - sono opera di altri cittadini. Ma ci torno. Prima ricordo un episodio che dimostra la lineare intolleranza di Cacciari verso l’infantilismo. Alcuni anni fa, la signora Rosa, veneziana di periferia, scivolò sul Ponte di Calatrava. È quello di vetro che attraversa il Canal Grande, inaugurato alcuni anni fa tra le polemiche, perché progettato da uno spagnolo, giudicato inadatto a Venezia, troppo costoso, ecc. La signora Rosa si ferì uno zigomo e, sulla via dell’ospedale, incrociò il sindaco cui fece le rimostranze. La risposta di Cacciari fu: «Stia più attenta, io l’ho attraversato un centinaio di volte. Lei faccia a meno di farlo». Cartesiano. Ma la signora delusa perché il sindaco anziché darle la spalla per piangere la trattava da adulta, si inalberò. Così chiese i danni al Comune, invece di prendersela con la propria sbadataggine. Anche qui, sento disaccordo sul tono che uso. Il ponte era di vetro - direte - , dunque infido. Il punto è un altro: se tutti lo attraversano e uno cade, il difetto non è nel ponte ma nell’insipiente. Ovvio, ma ostico. Corre infatti tra noi l’idea che la colpa non è mai individuale ma di una Entità astratta. Tutto va risarcito, anche se la responsabilità è nostra: sventola bandiera rossa per i cavalloni ma mi tuffo lo stesso; mi salvo per un pelo ma pretendo dallo stabilimento i danni per lo spavento. Per un adulto che adotti la regola, «chi è causa del suo male pianga se stesso», è un umiliante elemosinare. Ma siamo ormai come pupi che fanno una marachella e pretendono anche le carezze per non frignare. Torniamo al rapporto sindaciamministrati. Cacciari compiange i colleghi e io con lui. Ora che è in pensione, parla dei veneziani senza peli sulla lingua. Se li avesse messi in riga a suo tempo, avrebbe meno da recriminare. Il guaio delle città è il menefreghismo dei cittadini su cui - per debolezza - le amministrazioni non intervengono. Il sottoscritto vive a Roma e si è convinto che anche il sindaco migliore soccombe se i romani restano se stessi. Prendiamo l’ultimo ventennio. Rutelli ha eretto l’Auditorium, Veltroni ha migliorato il centro città, Alemanno sta risanando le periferie. Ma Roma è lì: sporca, trafficata, inurbana, mentre il romano - verace o acquisito - agisce insonne e indisturbato. Se ha il cane, non ne raccoglie il lascito. Qualcuno lo pesterà, disseminandolo sul marciapiede. Gli ambosesso, dai sei ai novant’anni, gettano a terra carte, cicche, giornali. I clacson impazzano, i lavavetri sono in agguato al semaforo, i furbi lo bruciano per evitare l’assalto. Il sindaco ha minacciato sfracelli contro chi insudicia strade e muri. Al dunque, zero. Subentrano buonismo e calcolo elettorale. A Roma si parcheggia come dal rottamatore. Nessuno rispetta le strisce blu per le auto e le bianche per i motorini. Ho telefonato ai vigili chiedendo di applicare la legge. Risposta: «Vorrà mica che mettiamo i cittadini automobilisti contro i cittadini motociclisti?». Concludo. Per me, Cacciari ha ragione da vendere. Ma ai lettori in disaccordo propongo un patto: prima facciamo davvero i cittadini poi, se resta margine, piagnucoliamo davanti al municipio.